Raid di Israele sulla città cisgiordana di Jenin
Emanuela Campanile - Città del Vaticano
Il bilancio delle vittime fa di giovedì 26 gennaio il giorno più disastroso per i palestinesi in Cisgiordania. Dopo il massiccio attacco di ieri nel campo profughi di Jenin da parte delle Forze israeliane, sono saliti a 30 i morti - tra civili e militanti - in un anno circa.
Obiettivo dell'attacco
Secondo il governo israeliano, l'obiettivo dell'operazione militare era una cellula della Jihad islamica palestinese coinvolta nella pianificazione di attacchi terroristici. Piuttosto che durante la notte, "siamo entrati a Jenin alla luce del giorno", ha detto il portavoce delle Forze di Difesa, sottolineando quanto fosse "urgente" la missione. Tre, secondo quanto riportato dalle autorità, i terroristi "neutralizzati", un quarto sarebbe stato catturato mentre fuggiva.
La risposta di Hamas
Dura la reazione dell'Autorità Palestinese che ha immediatamentente interrotto il coordinamento per la sicurezza con Israele. Poco prima della mezzanotte, dalla striscia di Gaza sono stati lanciati due razzi abbattuti dalla controparte, che ha poi risposto con altri 15 attacchi. Per ora non si parla di vittime.
La richiesta all'ONU
Inoltre, il primo ministro dell'Autorità Palestinese, Muhammad Shtayyeh, ha chiesto alle Nazioni Unite e alle organizzazioni internazionali per i diritti umani di "intervenire con urgenza per fornire protezione e fermare lo spargimento di sangue di bambini, giovani e donne". Intanto dalla Casa Bianca arriva la conferma di una visita del segretario di Stato Usa, Antony Blinken, in Israele, Cisgiordania ed Egitto dal 29 al 31 gennaio. Previsto un incontro con il primo ministro israeliano Netanyahu e il leader palestinese Abu Mazen, per cercare di dare un impulso al processo di pace.
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