In Yemen attesa per l'avvio di un percorso di pace
Leone Spallino – Città del Vaticano
Gli incontri diplomatici degli ultimi giorni sullo Yemen a Riad, sebbene si inquadrino nei colloqui più ampi che hanno avuto inizio nell’aprile di quest’anno, sono particolarmente significativi: è la prima volta che un gruppo di ribelli Houthi viene invitato nella capitale saudita. Un riconoscimento implicito molto più che simbolico, che segnala quanto Riad faccia sul serio nel cercare una via d’uscita dal lungo conflitto civile yemenita, che ha impegnato un crescente numero di risorse del regno saudita. Prima della tregua raggiunta lo scorso anno, scaduta ad ottobre, ma che risulta ancora in parte attiva, i ribelli Houthi avevano incrementato gli attacchi con razzi e droni contro la coalizione arba a guida saudita, dimostrando di avere la possibilità di mettere a rischio le infrastrutture dei due Paesi. Un esito probabile dei colloqui, mediati dal sultanato dell’Oman, è un accordo di pace tra sauditi e ribelli filoiraniani, che però escluderebbe gli altri attori presenti in Yemen. Secondo Eleonora Ardemagni, esperta di Medio Oriente e analista dell'Ispi, resta da capire quanto questo possa permettere l’effettivo disimpegno saudita nel Paese, dato che il governo centrale yemenita non sarebbe probabilmente in grado di resistere alla pressione dei gruppi ribelli senza l'apporto militare ed economico di Riad.
Un conflitto complesso
Dal 2014 lo Yemen è ostaggio di un conflitto fra i ribelli Houthi, gruppo armato originario del nord del Paese a maggioranza sciita, sostenuto da Teheran, e il governo centrale. La Primavera araba ha portato poi ad un moltiplicarsi dei contendenti nello scontro, con l’emersione di gruppi jihadisti legati sia ad Al- Qaeda che al sedicente Stato Islamico. Come se non bastassero i problemi interni, altri attori esteri hanno iniziato ad interferire in Yemen. Come a dire che il conflitto yemenita vede sullo sfondo la storica rivalità tra Arabia e Iran. Ma ora - sottolinea la Ardemagni - la guerra fredda tra Riad e Teheran, che dura da quasi quarantacinque anni, potrebbe cambiare volto. La distensione fra l’Iran e l’Arabia Saudita avvenuta questo marzo, è stata un importante presupposto per l’inizio dei colloqui di pace sullo Yemen, iniziati ad aprile.
Il dramma umanitario
La tregua dello scorso anno ha leggermente migliorato le condizioni della popolazione yemenita, che fino ad allora aveva dovuto sopportare una decina di bombardamenti aerei al giorno. La situazione, però, resta critica: l’80% della popolazione vive in condizioni di estrema povertà e ci sono due milioni di bambini malnutriti. Lo Stato non è in grado di far funzionare anche i più basilari servizi e 21 milioni di persone necessitano dell’assistenza umanitaria per sopravvivere. L’acqua manca da anni ormai, con gran parte dei sistemi di forniture idriche distrutti e quasi 18 milioni di persone che non hanno accesso ad acqua pulita. La situazione cibo è complicata dal blocco delle esportazioni di grano dovute alla guerra russo-ucraina, che ha comportato aumenti stratosferici dei prezzi. È anche per questo che i risultati dei recenti colloqui diplomatici, per quanto parziali, vengono attesi con trepidazione: ogni passo verso la pace, conclude Eleonora Ardemagni, è un passo verso la risoluzione di una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi trent’anni.
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