Il Sudan sull’orlo della guerra civile, l'allarme di un religioso: blocco totale dei servizi
Marco Guerra - Città del Vaticano
Nel Sudan feroci scontri tra l’esercito guidato dal generale Abdel-Fattah Burhan e le Forze di supporto rapido (Rsf) del rivale Mohammed Hamdan Dagalo, sono proseguiti anche domenica 9 luglio nella capitale Khartoum. Sabato un bombardamento nel distretto di Omdourman ha provocato la morte di 22 civili, molti dei quali donne, e un gran numero di feriti.
Il monito dell’Onu
Questa ennesima strage ha indotto l’Onu a lanciare un monito circa la deriva dello scontro tra fazioni verso una guerra civile su vasta scala che può destabilizzare l’intera regione. In quasi tre mesi di conflitto, sono stati registrati oltre 3 mila morti, un bilancio che molti analisti considerano sottostimato. Inoltre, quasi tre milioni di sudanesi sono stati costretti a lasciare le loro case, tra questi sfollati più di 600 mila sono andati all'estero, principalmente in Egitto e in Ciad, mentre le Nazioni Unite denunciano un aumento di abusi e violenze sui civili e in particolare contro le donne.
Bloccata la transizione democratica
I combattimenti sono iniziati il 15 aprile scorso, diciotto mesi dopo che i due generali hanno condotto un colpo di stato militare nell'ottobre 2021 che ha rovesciato un governo di transizione civile sostenuto dall'Occidente. Il colpo di stato e il conseguente conflitto hanno infranto le speranze sudanesi di un passaggio pacifico alla democrazia dopo che una rivolta popolare ha costretto la rimozione militare dell'autocrate di lunga data Omar al-Bashir nell'aprile 2019. La guerra ha trasformato la capitale Khartoum e altre aree urbane in tutto il Paese in campi di battaglia. Oggi, lunedì 10 luglio, e domani l'assistente del segretario di Stato americano per gli affari africani, Molly Phee, si recherà ad Addis Abeba per incontrare i leader africani e civili sudanesi su come porre fine al conflitto in Sudan. Gli sforzi diplomatici per fermare i combattimenti si sono finora rivelati inefficaci.
Il missionario: scontri più forti ad Omdurman
“In questo momento uno dei fronti più caldi della guerra è la città di Omdurman, un enorme distretto urbano alle porte di Khartoum, che l’esercito regolare cerca di strappare al controllo dei ribelli”, racconta a Vatican News un missionario italiano che ha vissuto 30 anni in Sudan e che ora fa la spola con l’Italia restando in contatto con le comunità religiose nel Paese africano. Il religioso italiano - che parla in anonimato per non danneggiare i delicati equilibri che sottendono alla sopravvivenza dei suoi confratelli in Sudan – riferisce anche dei combattimenti in altre aree del Paese e del clero cattolico che mantiene una presenza in molte località.
La presenza della Chiesa
“Il vescovo e la maggior parte dei religiosi di Khartum – specifica il missionario - si sono traferiti per motivi di sicurezza a Port Sudan, mentre a Kosti nel sud e a El Obeid nell’ovest i vescovi e il clero sono rimasti al loro posto e questo è un grande segno di speranza”. Il missionario italiano parla quindi della presenza delle suore di Madre Teresa ad El Obeid e dei comboniani sempre ad El Obeid e a Port Sudan. “In queste zone si fa anche assistenza alla popolazione ma il grosso del personale religioso è stato ritirato per motivi di sicurezza”. A Khartoum resiste una comunità di salesiani che tiene aperto un centro “dove celebrano la Messa, accudiscono bambini senza famiglia e distribuiscono cibo alla popolazione”.
Popolazione privata di tutto
Secondo il religioso, in questo contesto di guerra i civili hanno bisogno di tutto a partire da cibo e acqua ma anche di elettricità “perché i religiosi che sono ad El Obeid per ricaricare i cellulari impiegano una giornata intera con un panello solare e volte non ci riescono proprio”. “Non so come facciano le famiglie a sopravvivere – aggiunge – abbiamo provato a mandare degli aiuti dall’Italia ma le banche sudanesi non funzionano e l’aeroporto di Khartuom è chiuso, è una situazione di blocco totale”. Infine il missionario spera in uno sforzo diplomatico di tutti gli attori che hanno capacità di influenzare le forze sudanesi a partire dai Paesi arabi fino alle potenze mondiali come Russia e Stati Uniti.
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