Sudan, violenze sessuali e restrizioni ai profughi aggravano la crisi umanitaria
Marco Guerra – Città del Vaticano
Resta gravissima la situazione umanitaria in Sudan, dove dallo scorso 15 aprile sono in corso scontri armati tra l’esercito e le forze paramilitari dell'Rsf (Rapid Support Forces). I responsabili di alcune agenzie delle Nazioni Unite - Ocha, Unhcr, Unicef, Unfpa e Oms - hanno espresso sconcerto e condanna, con un comunicato diffuso oggi, giovedì 6 luglio, per l'aumento dei casi di violenza di genere in Sudan, tra i quali violenze sessuali legate al conflitto contro donne e ragazze sfollate e rifugiate, da quando sono scoppiati i combattimenti. Secondo gli esponenti dell’Onu prima dello scoppio dei combattimenti il 15 aprile, più di 3 milioni di donne e ragazze in Sudan erano a rischio di violenza di genere. E questo numero è salito ora a circa 4,2 milioni di persone.
La denuncia: almeno 57 donne e ragazze violentate
Nel concreto, si contano almeno 21 episodi accertati di violenza sessuale legata al conflitto contro almeno 57 donne e ragazze. Tra le vittime almeno 10 ragazze. In un caso limite, circa 20 donne sarebbero state stuprate nello stesso attacco. Ma l’unità per combattere la violenza contro le donne del Ministero dello Sviluppo Sociale del Sudan continua a ricevere notizie di violenza sessuale legata al conflitto. Sono stati documentati almeno 42 presunti casi nella capitale Khartoum e 46 nella regione del Darfur. Le autorità della Nazioni Unite ritengono che data la significativa ritrosia a denunciare le violenze sessuali, il numero reale di casi sia senza dubbio molto più alto. “Per molte sopravvissute - si legge nella nota - è difficile denunciare le violenze a causa della vergogna, dello stigma e della paura di ritorsioni”. Gli esperti dell’Onu sottolineano che il rischio di violenza sessuale è particolarmente alto quando donne e ragazze si spostano alla ricerca di luoghi più sicuri. È urgente aumentare l'assistenza nei siti di accoglienza per gli sfollati interni, nelle zone di conflitto del Sudan e nei paesi limitrofi.
I responsabili delle agenzie Onu chiedono indagini rapide
I responsabili delle agenzie delle Nazioni Unite chiedono la fine immediata della violenza di genere, compresa la violenza sessuale come tattica di guerra per terrorizzare le persone; indagini rapide, approfondite, imparziali e indipendenti su tutte le presunte gravi violazioni e abusi dei diritti umani e gravi violazioni del diritto internazionale umanitario; e che i responsabili siano chiamati a rispondere delle loro azioni.
Appello di Amnesty International agli Stati confinanti
Nel frattempo non si attenua l’emergenza legata agli sfollati interni e ai profughi che cercano di lasciare il Sudan. L’Unhcr stima che siano oltre 2 milioni e mezzo le persone sfollate all’interno del Paese e oltre i confini nei Paesi vicini. Bisogna poi considerare che prima di questa crisi, in Sudan c’erano 1,1 milioni di rifugiati, provenienti soprattutto da Sud Sudan, Eritrea e Etiopia. In questo contesto, Amnesty International ha sollecitato gli Stati che confinano con il Sudan ad annullare immediatamente le restrizioni all’ingresso nei confronti delle persone in fuga dal conflitto e ad assicurare protezione e incolumità alle oltre 560 mila persone già fuggite oltre confine.
Problemi con visti e documenti alle frontiere
“Permettere alle persone in fuga dal conflitto un rapido attraversamento della frontiera e mettere immediatamente a disposizione le procedure per chiedere asilo, migliorerebbe la drammatica situazione umanitaria alle frontiere”, ha spiegato Tigere Chagutah, direttore di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale. Amnesty International ha intervistato decine di civili sudanesi in fuga, che riferiscono come le persone prive di documenti o visti restino bloccate alle frontiere. Le persone che riescono a raggiungere altri Paesi raccontano invece della difficoltà ad accedere alle procedure per richiede asilo politico. Inoltre, secondo le informazioni raccolte da Amnesty International, le centinaia di persone in attesa di varcare il confine con l’Egitto a Qustul e Argeen, nei pressi di Wadi Haifa, stanno affollando le strutture disponibili nella zona e nelle città adiacenti.
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