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Associazioni ed enti chiedono che vengano concessi più diritti ai detenuti Associazioni ed enti chiedono che vengano concessi più diritti ai detenuti 

La cooperativa Giotto: sulle carceri la società di oggi si sta imbarbarendo

Il fondatore Nicola Boscoletto aderisce alla lettera-appello che si rivolge al Papa, a Mattarella e al ministro della Giustizia italiano Nordio, con la quale diverse associazioni ed enti hanno chiesto nei giorni scorsi che ai carcerati si offrano più opportunità per curare gli affetti e i rapporti con i familiari

Vatican News

Le carceri italiane sono “un piccolo Mediterraneo dimenticato”, ridotte come sono “a un grande ammasso di rifiuti umani indifferenziati”. Lo scrive Nicola Boscoletto, fondatore della Cooperativa sociale Giotto, da trentatré anni impegnata nel mondo delle carceri che, in un articolo su Il Sussidiario.net, denuncia la situazione in cui versano gli istituti penitenziari. Sono trascorsi 18 anni da quando a Benedetto XVI e all'allora presidente della Repubblica italiana Carlo Azeglio Ciampi, dieci detenuti della Casa di reclusione di Padova inviarono una lettera-appello, sostenuta e promossa dalla stessa Giotto, da allora però , afferma Boscoletto, "niente di nuovo sotto il sole". Ora, in una nuova lettera-appello, alla quale la Cooperativa Giotto ha aderito, Ristretti Orizzonti, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia e Associazione Sbarre si rivolgono a Papa Francesco, al presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, al ministro della Giustizia Carlo Nordio e alla società tutta perchè si consenta ai carcerati di curare gli affetti e rafforzare le relazioni. "Dividiamo con cura, a tratti maniacale, la carta e il cartone dalla plastica e dal vetro, il secco dall’umido, le ramaglie e i residui degli sfalci dei giardini - osserva ancora il fondatore di Giotto - tutto questo per cercare di recuperare il massimo dai rifiuti, rigenerarli per riutilizzarli e abbattere il più possibile l’inquinamento, i costi economici, sociali ed ambientali. E l’uomo?".

Il tempo ha reso più in-civili

Boscoletto guarda alla storia, ad una conversazione, era il 1854, tra l’allora ministro della Giustizia Urbano Rattazzi e Don Bosco, quando "i problemi erano gli stessi di oggi": quello della recidiva e quello dei costi elevati delle strutture, che allora superavano "di ben tre volte quelli delle strutture che applicavano il metodo don Bosco". Rattazzi, pur rischiando l'impopolarità, "cerca in tutti i modi di aiutare queste realtà sociali, uniche in grado di dare una risposta vera, dignitosa e civile". Ora, prosegue Boscoletto,  "sembra che 169 anni siano passati invano, che non solo non ci abbiano insegnato niente, ma che addirittura ci stiano sempre di più imbarbarendo". "Il tempo che passa sembra renderci sempre più in-civili", si legge ancora in quella che è una disamina impietosa dell'operato della politica italiana, che "ci sta portando negli ultimi trent’anni verso disastri sociali ed economici". Un disastro che non è solo italiano, ma del mondo tutto, considerando che cosa hanno generato "la repressione, la punizione fino alla pena di morte". Perché dopo 169 anni "non si riesce a fare bene del bene?"

L'appello a Mattarella, non si tiri indietro

L'invito alla politica è a perseguire "il vero bene dei suoi cittadini a costo di risultare impopolare", una sollecitazione rivolta a "persone umanamente e professionalmente di grande spessore, che equivale a dire semplici di cuore, disinteressate. Servono persone che sappiano veramente amare, veramente accogliere, veramente ascoltare, veramente guardare e veramente chiedere". E poi infine, Boscoletto lancia un accorato appello al presidente Mattarella, a "non tirarsi indietro", a non "fare troppi calcoli, perché l’articolo 27 della Costituzione è ormai quasi del tutto calpestato", è il momento "di metterci la faccia e di non tirarla indietro, come ben ha saputo fare in altre occasioni, ne va della dignità di ciascuno di noi e di tutta la nostra società".

Consentire più telefonate mensili ai carcerati

Ad appoggiare Ristretti Orizzonti, Conferenza Nazionale Volontariato Giustizia e Associazione Sbarre, nella lettera-appello datata 20 agosto,  sono diverse associazioni ed enti. La missiva chiede apertamente al ministro della Giustizia Carlo Nordio “un gesto di cambiamento vero” definisce poi "inconsistente" la proposta di aumentare il numero delle telefonate mensili tra i detenuti e i propri affetti da quattro a sei, poiché - scrivono le associazioni - "cosa cambierebbe con due miserabili telefonate in più al mese di 10 minuti l’una in quelle vite di solitudine, isolamento, lontananza dalle famiglie?”

Si può fare molto per aiutare i detenuti

Chiunque sia impegnato nel mondo del carcere sa che, “da quando è scoppiato il Covid”, quelle telefonate in più "non potevano più essere tolte, anzi andavano potenziate". Pur essendo necessaria una modifica della legge, “molto si può fare già da ora”, prosegue la lettera-appello, soprattutto “in un periodo in cui in carcere si manifesta sempre più alto il disagio con suicidi e atti di autolesionismo, uniti alla desertificazione delle estati negli istituti di pena”. La pena detentiva, ricorda il testo indirizzandosi direttamente ai governanti, "consiste nella privazione della libertà e non in altre torture che possono spingere anche al suicidio, come la mortificazione degli affetti”.

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25 agosto 2023, 15:31