Lavoro, in un anno diminuite le morti bianche ma aumentati gli incidenti
Francesca d’Amato - Città del Vaticano
Più incidenti e meno morti, è la sintesi degli Open Data del sito dell’Istituto nazionale Assicurazione Infortuni sul Lavoro (Inail) che riporta i dati analitici delle denunce per infortunio, per malattia professionale e per decessi correlati all’impiego. I dati comprendono tutte gli esposti presentati all’Inail entro il mese di Novembre 2022: nei primi 11 mesi dell’anno appena trascorso, sono aumentate del 29.8 % rispetto all’anno precedente arrivando a 652.002, occorre però tenere in forte considerazione la componente pandemica di tale incremento. Le denunce per infortunio da Covid-19 sono infatti aumentate, insieme alla crescita di infortuni tradizionali.
Più denunce tra gli stranieri
“Per quanto riguarda le denunce per infortunio - spiega ai microfoni di Radio Vaticana - Vatican News, il Presidente delle ACLI Paolo Ricotti - c’è ancora una coda significativa delle denunce Covid. Gli infortuni sono alti, ma le morti decisamente più basse”. Infatti, le denunce per esito mortale sono diminuite del 9.9% rispetto all’anno precedente, arrivando a 1.006. Il ridimensionamento della pericolosità del Covid ha influito “nel calo del 10% degli infortuni mortali- afferma Ricotti- che l’anno scorso, al contrario, avevano visto un forte aumento”. Guardando alle denunce per malattia professionale, sono il 9,7% in più rispetto allo stesso periodo del 2021. In linea generale, le denunce sono aumentate tra gli stranieri, comunitari e non, e sono diminuite quelle tra i lavoratori italiani. I settori ad essere principalmente interessati dagli infortuni sul lavoro sono: la Gestione industria e servizi, con un aumento del 28.5 %; l’agricoltura, con una diminuzione del 2,8; la Gestione per conto dello Stato, con la quale si intende le vittime nel periodo di alternanza studio-lavoro, ossia i tirocinanti, che ha registrato un aumento del 54,2%.
La crescita delle morti sul lavoro fra i giovani
Dall’analisi degli Open Data, si riscontra un preoccupante incremento di casi mortali tra i giovani tra i 25-39enni (da 144 a 184 casi) e tra gli under 20 (da 10 a 21), a fronte di un calo tra gli over 39 anni (da 926 a 768 casi). “L’aumento delle denunce trai giovani- spiega Ricotti – evidenzia la necessità di una maggiore formazione rispetto alle mansioni specifiche a cui sono adibiti i lavoratori. Spesso il pericolo vene sottovalutato per due ragioni: l’inesperienza e la troppa sicurezza, che si riscontra nelle fasce di età più avanti con gli anni”. La soluzione per risolvere il problema è quindi una formazione specifica e, soprattutto, continuativa. “Sono aumentati anche gli infortuni in itinere, che avvengono spesso per strada, nel percorso da casa al lavoro o viceversa” spiega Ricotti. L’aumento delle denunce è fortemente presente nella componente femminile, dovuto probabilmente, è la spiegazione di Ricotti, alla massiccia presenza delle donne nelle professioni sanitarie con il conseguente contatto più ravvicinato al Covid-19.
Le malattie professionali
Se le morti bianche accennano a diminuire, l’aumento significativo emerge nelle denunce per infortunio sul lavoro e soprattutto per la presenza delle malattie professionali. “Dal mio punto di vista quello delle malattie è il tema più importante - afferma Ricotti - perché rispetto agli infortuni sono eventi che non sono immediatamente visibili, ma sono potenzialmente molto impattanti, dove è anche più forte la possibilità di intervenire, in termini preventivi”. Le malattie professionali dipendono dal contesto lavorativo e dalle caratteristiche di ogni singolo ambiente, “per questo ci vuole un’attenzione maggiore nell’individuare le possibili cause”. I settori dove le malattie sono cresciute maggiormente sono l’Industria, i Servizi e l’Agricoltura. “Per esempio, negli ultimi anni, nel reparto sanità, con il Covid, le malattie professionali sono aumentate notevolmente”. Se fino a qualche anno fa si parlava maggiormente di patologie polmonari e tumori, attualmente quelle più diffuse riguardano l’apparato muscolare-scheletrico, i tessuti connettivi, l’apparato nervoso e le patologie dell’orecchio. “In termini di prevenzione è stato fatto poco - prosegue Ricotti - in quanto non è immediato ricondurre la malattia a una professione specifica”. Il processo fondamentale è attuare un’analisi di ricerca profonda, per capire le principali cause all’insorgere delle patologie, che si differenziano a seconda della professione, come spiega ancora Ricotti, “ora ci sono professioni nuove dove, per esempio, anche le posture hanno una certa importanza”.
Il problema della prevenzione
“Un investimento sulla formazione è importante - prosegue il Presidente delle ACLI - occorre anche che tutti i soggetti del governo e le parti sociali intervengano in maniera sinergica per diffondere la cultura della sicurezza, non sottovalutando i rischi che sono connessi al lavoro”. La strada della prevenzione non è stata ancora intrapresa in maniera decisa, “nonostante l’Inail faccia un gran lavoro in termini di raccolta dati e di prelievo sulle aziende, generando risorse che restano per lo più inutilizzate e che sono ampiamente sufficienti” afferma Ricotti, che evidenzia come tra le possibili soluzioni ci debba essere un investimento strategico in più sulla sicurezza da parte dello Stato. “Ricordo - spiega ancora - che l’Italia è ancora uno dei pochi Paesi dell’Unione europea, a non avere una propria strategia nazionale per la salute e la sicurezza sul lavoro, nonostante ci sia una grande pressione mediatica sul tema”. “Senza una strategia unica - è la conclusione di Ricotti – è difficile ottenere risultati partendo solo dalle denunce e dagli adempimenti formali richiesti alle aziende”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui