Il piccolo grande cuore di "Mia", da Haiti a Bologna e ritorno
Lucas Duran - Città del Vaticano
Nove anni e un sorriso che conquista. Eppure Mia, diminutivo di Loudermia, a Bologna è arrivata dalla capitale di Haiti, Port-au-Prince, affetta da Tetralogia di Fallot, una grave cardiopatia che in Italia viene diagnosticata già durante la gravidanza o nei primi mesi di vita e corretta molto presto. Nel caso di Mia, però, questo non è stato possibile, perché la bambina è nata in casa senza adeguato supporto medico.
Ad Haiti l’intervento chirurgico per correggere la malformazione non sarebbe stato possibile. È così che Suor Rosalie, salesiana che a Port-au-Prince, assieme con le sue consorelle, gestisce una casa di accoglienza per bambini e adolescenti poveri dove vive anche Mia, ha preso l’iniziativa che di fatto ha salvato la vita della bambina. “Ad Haiti - racconta suor Rosalie - non ci sono più parole per descrivere il peggioramento della quotidianità per la maggior parte della popolazione. I gruppi armati aumentano sempre più la loro influenza, estendendo il controllo su interi territori senza che il governa riesca a intervenire”.
La scoperta della malattia e i primi contatti con l’Italia
È in tale contesto che i genitori di Mia hanno deciso di affidare la loro figlia alle suore salesiane, con l’intento non di sbarazzarsene, bensì di offrirle un’opportunità di studio e di futuro che altrimenti le sarebbero stati negati. Una volta ricevuta la diagnosi, suor Rosalie, anche grazie ad associazioni che collaborano e supportano le suore salesiane da tempo, come "Pane Condiviso" e "Help Haiti", ha potuto stabilire il contatto con l’Associazione "Piccoli Grandi Cuori" di Bologna.
“Fin dal 1997 - sottolinea Simona Curia, assistente sociale dell’associazione – Piccoli Grandi Cuori sostiene i pazienti e le loro famiglie in ogni fase, dal momento della diagnosi, all’operazione, alla fase post-operatoria, con particolare attenzione al supporto psicologico, all’accoglienza e anche agli aspetti burocratici, assistendo le famiglie durante l’intero percorso. Il tutto grazie al centro di eccellenza che nel capoluogo emiliano è rappresentato dal Policlinico di Sant’Orsola”.
L’associazione ha partecipato in passato a programmi internazionali di sostegno a bambini provenienti da paesi poveri, ma quello di Mia è il primo caso in cui Piccoli Grandi Cuori ha sostenuto l’intero processo. “Per questo – prosegue Simona Curia – si è resa necessaria una campagna di raccolta fondi a cui la gente ha risposto con grande generosità e che ha reso possibile l’arrivo di Mia a Bologna, l’operazione, la degenza e il rientro ad Haiti”.
L’arrivo a Bologna e l’operazione
A Bologna Mia è arrivata il 3 aprile scorso, sorridente, ma colma di stanchezza, uno dei segni inequivocabili della cardiopatia di cui era affetta. La bambina è stata subito presa in carico dall’equipe del Sant’Orsola guidata dal professore Gaetano Gargiulo, di cui fa parte anche la dottoressa Emanuela Angeli, la prima con cui Suor Rosalie ha preso contatto per esporre il caso di Mia. L’operazione ha avuto luogo il 16 aprile, con pieno successo, ristabilendo nella bambina un’anatomia cardiaca normale. Una volta dimessa, il 28 aprile, Mia ha così potuto passare la convalescenza presso il Polo dei Cuori, la casa di accoglienza di Piccoli Grandi Cuori, in compagnia dell’inseparabile suor Rosalie e dei tanti volontari dell’associazione.
Il rientro a casa
Tanti sorrisi e anche qualche lacrima, ma di gioia in questo caso, hanno scandito le ore che il 28 maggio hanno condotto Mia a salire sull’aereo che l’ha riportata di nuovo ad Haiti. ‘L’anno scolastico - ricorda suor Rosalie - non è ancora terminato e Mia potrà riprendere da subito le lezioni. Troveremo comunque il modo di permettere ai suoi genitori di affrontare il viaggio da Hinche e di venirla a trovare a Port-au-Prince, guarita e felice”.
I numeri in Italia
Un bambino su 100, in Italia, nasce con una cardiopatia congenita. Pur se presenti fin dalla nascita, tali patologie non sono tutte clinicamente evidenti e possono manifestarsi tardivamente. Ad oggi, i progressi nelle tecniche chirurgiche e cardiologiche hanno permesso di raggiungere una sopravvivenza a 12 mesi superiore al 90%, purché diagnosi e trattamento avvengano tempestivamente. Per questo motivo è necessario promuovere la conoscenza di tutti gli aspetti connessi alle cardiopatie congenite, a partire dalla loro possibile prevenzione, la diagnosi precoce e infine il loro trattamento. È questo uno degli obiettivi principali che Piccoli Grandi Cuori si propone fina dalla sua creazione. Un impegno che potrà contare, ormai, sulla felice storia di Mia come la più efficace delle testimonianze.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui