Sahel, Unicef: salvare i bambini vittime di conflitti e malnutrizione
Marco Guerra e Linda Bordoni – Città del Vaticano
Dieci milioni di bambini hanno bisogno di assistenza umanitaria nel Sahel centrale, il doppio rispetto al 2020 e la crisi, in crescita e in rapida diffusione, è in gran parte dovuta alla spirale dei conflitti e all'insicurezza. E’ quanto denunciato nel rapporto dal titolo ‘Allarme bambini: pericolo estremo nel Sahel centrale’, pubblicato il 17 marzo dall'ufficio dell'Unicef per l'Africa occidentale e centrale, che chiede una risposta umanitaria più forte e investimenti a lungo termine per aiutare i bambini ad alto rischio di violenza, esclusione dall'istruzione e reclutamento, sfollamento e malnutrizione.
Violenze e insicurezza
Il responsabile della comunicazione dell'UNICEF per l'Africa occidentale e centrale, John James, ha parlato di questa situazione al programma inglese della Radio Vaticana, soffermandosi sulla condizione dei bambini coinvolti nelle violenze in Burkina Faso, Mali e Niger e della crescente insicurezza nei Paesi vicini. James osserva che circa la metà della popolazione nelle regioni del Sahel è costituita da bambini i cui diritti devono essere tutelati, sottolinea che l'impatto che il conflitto sta avendo sulle persone della regione del Sahel, è “molto peggiorato” negli ultimi due anni e spiega che l'insicurezza si sta ora “muovendo” verso sud, anche nei Paesi “lungo la costa”.
Bambini i più colpiti
Il Sahel centrale è una vasta regione nella parte meridionale del Sahara, per lo più ignorata dalla stampa internazionale, e comprende tre Paesi senza sbocco sul mare: Burkina Faso, Mali e Niger. L’esponente dell’Unicef avverte che il conflitto iniziato nel nord del Mali, estesosi al Burkina Faso, oggi colpisce le nazioni dell'Africa occidentale come Costa d'Avorio, Ghana, Benin e Togo, dove si verificano sempre più attacchi a scuole e comunità da parte di gruppi armati che stanno spingendo le persone fuori dalle loro fattorie e dalla loro terra. James evidenzia che "i bambini sono davvero tra i più colpiti da questa crisi". In effetti, spiega ancora, si tratta di un'area con una popolazione giovane, il che significa che circa la metà della popolazione è costituita da bambini. "In secondo luogo - aggiunge - stiamo assistendo a tattiche di attacco ai servizi governativi, alle comunità civili e ad alcuni dei simboli del governo, come scuole e centri sanitari". Nella regione centrale del Sahel, dice, più di 8.000 scuole sono state costrette a chiudere perché sono state attaccate o minacciate, causando la fuga degli insegnanti. In Burkina Faso, aggiunge, circa un quarto delle scuole sono chiuse a causa dell'insicurezza.
Il dramma dei bambini soldato
Gli sfollamenti massicci sono un problema crescente nella regione, con circa 2,7 milioni di persone costrette a lasciare le proprie case. La metà di queste persone, dice James, sono bambini “che si spostano in siti di accoglienza in altre parti del Paese o in comunità ospitanti, dove altre comunità al loro volta vulnerabili li ospitano”. Un altro fenomeno particolarmente allarmante è quello dei bambini soldato. "Abbiamo visto un numero crescente di bambini reclutati in alcuni di questi gruppi armati in Mali", continua James, notando che "nella prima metà dello scorso anno, il numero è triplicato fino a circa 480 casi accertati di reclutamento di bambini da parte di gruppi e forze armate". E ovviamente, aggiunge, i bambini sono colpiti dal conflitto nel senso che sono vittime di attacchi violenti e di ordigni esplosivi improvvisati che colpiscono indiscriminatamente le persone.
I rischi legati all'acqua
I luoghi dove la gente va a prendere l'acqua vengono deliberatamente attaccati, fa sapere James e “anche alcuni dei camion usati per consegnare l'acqua sono stati presi di mira da alcuni di questi gruppi armati", ha detto il responsabile della comunicazione, sottolineando il fatto che l'acqua è fondamentale per i bambini, così come lo è per le famiglie: "E questo ha un impatto enorme sulle loro vite". Le violenze in corso, spiega, mirano a destabilizzare i governi locali, ma hanno conseguenze enormi per i bambini che sono sempre più costretti a cercare rifugio nei Paesi del sud.
La risposta dell'Unicef
John James ricorda che l'Unicef è presente nel Sahel centrale da molti decenni, con circa 600 dipendenti e 15 uffici nei tre Paesi più colpiti dalle violenze. Insieme alle organizzazioni partner, il Fondo fornisce istruzione, servizi sanitari e vaccinazioni. "Ci stiamo occupando della protezione dei bambini coinvolti nel conflitto, fornendo loro cibo, istruzione e servizi igienico-sanitari”, afferma ancora, sottolineando che con molti di questi programmi, l'organizzazione sta raggiungendo milioni di bambini in queste zone, tutto questo però, precisa James, "richiede un sostegno". James afferma poi che gli aiuti sono necessari per rispondere alle emergenze, ma l'Unicef chiede anche ai donatori e ai sostenitori di investire nello sviluppo a lungo termine di questi Paesi, perché "è necessario un approccio a lungo termine". "Non serve un cerotto, ma una risposta flessibile, che possa investire in questi luoghi dove c'è un conflitto". L’esponente dell’Unicef sostiene che se si investe per mantenere i servizi in queste aree, si potrebbe "ridurre la probabilità di conflitti in futuro e costruire la coesione sociale in queste zone".
Un'emergenza dimenticata
James infine ricorda che questa è "sicuramente una di quelle emergenze dimenticate" dalla comunità internazionale. Non sono solo le altre guerre e crisi a distogliere l'attenzione e i fondi, dice James, notando che anche l'aumento dei prezzi dei generi alimentari e il cambiamento climatico hanno un impatto enorme sulle possibilità di intervento. "Ci sono bambini qui, che hanno diritti dell'infanzia e diritti umani che vengono colpiti, e questo merita davvero attenzione". Il rapporto, ribadisce, è una sorta di campanello d'allarme per dire: "Quest'area ha bisogno di attenzione!".
Sfollati in altri Paesi africani
La crisi nel Sahel centrale è complessa, afferma in conclusione James, sottolineando che l'appello dell'Unicef è molto in linea con ciò che Papa Francesco ci ricorda spesso: che ogni persona e ogni bambino ha dignità, ha diritti e merita attenzione. Si tratta di bambini, aggiunge, che sono vittime e sopravvissuti alla violenza, al commercio di armi, agli interessi politici ed economici, tutte cose di cui non hanno alcuna colpa. Molti sfollati, prosegue, "andranno in altri Paesi africani, che hanno offerto loro molta ospitalità". "Ma se riusciamo ad aiutare questa regione a funzionare correttamente per godere di pace e prosperità, penso che avremo un enorme impatto su molte cose in tutto il mondo”, conclude il responsabile della comunicazione dell’Unicef.
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