La solidarietà delle donne svedesi con le rifugiate ucraine, speranza che rinasce
Katarina Agorelius e Svitlana Dukhovych - Città del Vaticano
“Siamo tutte donne e sappiamo cosa significa lasciare il proprio Paese”, dice Catarina Hansson, presidente di Swea International (Swedish Women's Educational Association), un’associazione no-profit che riunisce circa 6mila donne svedesi che abitano all'estero in 30 Paesi diversi. Conoscono bene le difficoltà che affronta una donna che si trova in un Paese straniero e questa loro esperienza è sbocciata nella solidarietà con le donne ucraine, che sono arrivate in Svezia scappando dalla guerra.
Un anno fa, quando la Russia ha invaso l'Ucraina, i membri di Swea di tutto il mondo si sono chiesti cosa potevano fare come organizzazione per aiutare il popolo ucraino. Una delle cose che spesso cura l'associazione è la raccolta fondi. A settembre dell’anno scorso hanno iniziato la loro campagna e, grazie al coinvolgimento attivo di tutti i membri, le donne sono riuscite a raccogliere 1.070.000 corone svedesi, pari a circa 100 mila euro. “Questa è la più grande raccolta fondi nella storia della Swea - sottolinea la presidente dell’associazione - e abbiamo deciso di donarli all'organizzazione non governativa “Beredskapslyftet” (in inglese Skill Shift Initiative), che già a maggio del 2022 ha avviato il progetto “Ucrainian Professional Support Center” allo scopo di aiutare le rifugiate ucraine ad inserirsi nella società locale offrendo loro lezioni di lingua svedese e organizzando incontri con potenziali datori di lavoro. Questa scelta corrisponde allo scopo della nostra associazione che cerca di mantenere e diffondere la lingua, la cultura e la tradizione svedese al di fuori della Svezia”.
Durante una cerimonia, che si è svolta a Stoccolma lunedì il 13 marzo, la presidente onoraria di SWEA International, la principessa Christina di Svezia, signora Magnuson e la presidente Catarina Hansson hanno consegnato l'assegno al presidente di Beredskapslyftet, Malin Leffler.
Il viaggio di Lucy in Svezia
Quando la sera del 24 febbraio del 2022 Lucy Zaitseva stava lasciando in auto la sua città natale Kryvyi Rih, nell'Ucraina centrale, assieme a suo figlio di due anni e sua mamma, non pensava che sarebbe finita in Svezia. Dopo aver guidato senza sosta per tre notti e due giorni - alla frontiera con la Polonia c'era una coda di 18 chilometri - i tre sono finalmente riusciti ad arrivare in Polonia, dove una signora polacca ha offerto loro l’alloggio nella propria casa. Dopo una decina di giorni Lucy ha deciso di proseguire per arrivare in un altro Paese europeo. “Volevo andare il più lontano possibile da tutto questo. L'unica lingua straniera che parlo è l’inglese e quindi - racconta la donna - ho dovuto scegliere un Paese dove potevo lavorare con questa lingua per provvedere alla mia famiglia. Naturalmente, ho esaminato anche le politiche sociali in vigore e anche il fatto che in Svezia non ci sia stata guerra per oltre 200 anni ha avuto un ruolo importante nella decisione”.
In Svezia Lucy è stata accolta da una famiglia di conoscenti e dopo aver sbrigato le pratiche burocratiche ha iniziato a cercare lavoro. “Quando ho iniziato a studiare il mercato del lavoro svedese, - ricorda - la prima cosa che ho notato, e di cui parlo anche ai miei connazionali, è che il modo più semplice per trovare lavoro è fare rete, cioè conoscere altre persone. In uno degli eventi per i rifugiati ucraini ho incontrato Yuliya, la mia futura collega. Siamo andate a prendere un caffè, abbiamo parlato e concordato che chi di noi trovava prima un lavoro, avrebbe cercato di aiutare anche l’altra. Yuliya è stata la prima a trovare lavoro al Beredskapslyftet e ha proposto anche la mia candidatura. In quel momento cercavano un recruiter, che era la mia professione in Ucraina. Sono venuta al colloquio e il giorno successivo ho iniziato a lavorare”.
L'ong Beredskapslyftet è nata come risposta alla crisi nel mondo di lavoro durante la pandemia. Dopo che Scandinavian Airlines (SAS) aveva licenziato circa il 90% del personale, tra i quali anche tanti membri dell'equipaggio di cabina, i quali avevano conoscenze mediche di base, i fondatori - Oscar Stege Unger e Fredrik Hillelson - hanno deciso di proporre loro corsi di formazione per poter colmare il grande bisogno di personale nel settore sanitario durante la crisi pandemica. Oggi la ong svedese continua a essere una piattaforma che mobilita e riqualifica il personale disponibile per sostenere la società durante le crisi. Beredskapslyftet attualmente sostiene diciassette iniziative in tutta la Svezia, tre delle quali sono per gli ucraini: il Centro per bambini ucraini, il Centro culturale ucraino e il Centro ucraino per il supporto professionale, dove lavora Lucy.
La donna racconta che grazie all’aiuto fornito da questo Centro, fino ad oggi 172 ucraini hanno trovato lavoro in vari settori e in varie parti della Svezia. “Inoltre - spiega - forniamo anche molto altro supporto che avvicina gli ucraini all'occupazione, si tratta di corsi di lingua, corsi di preparazione per colloqui e orientamento professionale”. La formazione in lingua svedese, finanziata attraverso la donazione della Swea, inizierà a marzo 2023 e sarà rivolta a 100 donne ucraine con un background nella sanità e che, attraverso un altro progetto, seguiranno contemporaneamente, presso l'Università Sophiahemmet, corsi per la conoscenza del sistema sanitario svedese.
Oltre alla conoscenza della lingua, Swea cerca di trasmettere anche la tradizione, la cultura e i valori della società svedese. Catarina Hansson ricorda con orgoglio quello che le ha detto Lucy durante un webinar spiegando le ragioni della sua decisione di venire in Svezia: aveva saputo che in questo Paese le donne hanno pari opportunità. “E questi - aggiunge la presidente – che spero possiamo trasmettere anche alle donne ucraine, rendendole orgogliose di essere una donna e questo è un valore importante”.
La difficolta per tanti rifugiati ucraini, come spiega Lucy, consiste nel fatto che di solito devono iniziare una carriera dall’inizio, anche se avevano una lunga esperienza professionale nel loro Paese. In Svezia però c'è la parità di diritti nell'ottenere lavoro e nella retribuzione. “Anche i rapporti interpersonali al lavoro - aggiunge la donna ucraina - sono molto equi sia negli uffici, che nelle organizzazioni, nelle aziende. Per esempio, nella mensa un addetto alle pulizie, un idraulico o un venditore si siede tranquillamente con un direttore generale e parlano dei loro programmi per il fine settimana o di una festa aziendale. E nessuno evita nessuno, non c’è paura gli uni degli altri. È molto rilassante e dà motivazione al lavoro”.
Questa iniziativa rivela quanto l’apertura e la solidarietà portino a un reciproco arricchimento personale e culturale. “So cosa significa lasciare il mio Paese - dice Catarina Hansson, che vive in Australia - devi essere forte per farlo. Penso che l'Ucraina sia una società forte con un grande spirito e questo è qualcosa che i rifugiati ucraini, principalmente donne, portano in Svezia. Hanno anche un buon senso dell'umorismo e anche questo è importante”.
Parlando dell’integrazione nella società che l’ha accolta, Lucy aggiunge: “Credo che possiamo prendere il lato svedese con il suo equilibrio emotivo e rispetto per le altre persone, e il lato ucraino, con la sua cordialità, calore umano e la capacità di essere leali fino alla fine, e bilanciare tutto questo in modo che tutti si sentano a proprio agio”.
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