Cutro, trovati altri due corpi in mare. Sant'Egidio: potenziare i corridoi umanitari
Michele Raviart - Città del Vaticano
Con il recupero del corpo di una bambina di tre anni, rinvenuto da alcuni cittadini a largo delle spiagge di Steccato di Cutro, e di quello di una donna, avvistato da un elicottero della Guardia di Finanza, sale a 72 il numero delle vittime del naufragio di domenica 26 febbraio, quando un barcone di persone migranti si è rovesciato in mare a poche decine di metri dalla costa calabrese. 28 di loro erano minorenni, gli 80 superstiti si trovano ora in maggioranza al Centro di accoglienza richiedenti asilo di Crotone.
Un viaggio che può durare anni
Dal Cara, i migranti chiederanno la protezione internazionale, garantita a chi rischia la vita a causa di guerre e persecuzioni nel proprio Paese. L’ultima tappa di un viaggio lungo e che spesso non presenta un’alternativa diversa e legale a quella di affidarsi ai trafficanti e alle pericolose traversate in mare su imbarcazioni di fortuna. “Il viaggio per arrivare in Europa può durare anche anni”, spiega Daniela Pompei, responsabile dei servizi per gli immigrati della Comunità di Sant’Egidio. “Queste persone, in maggioranza afghane, sono quasi tutte fuggite dopo l’agosto 2021, con l’arrivo dei talebani, verso l’Iran”, spiega Pompei, dove sono rimaste per pochi mesi prima di passare in Turchia. “Tutti questi passaggi nei vari Paesi sono a pagamento e In Turchia rimangono anche per periodi più lunghi per fare un po’ di soldi o per vedere se ci sono altre vie d’ingresso”, sottolinea ancora Pompei. “Provano a essere riconosciuti dall’Unhcr, provano a vedere se ci sono dei programmi che partono dalla Turchia per portarli in Stati Uniti e Canada, ma è molto difficile”. Una situazione aggravata nell’ultimo mese a causa del terremoto che ha colpito Turchia e Siria.
L'alternativa dei corridoi umanitari
“Uno dei problemi più seri è che per chi fugge da situazioni di guerra o di povertà estrema non ci sono attualmente, o sono molto ridotte, le vie legali di ingresso”, spiega ancora Pompei, “si tenta il tutto per tutto perché non ci sono alte vie. Le persone sono coscienti che il viaggio è molto pericoloso, ma non hanno nessuna speranza di fare altrimenti. È difficile prendere un visto per chi scappa dalla Siria o dall’Afghanistan”. Una delle poche alternative legali è quella dei “corridoi umanitari”. Società civile e organizzazioni come la Comunità di Sant’Egidio, Tavola delle Chiese Valdesi e la Cei attraverso le Caritas chiedono, in accordo con i ministeri italiani dell’Interno e degli Esteri, “un visto a territorialità limitata” nei Paesi di transito, assumendosi l’onere delle spese del viaggio in aereo e dell’accoglienza in Italia per un anno.
Accoglienza e integrazione
“L’accoglienza è possibile”, ribadisce Daniela Pompei. I corridoi umanitari, infatti, oltre a contrastare direttamente i trafficanti, “hanno dimostrato che è possibile fare accoglienza anche a chi non è uno specialista dell’accoglienza. Tra coloro che accolgono ci sono parrocchie, enti religiosi, anche gruppi di amici sostenuti delle organizzazioni e il frutto di un’accoglienza accompagnata è un’integrazione molto positiva”. A beneficiare di questa possibilità sono principalmente le persone più vulnerabili, donne sole con bambini, vittime di tratta, malati, nuclei famigliari. In totale sono arrivate in Italia attraverso i corridoi umanitari oltre cinquemila persone, le ultime 11 – tra cui una donna sola con i figli disabili - stamattina a Fiumicino in volo da Atene e provenienti da Iraq, Repubblica Democratica del Congo e Camerun.
Favorire i ricongiungimenti familiari
“Bisogna incentivare e aumentare notevolmente le vie legali, sia attraverso i corridoi umanitari, ma anche attraverso il reinsediamento”, conclude Pompei, che oggi prende parte alla “Cattedra dell’Accoglienza” a Sacrofano, dove ieri il cardinale Segretario di Stato aveva ribadito l’importanza di salvare le vite dei migranti. Tra le oltre 70 vittime che sono state ritrovate a largo di Cutro, sottolinea ancora la responsabile dei servizi per gli immigrati della Comunità di Sant’Egidio, “più di 55 persone sono state identificati dai parenti che sono in Europa. Questo significa che forse si potrebbe utilizzare anche lo strumento dei ricongiungimenti familiari e alleggerire gli ostacoli per ottenere un visto e evitare queste terribili tragedie”.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui