Rom e sinti, una Giornata europea per ricordare le vittime dei pregiudizi razziali
Adriana Masotti - Città del Vaticano
Facevano parte dei 23 mila rom e sinti deportati ad Auschwitz, in Polonia, collocate in una sezione a parte del campo di concentramento e lasciate lì a morire di stenti e di malattie, quelle 4 mila persone che furono eliminate nella notte tra il 1 e il 2 agosto '44. Un evento definito in lingua romanì Porrajmos (divoramento) o Samudaripen (sterminio), che rimase scolpito nella memoria di chi ne fu testimone. Raccontava Piero Terracina, prigioniero anche lui ad Auschwitz perchè ebreo: "In piena notte sentimmo urlare in tedesco e l’abbaiare dei cani, fu dato l’ordine di aprire le baracche del campo degli zingari, da lì grida, pianti e qualche colpo di arma da fuoco. All’improvviso, dopo più di due ore, solo silenzio e dalle nostre finestre, poco dopo, il bagliore delle fiamme altissime del crematorio. La mattina, il primo pensiero fu quello di volgere lo sguardo verso lo Zigeunerlager che era completamente vuoto, c’era solo silenzio e le finestre delle baracche che sbattevano”.
Uno sterminio in nome di pregiudizi legati alla razza
La persecuzione nei confronti degli zingari, cominciata nella Germania nazista ben prima della seconda guerra mondiale, basata su motivi razziali, e sfociata poi nello sterminio di mezzo milione di persone, è stata a lungo rimossa e dimenticata, quasi del tutto uscita dalla memoria storica. Per i rom e sinti alla fine non c'è stato alcun risarcimento per i danni subiti alle famiglie sopravvissute. Nel 2015, il Parlamento europeo votò per celebrare la Giornata della commemorazione dell’olocausto dei rom fissandone la data il 2 agosto. Un riconoscimento a cui non sono seguiti gesti concreti di sostegno alle popolazioni zingare ancora pesantemente discriminate.
Un'occasione di riflessione sulle discriminazioni attuali
Fare memoria del Porrajmos, come suggerisce la Giornata di oggi, può essere però un'occasione utile per interrogarsi sul modo di rapportarsi in Europa a popolazioni ritenute ancora nomadi, benchè ormai in maggioranza residenziali, praticamente apolidi e quindi prive di documenti, e anche per riflettere sul male che possono generare le ideologie razziste e sovraniste che disprezzano chi viene visto come l'altro. Può servire a guardare ai rom e ai sinti oggi e a quanto ancora sia lontana una loro piena integrazione scolastica, sanitaria e abitativa. È quanto sollecita a fare nell'intervista a Vatican News, Dzemila Salkanovic, una donna rom di origini montenegrine da 50 anni in Italia, mediatrice culturale e educatrice presso l'Associazione 21 luglio, fondata 13 anni fa insieme al marito, un'organizzazione non profit attiva nel campo della lotta alle discriminazioni:
Dzemila Salkanovic, un genocidio quello dei rom e dei sinti durante la seconda guerra mondiale che si ricorda poco. Tra i due popoli oggi la memoria di quanto successo è viva? E come si tramanda alle nuove generazioni?
Si tramanda molto poco, perché gli anziani che hanno vissuto questa tragedia non ne hanno mai parlato più di tanto perché era sentita come una vergogna, qualcosa di cui si ha timore di parlare, perché se non se ne parla si lascia alle spalle e si dimentica. Sì, era una cosa che si voleva dimenticare. Io ho avuto i nonni che sono stati in campi di concentramento, anche se non così come Auschwitz, uno di loro parlava, raccontava le cose che si potevano raccontare ai bambini, per non spaventarli, cose belle che gli erano successe, che una persona l'aveva salvato e l'aveva curato, ad esempio. Invece l'altro non diceva niente, non voleva neanche sentirne parlare. Tutti e due avevano il numero tatuato, quanto avevano vissuto però non era qualcosa da tramandare, era un tabù. Adesso quegli avvenimenti si sentono molto lontani, qualcosa che non ci tocca, invece ci tocca moltissimo, perché succede anche oggi di essere perseguitati. Io penso che ciò che non è accaduto durante il genocidio dei rom, sta succedendo adesso, nei campi dove vivono.
Per il genocidio subìto i rom e i sinti non ebbero alcuna giustizia, alcun risarcimento. Nel 2015 il Parlamento europeo ha deciso comunque di celebrare, ogni 2 agosto, una Giornata europea di commemorazione di quell'Olocausto. I rom e i sinti la celebrano? Ed è cambiato qualcosa da allora?
No, non viene celebrata tanto. È stata una cosa buona che la Comunità europea si sia ricordata di noi, è stato anche molto bello e molto significativo, però, come dicevo, questa cosa non è tanto sentita dai rom. Chi l'ha vissuta, gli anziani, non ci sono più adesso, gli anziani nei posti che io conosco e che frequento sono rimasti forse 1 o 2, perché noi abbiamo una vita meno lunga rispetto a voi e quasi non c'è memoria dei nostri anziani. Si sta dimenticando persino che oggi è anche la nostra festa di metà estate, che per i rom della ex Jugoslavia prima era una festa molto molto importante. Ma adesso i campi stanno ammazzando le persone e anche le tradizioni che c'erano, perchè non c'è il posto dove festeggiare e tutte queste usanze si stanno un po' perdendo.
Da quello che lei dice si intuisce che questa giornata serva di più a chi non è rom e sinti per ricordare la tragedia causata dai pregiudizi razziali. Ai tempi del nazismo questi pregiudizi pretendevano addirittura di avere basi scientifiche, per fortuna questo non è più così, ma quanti pregiudizi pesano ancora su questi due popoli?
Pesano ancora moltissimo. Lei, ad esempio, prima dell'intervista mi ha chiesto subito dove vivo, se ho una casa, e questo ad un'altra persona non l'avrebbe mai chiesto. Anche oggi esistono tantissimi pregiudizi perché i rom, agli occhi della gente, sono quelli che non vogliono lavorare, che non vogliono integrarsi, i rom sono quelli che non vogliono avere una vita, diciamo, normale come tutti gli altri e che non vogliono avere le loro comodità. Il rom è un ladro, un delinquente, che vive solamente sulle spalle degli altri, no? E invece non è così: ci saranno anche queste persone, però la maggior parte vuole avere una vita normale. Io se sto bene posso festeggiare le mie feste, posso festeggiare quello che per me è importante, no? Se vivo normalmente e faccio una vita regolare e ho tutte le mie comodità, sudando certo, perchè è faticoso lavorare, però tantissime persone vogliono farlo e vogliono dare un futuro diverso ai loro figli. È una cosa molto importante che l'Europa abbia riconosciuto questo genocidio anche se poi non ha fatto più di tanto, non ci sono stati risarcimenti come nel caso di altri popoli, forse perché noi non abbiamo uno Stato che ci tuteli, però siamo parte dell'Europa perché siamo sempre vissuti in Europa.
Che cosa potrebbe servire a migliorare la vita di rom e sinti?
Dare loro più possibilità e non solo metterli nei campi, le possibilità che si danno a tutte le altre persone, aiutarli a uscire dalla loro situazione perché ci sono anche la seconda e la terza generazione che vivono in Italia e non sono riconosciute appartenenti ad alcun Stato, sono apolidi di fatto perché i loro genitori e i loro nonni sono arrivati in Italia venti, trenta o quarant'anni fa senza documenti, senza niente, e dunque ancora oggi ci sono persone in questa situaazione. Molte donne che conosco non hanno alcuna possibilità di far crescere i loro figli e nipoti come vorrebbero, l'unica possibilità che hanno è quella di stare dentro un campo, senza alcuna possibilità di lavoro, l'unica loro possibilità è andare a vendere le poche cose che trovano nei cassonetti e cavarsela così e sopravvivere. Ma questa non è vita, è solo sopravvivenza.
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