Aleardo Paolucci, celebrazioni a dieci anni dalla morte del "pittore dell'anima"
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Ci sono luoghi benedetti da grazia e bellezza incomparabili. Uno di questi luoghi è certamente Pienza, dove si dice che chi arriva poi non se ne voglia più andare. I pientini affermano con orgoglio e a ragione che nascere in questa piccola città è un privilegio e certo questo si comprende nell'amore restituito dai suoi figli più celebri attraverso le tracce e i frutti lasciati dalle loro esistenze.
Un luogo che crea legami attraverso i secoli
Il pientino più celebre è certamente Silvio Enea Piccolomini, poi papa Pio II, figura centrale del Rinascimento che ha saputo lasciare eredità importanti con le azioni del suo pontificato, con le sue opere letterarie e artistiche. Con Pio II, Pienza è diventata l'emblema del piano regolatore ante litteram e di una urbanistica che è vera proiezione sul terreno dei sogni degli architetti. Un centro così piccolo capace di dialogare in modo potente con lo spazio del territorio e attraversare il tempo. Un altro figlio di Pienza è il pittore Aleardo Paolucci che dipinse incessantemente per tutta la vita il paesaggio della Val d’Orcia. Così tra Pio II e Aleardo si è creato un legame ideale, materializzato nei dipinti che il pittore dedica al Pontefice e che a dieci anni dalla sua morte vedremo esposti in una importante mostra divisa in tre tappe, diluita in un triennio.
Paolucci dipinge il Pontefice in un modo molto lontano dai solenni ritratti cui siamo abituati. Pio II mastica lo stelo di una margherita e guarda l'orizzonte socchiudendo gli occhi, come farebbe un contadino alla fine di una dura giornata di lavoro. I colori sono vivaci e densi, al Papa è dato l'oro delle vesti sontuose. Questi dipinti di Aleardo ci restituiscono l'intimità sensibile di un uomo consegnato al futuro della storia, ma pur sempre, nell'anima, un pientino.
Un progetto, tre città, tre anni
Stefano Sbarluzzi ha ideato un grande progetto per ricordare l'artista, con la Enki Produzioni e la collaborazione dell’Archivio di Stato di Siena, l’Assessorato alla Cultura del Comune di Siena e con il patrocinio del Ministero della Cultura, della Regione Toscana e del Comune di Pienza. Il progetto durerà tre anni, raggiungendo il 2007, anno in cui cade invece il centenario dalla nascita.
La prima eposizione sarà allestita a Siena, in Santa Maria della Scala; nel 2024 la mostra sarà a Pienza, nel Museo della città. Infine in occasione dell'anno del giubileo 2025, si sposterà a Palazzo Merulana a Roma. Come sottolinea la direttrice del museo romano, Paola Centanni, sarà un'occasione importante perché il museo di trova esattamente a metà strada del lungo rettifilo che congiunge la basilica di San Giovanni in Laterano con quella di Santa Maria Maggiore, luogo percorso dagli itinerari dei pellegrini durante il Giubileo. La mostra sarà composta da 54 opere del Paolucci grafiche e pittoriche realizzate con tecniche diverse e materiali diversi, datate tra il 2003 e il 2005, dedicate alla grande figura e alla vita di Enea Silvio Piccolomini, esponente ed emblema del Rinascimento.
L'archivio di Stato e il Museo delle Biccherne
Non è un caso che il progetto sia stato presentato sabato 6 maggio scorso, a dieci anni esatti dalla morte dell'artista, nell'Archivio di Stato di Siena, come racconta la direttrice Cinzia Cardinali: "Il motivo è l'ispirazione e il legame che il pittore ha con la sua terra, Pienza e con i Piccolomini. E questo è un palazzo voluto dai Piccolomini, costruito contestualmente al rinnovamento urbanistico di Pienza, che peraltro ha ancora elementi architettonici e simbolici legati al Pontefice e contiene nel Museo delle Biccherne, alcune tavolette di proprietà Piccolomini e due in particolare che ritraggono Pio II".
I drappelloni per i vincitori del palio di Siena
"Il nome di Aleardo Paolucci è associato alla festa del Palio di Siena, perché gli furono stati commissionati dall'amministrazione comunale nel 1952, nel 53 e nel 63 i drappelloni, ovvero il premio che il Comune di Siena offre alla contrada vincitrice del Palio che si corre due volte all'anno, a luglio e ad agosto", spiega Laura Bonelli, storica dell'arte e incaricata della realizzazione del catalogo della mostra - "Per un artista rappresenta una scommessa, perché il drappellone è vincolato a regole che non consentono all'artista di esprimersi liberamente. Il drappellone o cencio è un drappo di seta che deve essere 2 metri e mezzo per 60 cm, entro il quale ci devono essere tutti i simboli, quello del comune e quelli delle contrade".
Il legame con la terra
Ilaria Bichi Ruspoli, storica dell'arte orgogliosamente pientina, sottolinea invece: "Negli anni '70, Aleardo ha viaggiato per il suo lavoro fino a New York e a Londra e quindi possiamo dire che è colui che ha esportato l'idea del paesaggio della Val d'Orcia in tutto il mondo, un paesaggio rurale mezzadrile, il podere, la terra e i colori della terra in tutte le sue stagioni. Le sue tecniche preferite sono l'olio su compensato, ma anche su tela e sabbia e graffito". Suo padre, continua Ilaria Bichi. veniva dalla campagna di Castiglion d'Orcia, era un minatore: si tratta di una famiglia che ha conosciuto la durezza del lavoro, non solo agricolo. L'artista ha voluto omaggiare la terra della Val d'Orcia e anche la famiglia Piccolomini non soltanto nella figura del Papa, il più grande rappresentante, ma anche gli altri legami con altri membri della famiglia Piccolomini che si sono dispiegati nei secoli fino al XX secolo. L'ultimo conte di Pienza è Silvio Piccolomini, scomparso nel 1962.
Musica e danza per raccontare Aleardo
La prima giornata delle celebrazioni si è conclusa con un reading teatrale nella sala degli Specchi dell'Accademia dei Rozzi, che ha visto danzare la statunitense Daisy Ransom Phillips per la regia e voce narrante di Lisa Capaccioli. Musiche per flauto e arpa eseguite da Germana Giorgerini ed Elisabetta Stanghellini.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui