In Zambia 80 bambini affetti da labbro leporino tornano a sorridere
Francesca d'Amato - Città del Vaticano
In Zambia sono stati operati 80 bambini affetti da labbro leporino grazia alla missione umanitaria portata avanti dalle onlus Aicpe di Pisa e Smile Train. La labiopalatoschisi è una malformazione caratterizzata da una separazione del labbro, dell'osso mascellare e del palato e rappresenta un problema endemico nei Paesi in via di sviluppo, per la mancanza dei chirurghi locali e perché andrebbe curata in fase neonatale per evitare ulteriori avvisi. A causare la malattia sono la malnutrizione, la carenza di acido folico in gravidanza e una predisposizione genetica. Secondo i dati dell'ong Emergenza Sorrisi, in Africa e in Medio Oriente la patologia interessa 1 minore ogni 250 bambini. La malattia può causare diverse patologie invalidanti, come polmoniti e difficoltà alle vie respiratorie oltre a problemi di discriminazione.
La missione del sorriso
Tra i medici partiti per la missione c'è anche Gianluca Gatti, chirurgo plastico responsabile del “Percorso labiopalatoschisi” dell'ospedale universitario di Pisa (Aoup), specializzato nella cura di questa malattia. “Il primo giorno al Belt Cure Hospital di Lusaka abbiamo fatto lo screening di tutti i bambini presenti, poi una lista dei casi più gravi, per verificare se era necessario mandarli in ospedali che avevano attrezzature migliori”, afferma Gatti “Il giorno successivo abbiamo iniziato gli interventi, portando con noi anche i chirurghi locali, ai quali è molto importante insegnare alcune tecniche”.
Operare in Africa
In Africa, dove la malaria è endemica e i letti sono avvolti nelle tende anti-zanzare come a Lusaka, operare diventa una sfida. Gli standard non sono gli stessi degli ospedali occidentali, ma nell'ospedale della capitale dello Zambia, spiega ancora il chirurgo Gatti, è comunque possibile effettuare buoni interventi. La maggior parte di questo tipo di operazioni chirurgiche sono risolutive dei principali problemi connessi alla malformazione. Il grado di difficoltà dipende dal contesto nel quale ci si trova e dal genere di operazione che si deve affrontare. “In Zambia siamo stati bene, l'ospedale era tranquillo e ben attrezzato” afferma Gatti, ma “lo strumento più importante che noi chirurghi abbiamo sono le mani”. “Ognuno di noi si è portato i propri ferri per lavorare”, ribadisce, ma “servono anche un elettro-coagulatore per fare le emostasi e, soprattutto, anestetisti bravi per addormentare i bambini e poi svegliarli, e dei pediatri che seguano i bambini nella sala operatoria”.
Lo stigma della malattia
In alcune zone dell'Africa, i bambini affetti da malformazione del labbro leporino vengono considerati maledetti e per questa ragione emarginati dalla società. Basti pensare che in Uganda, i piccoli con questa malattia vengono chiamati “Ajok” ovvero “perseguitati da Dio”. A Lusaka, però, lo stigma della malattia non c'è: “Penso che nella Capitale non ci siano questo tipo di credenze, almeno io non le ho avvertite. Ho visto famiglie molto coinvolte e felici di terminare l'intervento, ma può succedere nei luoghi più remoti e lontani dalla capitale, dove ci sono meno scuole e meno possibilità di sviluppo” afferma Gatti.
Il ringraziamento delle famiglie
“Una volta finite le operazioni”, racconta ancora il chirurgo dell'Aoup, “c'è stato un giorno di festa all'interno del padiglione pediatrico dove c'erano tutti i bambini. Erano presenti tutte le famiglie, i ragazzi del posto suonavano degli strumenti e le mamme dei bambini cantavano, per fare una festa per noi. È stata un'esperienza molto bella e molto toccante, che ci ha coinvolto tantissimo. A fine missione è stato un riconoscimento importante”.
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