Turchia, Erdogan vince il ballottaggio: si apre un altro quinquennio alla presidenza
Marco Guerra – Città del Vaticano
Recep Tayyip Erdogan si assicura un terzo mandato alla presidenza della Turchia, che lo farà governare fino al 2028. A questo periodo da presidente va aggiunta la carica di primo ministro dal 2003 al 2014, per un totale di oltre un ventennio di potere, che lo rende il leader più longevo del Paese. Per la prima volta, però, è stato necessario il ballottaggio per decretare la sua vittoria.
Erdogan forte nelle aree rurali
Nonostante l’inflazione record e la forte frenata dell’economia, gli elettori delle aree centrali e rurali del Paese sono rimasti con Erdogan che ha raccolto il oltre 52% dei voti. Il presidente uscente in campagna elettorale ha riconquistato l’elettorato con gli sconti sulle bollette e il gas gratis. Erdogan può inoltre vantare un discreto successo nel campo dello sviluppo delle infrastrutture, che hanno cambiato il volto del Paese negli ultimi 20 anni. Tutto questo ha fatto sì che la perdita di consenso non sia stata tale da scalzarlo dal potere.
Le congratulazione dei leader mondiali
Nei commenti dopo la vittoria Erdogan ha affermato che “avrà inizio il secolo della Turchia”. Il presidente turco ha posto la ricostruzione del terremoto tra le priorità del suo mandato e annunciato che un milione di rifugiati siriani torneranno nelle zone del loro Paese controllate dalla Turchia. Intanto non si allenta la tensione con lo sfidate Kilicdaroglu che ha raggiunto il 47.86% dei consensi. Il leader dell’opposizione sostiene che le elezioni sono state "le più ingiuste di sempre", con tutte le risorse statali mobilitate per Erdogan, e che la gente ha mostrato la volontà di "cambiare un governo autoritario nonostante le pressioni". Intanto i leader di tutto il mondo hanno inviato le loro congratulazioni ad Erdogan e si dicono pronti a lavorare ancora con lui, riconoscendo alla Turchia un ruolo chiave nello scacchiere regionale e globale.
Sargentini (Corriere): opposizione è sembrata poco unita
“Il Paese è spaccato e il fatto che Erdogan abbia vinto al ballottaggio è un segno che la sua popolarità sia calata anche se il presidente turco continua ad avere metà del Paese che lo vota con convinzione”, spiega a Vatican News, Monica Ricci Sargentini, inviata del Corriere della Sera in Turchia. “Dopo la prosperità dei primi anni del governo Erdogan, l’economia è in crisi e l’inflazione è alta – prosegue Sargentini - nonostante tutto una buona parte del Paese ha fiducia in Erdogan e soprattutto non ha fiducia nell’opposizione, perché si è presentata con una colazione di sei partiti che vanno dalla destra alla sinistra. In altre parole non è sembrata un’alternativa valida”.
Economia e rifugiati le sfide da affrontare
Secondo l’inviata del Corriere, Kilicdaroglu rappresentava i kemalisti laici, un tempo appoggiati anche dai militari, ma l’alleanza era debole e troppo eterogena, perché, oltre ad avere al suo interno formazioni dalla destra nazionalista e della sinistra, c’erano anche due parti islamisti e l’appoggio esterno dei curdi: "L’unica cosa che li univa era la proposta per un ritorno al sistema parlamentare”. La giornalista esperta dell’area ricorda poi le sfide del Paese: “Il primo problema è l’economia su cui grava anche la ricostruzione post sisma. Erdogan si sta muovendo con i Paesi del golfo per avere finanziamenti. Poi c’è il tema dei quattro milioni di rifugiati, soprattutto siriani, che sono stati ben accolti all’inizio ma che ora sono considerati un problema dalla popolazione. Erdogan ha promesso che rimanderà in Siria i rifugiati ma molti di loro non vogliono tornarci perché la situazione è ancora instabile, c’è ancora la guerra civile”.
Svanito l’anelito di integrazione all’Ue
Sargentini si sofferma poi sulle ripercussioni regionali e globali di questo voto, osservando che Erdogan ha goduto dell’appoggio di Putin in campagna elettorale, poiché se è vero che ha condannato la guerra in Ucraina non va dimenticato che la Turchia non ha approvato le sanzioni alla Russia. Poi c’è il tema dell’ingresso della Svezia nella Nato, la Turchia mantiene ancora il veto, dal momento che chiede a Stoccolma l’estradizione di alcuni rifugiati curdi che considera terroristi del Pkk. Ci sono sul tappeto anche le tensioni con gli Stati Uniti a cui Erdogan chiede una fornitura di aerei F35 e di F16. Infine, l’inviata del Corriere ritiene che sembra ormai chiuso qualsiasi processo di integrazione con L’Unione Europea: “Anche da parte dell’opinione pubblica non viene più espressa tutta questa voglia di entrare nell’Ue”.
Diritti umani e minoranze
In conclusione Sargentini affronta la questione dei diritti umani e delle minoranze che compongono il complesso mosaico nazionale turco. La giornalista si sofferma sulla questione femminile, su cui incombe il pericolo delle proposte di alcune sigle islamiche entrate in parlamento che “vogliono limitare la legge sui femminicidi e sulla violenza domestica”. Ci sono inoltre ancora tanti oppositori finiti in carcere per aver animato le rivolte del Gezi Park nel 2013. Nel compresso, secondo Sargentini, negli ultimi anni si è verificata una re-islamizzazione del Paese, che ha marginalizzato le minoranze religiose. Fatto sta che il leader dell’opposizione Kilicdaroglu rimarcava la sua appartenenza alla corrente Alevita dell’islam “proprio per promettere più tolleranza verso tutte le componenti religiose ed etniche del Paese”.
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