La bontà non lascia soli, raccolta di panettoni per i detenuti di Rebibbia
Ilaria Sambucci - Città del Vaticano
Fare opere di misericordia significa condividere ma anche partecipare alla sofferenza altrui. Visitare i carcerati è un gesto di amore e di attenzione verso coloro che vivono una condizione che limita la loro libertà. Il distacco dai propri cari è ciò che affligge in particolar modo i detenuti, farli sentire parte di una grande famiglia capace di accoglierli è un segno importante di solidarietà, così come può esserlo il dono dei dolci tradizionali in vista del Natale. “Nei confronti dei carcerati c'è uno stigma sociale” - afferma ai microfoni di Vatican News don Marco Fibbi, cappellano coordinatore degli Istituti penitenziari di Rebibbia -, sono considerate persone che pagano per quello che hanno fatto di sbagliato e in tanti casi questo è anche vero, però, noi che siamo esattamente contrari al 'chiudi la porta e getta la chiave', non aspettiamo altro invece che questa si riapri e che loro possano tornare nella società”.
Un segno di attenzione
“La bontà non lascia soli” è il nome della raccolta di panettoni e di pandoro per i 2500 detenuti dei quattro Istituti penitenziari di cui si compone il carcere romano, in corso in questi giorni a Roma. L’iniziativa, promossa dai cappellani unitamente alla diocesi, ha l’obiettivo di far sentire un po' meno sole tutte queste persone che vivranno il Natale, festa per antonomasia della famiglia, in stato di detenzione e isolamento. “Questa raccolta nasce molti anni fa - spiega don Marco – e vuole essere un segno di riconciliazione e di attenzione da parte della realtà esterna verso il mondo del carcere”. Sono davvero tante le parrocchie che aderiscono a quest’iniziativa e anche altre realtà, tra queste il Centro internazionale del Movimento dei Focolari, con sede a Rocca di Papa nella zona dei Castelli romani, che dal 2015 contribuisce a rendere più dolce il Natale dei carcerati. “L’anno scorso abbiamo donato 500 panettoni - afferma Dori Antunes della comunità dei Focolari -, da quando abbiamo iniziato ad andare a Rebibbia, questi fratelli sono rimasti nei nostri cuori. Possiamo fare poco, ma quel poco è importante che lo facciamo”, conclude.
L’importanza dell’assistenza ai detenuti
Durante l'anno vengono organizzate anche altre raccolte, spiega don Marco, che servono per fornire quel minimo indispensabile ai detenuti, come ad esempio la biancheria intima e gli asciugamani. “L’amministrazione provvede alle esigenze essenziali come quella dell’alimentazione - prosegue il cappellano -, per quanto riguarda quel minimo di vestiario dignitoso di cui c'è bisogno, questo viene raccolto nelle parrocchie e in altre realtà e poi portato al magazzino della Caritas. Quest’ultima provvede alle necessità dei detenuti più indigenti, cioè quelli non assistiti dai familiari, forse perché hanno commesso degli errori anche nei loro confronti.
Superare lo stigma sociale
Il Mahatma Gandhi diceva che la qualità di una nazione si misura da come tratta i carcerati. Sicuramente c’è un grande interesse a questa realtà da parte di diverse associazioni di volontariato ma è una solidarietà che deve crescere. “Nei confronti dei detenuti c’è uno stigma sociale – sostiene don Marco –, sono considerati persone che pagano per quello che hanno fatto di sbagliato e in tanti casi questo è anche vero, però, noi che siamo esattamente contrari al 'chiudi la porta e getta la chiave ', non aspettiamo altro invece che questa si riapri e che loro possano tornare nella società”. L'aspetto più importante è l'istruzione e la formazione culturale perchè “molto spesso ci sono italiani e stranieri che sono analfabeti e non hanno gli strumenti necessari per poi potersi gestire una vita normale al di fuori dal carcere”. “Grande è invece la solidarietà all'interno del carcere – prosegue il cappellano - nel senso che le persone all'interno della stessa stanza o della stessa sezione molto spesso si aiutano”. Sappiamo, dice ancora don Marco, che negli Istituti penitenziari non si può entrare liberamente, e che non è facile neppure per i parenti, allora “la cosa più importante è essere con il pensiero e con la preghiera vicino ai detenuti soprattutto in questo tempo di Natale nel quale risentiranno della separazione dalle loro famiglie”. Sarà un modo per compiere quell'opera di misericordia, 'visitare i carcerati', che Gesù chiede ai suoi discepoli e che il Vangelo di Matteo ci ricorda.
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