Strage di via d'Amelio, Lorefice: la memoria è misura del nostro vivere
Beatrice D’Ascenzi – Città del Vaticano
Una città raccolta nel ricordo di un uomo divenuto simbolo della lotta alla mafia. Nella vita degli italiani, e specialmente in quella degli abitanti del capoluogo siciliano domenica 19 luglio 1992 è una data indelebile, destinata a segnare un prima e un dopo nella storia del Paese. In quel giorno Cosa Nostra uccise il giudice Paolo Borsellino, solamente 58 giorni dopo aver ordinato la morte del magistrato Giovanni Falcone. A perdere la vita 31 anni fa furono anche i membri della scorta di Borsellino, composta da Eddie Cosina, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina che accompagnarono il magistrato in via D’Amelio, a casa della madre. Proprio davanti quell’abitazione, al civico 21, la mafia collocò un'auto carica di carica tritolo che esplose non appena il giudice scese dalla macchina della scorta.
Il ricordo di monsignor Lorefice
A ricordare il sacrificio di Borsellino, l'arcivescovo di Palermo monsignor Corrado Lorefice, che durante l’omelia tenuta nella Chiesa di S. Maria della Pietà ha invitato i fedeli a rendere la propria fede uno strumento di legalità : “La fede di un vero uomo o di una vera donna , a maggior ragione di un magistrato o di un agente di polizia, consacra alla giustizia - ha ricordato Monsignor Lorefice -, consacra a riscattare la vita della città umana da tutto quello che la disumanizza, la opprime, non la rende a misura dei piccoli e dei bambini”. Il presule ha inoltre sottolineato come tutta l’esistenza del magistrato, "compresa la sua morte" sia "una risposta alla chiamata della fede”, invitando i presenti a “non far finta che tutto vada bene, ingannando sé stessi e gli altri, venendo meno alla propria responsabilità, continuando ad operare e progettare il bene dell’altro, anche di chi non ascolta e non cambia.”
Le parole del presidente Mattarella
A ricordare la scomparsa di Paolo Borsellino anche il presidente della Repubblica Italiana, Sergio Mattarella. "Nell'anniversario della strage di via D'Amelio la Repubblica si inchina alla memoria di Paolo Borsellino, magistrato di straordinario valore e coraggio, e degli agenti della sua scorta - Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina - che con lui morirono nel servizio alle Istituzioni democratiche”, scrive il Capo dello Stato, aggiungendo che “quel barbaro eccidio, compiuto con disumana ferocia, colpì l'intero popolo italiano e resta incancellabile nella coscienza civile”. Mattarella poi continua sottolineando come “il nome di Paolo Borsellino, al pari di quello di Giovanni Falcone, mantiene inalterabile forza di richiamo ed è legato ai successi investigativi e processuali che misero allo scoperto per la prima volta l'organizzazione mafiosa e ancor di più è connesso al moto di dignità con cui la comunità nazionale reagì per liberare il Paese dal giogo oppressivo delle mafie”. "I due giudici - conclude - avevano dimostrato che la mafia poteva essere sconfitta. Il loro esempio ci invita a vincere l'indifferenza, a combattere le zone grigie della complicità con la stessa fermezza con cui si contrasta l'illegalità”.
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