Save the Children, Sudan: 500 bambini sono morti per fame e malnutrizione
Camilla Dionisi – Città Del Vaticano
Il Sudan, entrato nel quinto mese di guerra, fa la drammatica conta delle sue vittime più innocenti: i bambini, che a centinaia stanno morendo per fame e malattie legate alla malnutrizione. È Save the Children, ong che opera al fianco dei più piccoli, a stimare in 500 i bimbi uccisi dalle conseguenze del conflitto. Ad essere colpiti, oltre alla città di Khartoum, sono soprattutto lo Stato di Gedaref e lo Stato di Nilo Bianco. Nella capitale, almeno 50 bambini, tra cui 20 neonati, sono morti in un orfanotrofio statale dopo che i combattimenti hanno impedito al personale di accedere all'edificio per poterli assistere. Anche prima dell'inizio del conflitto la mancanza di fondi aveva portato il Sudan a esaurire quasi completamente le scorte di pasta di arachidi ad alto contenuto calorico e di micronutrienti, essenziali per il trattamento della malnutrizione. Allo scoppio delle violenze in aprile, Save the Children è stata costretta a chiudere 57 delle sue strutture nutrizionali, con 31.000 bambini in tutto il Paese che non hanno più ricevuto cure per la malnutrizione e per le malattie correlate. Durante il conflitto, numerosi magazzini umanitari sono stati razziati, il cibo è stato rubato e, inoltre, si stanno esaurendo le scorte di alimenti terapeutici.
L’appello di Save the Children
"Non avremmo mai pensato di vedere così tanti bambini morire di fame in Sudan - dichiara Arif Noor, direttore di Save the Children nel Paese – ma questo oggi è diventato realtà. I bambini gravemente malati arrivano tra le braccia di madri e padri disperati nei centri nutrizionali e il nostro personale ha poche opzioni a disposizione per curarli. Vediamo bambini che muoiono a causa di una fame del tutto evitabile". Arif Noor denuncia come “il saccheggio dei magazzini delle Nazioni Unite, l'incendio della fabbrica di alimenti terapeutici e la mancanza di fondi hanno messo a dura prova le forniture di prodotti nutrizionali terapeutici in tutto il Paese”. Gli appelli, è il rammarico di Noor, cadono nel vuoto e ad oggi si è arrivati a reperire solo il 27% dei fondi necessari. “La comunità internazionale - aggiunge il direttore – deve farsi avanti e lavorare non solo per aumentare i finanziamenti, ma anche per trovare soluzioni collettive per garantire che il cibo e l'assistenza tanto necessari possano essere consegnati in sicurezza ai bambini e alle loro famiglie in tutto il Sudan, comprese le persone intrappolate dai combattimenti”.
La violenza nel Darfur
Le testimonianze dal Darfur occidentale dipingono un quadro terrificante di bambini, uomini e donne uccisi a decine, bande armate che entrano nei villaggi, saccheggiano e bruciano le case sparando sui civili in fuga. “Nessuno è stato risparmiato”, racconta Ahmed, un operatore dell’organizzazione, fuggito dalle violenze e rifugiatosi nello Stato di Kassala: “Ormai ci sono solo soldati, tutti i civili sono fuggiti o sono morti”. Il Sudan è, a detta di molti osservatori internazionali, un Paese sull'orlo dell'implosione e dimenticato da tutti. A combattere sono l’esercito regolare del generale al-Burhan e le Forze di supporto rapido dei paramilitari guidate dal generale Hemedti. Dal 15 aprile 2023, scoppio della guerra, cifre sottostimate parlano di quattromila vittime e di milioni di profughi e sfollati interni. Il Paese, che stava già affrontando la peggiore crisi umanitaria di sempre, ora a causa del conflitto in corso, dei disastri naturali, delle epidemie e del degrado economico, conta 15,8 milioni di persone, un terzo della popolazione, in stato di bisogno.
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