Kosovo, militari Kfor feriti in scontri con i dimostranti serbi
Antonella Palermo e Diego Laudato - Città del Vaticano
Ustioni e fratture avrebbero riportato i militari della KFOR, intervenuti per disperdere i circa 300 dimostranti serbi che protestavano seduti davanti al Municipio di Zvecan per contestare il nuovo sindaco di etnia albanese. Già venerdì scorso avevano cercato di bloccare l'accesso agli amministratori recentemente eletti. In un comunicato KFOR si precisa che "diversi soldati del contingente italiano e ungherese sono stati oggetto di attacchi non provocati”. Per oggi sono previste altre proteste.
14 i militari italiani feriti
Tra i 41 militari feriti ci sono 14 italiani di cui tre gravi ma non in pericolo di vita. La situazione si è inasprita mentre la polizia kosovara e la Forza del Kosovo stavano proteggendo gli edifici comunali di Zvecan, Leposavic, Zubin Potok e Mitrovica, quattro comuni del nord che hanno tenuto elezioni anticipate il mese scorso, in gran parte boicottate dall'etnia serba, la maggioranza in quelle aree. Alcuni veicoli della polizia kosovara e uno appartenente a giornalisti sono stati danneggiati e imbrattati con simboli nazionalisti serbi. La polizia del Kosovo ha sparato gas lacrimogeni per disperdere la folla e far entrare i nuovi funzionari negli uffici.
I serbi accusano: la KFOR non sta proteggendo il popolo
Critiche alla gestione internazionale degli eventi in Kosovo sono mosse dal primo ministro serbo, Ana Brnabic, secondo cui la KFOR "non sta proteggendo il popolo... sta proteggendo gli usurpatori", apparentemente riferendosi ai nuovi sindaci. "Ma dobbiamo proteggere la pace. La pace è tutto ciò che abbiamo", ha detto. Intanto la KFOR ha invitato tutte le parti ad astenersi da azioni che potrebbero causare un'escalation e ha esortato "Belgrado e Pristina a impegnarsi nel dialogo guidato dall'UE". Il presidente serbo Vucic ha accusato il premier kosovaro Kurti di essere l'unico responsabile delle nuove tensioni nel nord del Kosovo sfociate nei violenti scontri di ieri. Vucic paventa che si arrivi a un bagno di sangue nell'intera regione.
UE: Serbia e Kosovo devono normalizzare le relazioni
L'ambasciatore statunitense Jeff Hovenier si è incontrato con il presidente Vjosa Osmani e poi, insieme agli ambasciatori delle altre potenze occidentali - Stati Uniti, Francia, Italia, Germania e Regno Unito - con il primo ministro Albin Kurti, esortandolo a prendere provvedimenti per smorzare la situazione e ridurre le tensioni. Altissima dunque la tensione in Kosovo, che ha dichiarato l'indipendenza da Belgrado nel 2008 ma non è riconosciuto da Serbia, Russa e Cina. Gli Stati Uniti e l'Unione Europea hanno intensificato gli sforzi per aiutare a risolvere la disputa, temendo un'ulteriore instabilità in Europa a causa della guerra della Russia in Ucraina. L'UE ha chiarito che sia la Serbia che il Kosovo devono normalizzare le relazioni se vogliono fare progressi verso l'adesione al blocco.
Lo stato attuale dei rapporti
Sul travagliato percorso di pace che coinvolge Kosovo e Serbia, a distanza di oltre vent’anni dalla guerra in Jugoslavia, fa il punto Mauro Ungaro, direttore del giornale La Voce Isontina, nell’intervista a Radio Vaticana – Vatican News. Si fa riferimento a un percorso ormai più che ventennale. Punto di svolta è stata la proposta di accordo, che non è stata firmata, ma solo informalmente accettata dalla Serbia lo scorso 27 febbraio a Bruxelles. Il patto ha sancito i grandi passi in avanti fatti da Belgrado nel processo di pacificazione, pur formalmente non riconoscendo il Kosovo come stato autonomo. Il documento conferma comunque il riconoscimento dell'integrità territoriale kosovara e dei suoi simboli nazionali, oltre che dei passaporti emessi da Pristina.
La tensione elettorale
Questo antefatto è molto importante, afferma Ungaro, per comprendere anche quanto successo in questi giorni di scontri. Il documento, infatti, rischia sotto certi aspetti di mettere in secondo piano i serbi che abitano nel nord del Kosovo. La questione legata alla presa di posizione da parte dei sindaci appena eletti è in effetti figlia di quelle elezioni amministrative che si sono tenute nel nord del Kosovo lo scorso 23 aprile. La chiamata alle urne è stata completamente boicottata dai serbi del Kosovo, tanto che l'affluenza no ha superato il 3,5% degli aventi diritto. Si trattava – spiega Ungaro – di elezioni anticipate, causate dall’uscita da queste municipalità dei serbi del nord del Kosovo. Il risultato elettorale ha fatto sì che la situazione poi degenerasse.
Conflitto locale e intervento diplomatico
Ungaro, però, sottolinea come, secondo lui, non si corra il rischio di una escalation militare, che possa portare a un nuovo conflitto all’interno dell’Europa. Per lui, infatti, vanno rimarcati i passi che sono stati fatti in questi anni hanno portato indubbiamente una situazione di maggiore stabilità tra Serbia e Kosovo. Il rischio è sempre che si possa ricadere in questo tipo di esplosioni territoriali locali, ma, in senso più generale, la questione non dovrebbe essere particolarmente esplosiva. Per Ungaro è, infatti, estremamente importante la netta presa di posizione da parte dell'Europa per cercare di mediare, per fare in modo che questa situazione possa risolversi il prima possibile. Inoltre, la sensazione è che tanto Belgrado quanto Pristina, al di là delle dichiarazioni di facciata, siano facendo di tutto perché queste violenze smettano il prima possibile e si torni veramente a discutere in modo costruttivo per evitare un'escalation nei Balcani.
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