Buoni samaritani, a Trieste le cure e l'assistenza a richiedenti asilo e "transitanti"
Adriana Masotti - Città del Vaticano
In tema di immigrazione è innegabile che attraverso i media balzi più in evidenza l'arrivo in Italia di migranti e rifugiati attraverso il mar Mediterraneo, in particolare a Lampedusa, ma la cosiddetta rotta balcanica non è meno dolorosa e pericolosa per le persone che la percorrono. E Trieste è il principale luogo di arrivo di queste persone. La decisione di intensificare i controlli di polizia ai valichi di frontiera con la Slovenia, a seguito dell'allarme terrorismo diffusasi in Europa collegata alla tragedia in corso in Israele e Palestina, riporta l'attenzione al tema dei confini e alla questione di chi i confini tenta di superarli. Katarina Modic è vicepresidente di Caritas Trieste e responsabile area accoglienza di Fondazione Caritas Trieste. A Vatican News descrive la consistenza del fenomeno migratorio via terra fornendo dati che sorprendono. "Direi che siamo poco sotto agli arrivi attraverso gli sbarchi - afferma -, da poco c'è stata una valutazione dei numeri da parte dell'OIM e siamo a qualche centinaio di persone di differenza in meno, ma siamo lì. Il punto è che le persone che arrivano dalla rotta balcanica non arrivano tutte insieme. C'è stato un periodo, un paio di anni fa, in cui questo succedeva, mentre adesso arrivano più alla spicciolata, ma arrivano ogni giorno".
Gli arrivi via terra numerosi quasi come gli sbarchi
E chi arriva ha alle spalle settimane di cammino in cui ha dovuto affrontare tanti pericoli, tentativi di respingimento e via dicendo... Per chi ce la fa inizia poi tutto un altro percorso spesso accidentato. "Essendo Trieste un punto d'arrivo, ci sono dei centri di accoglienza straordinaria, i CAS, per le persone che manifestano l'intenzione di chiedere asilo, ma questi centri dovrebbero avere la possibilità di continui trasferimenti degli ospiti. Trieste ha centri con una disponibilità tra i 1300 e i 1400 posti in totale, ma se ci sono continui arrivi i posti non bastano mai. Per cui l'unica soluzione è avere un accesso alla rete di accoglienza su tutto il territorio nazionale, per accogliere le persone, un po' come funziona con gli sbarchi, non tutti quelli che arrivano a Lampedusa si fermano sull'isola. Il problema - prosegue Modic - è che qui tante volte questi trasferimenti si bloccano. Per esempio quest'estate abbiamo avuto un trasferimento il 13 luglio e poi nient'altro fino al 28 agosto, mentre avremmo bisogno di almeno un trasferimento di 100 persone a settimana".
Il lavoro della Caritas triestina
In città esiste una rete di organizzazioni che si occupano di fornire assistenza a migranti e richiedenti asilo. E la Caritas è tra queste. Per i migranti, così come per i senza dimora, gestisce una mensa dove viene fornito il cibo a chiunque, anche a persone definite tecnicamente "transitanti" per la città di Trieste perchè sono diretti altrove. Sono in corso poi i lavori per la realizzazione di una struttura notturna per accogliere e offrire un letto alle persone che arrivano in piena notte, anche interi nuclei famigliari, che altrimenti rimarrebbero in strada. Di fronte alla presenza dei migranti, le reazioni dei cittadini sono di vario tipo come dovunque, dice la vicepresidente della Caritas triestina, "devo dire però che quando abbiamo fatto sapere della nostra iniziativa di attivare una struttura per l'accoglienza di emergenza con l'aiuto di volontari, c'è stata un'ottima risposta della cittadinanza. C'è tanta gente che è disponibile ad aiutare, a donare il proprio tempo, a donare beni e quant'altro. In questi giorni stiamo rispondendo continuamente alle persone che ci hanno contattato offrendosi di dare una mano".
L'incontro con l'altro è sempre un arricchimento
Giorni fa i vescovi di Trieste, Gorizia e Koper hanno scritto una dichiarazione congiunta in cui esprimono il desiderio di poter continuare a esercitare il servizio dell'accoglienza e in cui parlano dei confini come luoghi dove si può crescere nella fraternità. I presuli osservano che "il transito di tanti fratelli che giungono nelle nostre terre percorrendo la rotta balcanica deve continuare per noi ad essere non motivo di preoccupazione ma stimolo a testimoniare ogni giorno, senza interruzione e con rinnovato vigore, quella diakonia dell’accoglienza a cui siamo chiamati e di cui, come credenti, saremo chiamati a rendere ragione". Katarina Modic si dice d'accordo, e pensando anche alla sua esperienza afferma che "incontrare l'altro, incontrare una persona che proviene da un altro contesto culturale, incrociarsi con altre storie di vita è assolutamente una cosa preziosa. Cresci come persona e ti si apre un'altra visione del mondo. Per cui sì, assolutamente - conclude - l'incontro è sempre un arricchimento sia per chi arriva sia per chi accoglie".
Buoni samaritani di oggi
Linea d’Ombra è un’associazione di volontariato nata a Trieste nel 2019, per iniziativa di Lorena Fornasir e Gian Andrea Franchi, per sostenere i migranti provenienti dalla rotta balcanica definiti "transitanti" per i quali non esiste alcuna forma di accoglienza istituzionale. Sul sito dell'associazione si spiega l'impegno quotidiano: "I volontari sono presenti ogni pomeriggio in Piazza Libertà, davanti alla stazione centrale di Trieste, medicando le ferite e offrendo cibo, scarpe nuove, indumenti puliti e, nella stagione invernale, sacchi a pelo e giacche" a chi è riuscito ad attraversare il confine italo-sloveno dopo settimane di cammino. I "transitanti" hanno spesso bisogno di assistenza sanitaria dovuta alla vita in strada o nei rifugi provvisori come quello del silos, una struttura fatiscente accanto alla stazione ferroviaria di Trieste. All'attività su strada, si affianca la raccolta di fondi per sostenere le popolazioni migranti lungo la rotta balcanica in collaborazione con operatori umanitari presenti nei diversi Paesi.
Franchi: una piazza in cui si è messa in moto la solidarietà
Gian Andrea Franchi racconta a Vatican News: "Quando io e mia moglie Lorena da Pordenone siano arrivati a Trieste, ci siamo resi conto che qui arrivava un numero notevole di migranti che non volevano fare domanda per restare in Italia e quindi non volevano farsi rilevare dalla Questura e che, come quelli che già avevamo avvicinato a Pordenone e in molti viaggi in Bosnia, erano in condizioni psicofisiche in alcuni casi al limite ma di cui nessuno si occupava". Da qui la decisione di andare a rintracciare queste persone nei dintorni della stazione, un luogo frequentato da chi cerca di prendere un treno per andare oltre. "Abbiamo cominciato a curare le loro ferite, gravi o meno gravi - prosegue nel racconto -, era la cosa più importante. Tutti avevano comunque le gambe, i piedi in condizioni molto pesanti, soprattutto per la presenza di ferite infette." Lorena e Gian Andrea non sono rimasti soli: ad un piccolo numero di attivisti che quotidianamente si recano davanti alla stazione, altre persone danno una mano più o meno regolarmente e si è formata una bella rete di persone solidali in Italia e all'estero che permettono all'associazione di continuare la sua attività. Nella piazza spesso arrivano scolaresche, gruppi scout, associazioni cattoliche, anche singole persone che portano cibo per i migranti mettendo in moto tutta una dinamica di solidarietà.
Da dove arrivano i migranti
I migranti che arrivano a Trieste dalla rotta balcanica provengono da una vasta aerea che comprende il Medio Oriente, l'India, il Bangladesh, il Nepal, ma la maggioranza proviene dall'Afghanistan e dal Pakistan. L'anno scorso hanno raggiunto quasi le 13.000 persone, di cui il 70 per cento "transitanti", tra loro anche minori e alcune famiglie prevalentemente curde. "Quest'anno - spiega Gian Andrea Franchi - il flusso è aumentato fino a tutta l'estate, in luglio erano arrivate circa 8000 persone, e ultimamente si è ridotto, ma è difficile capire se questa riduzione è dovuta alle condizioni ambientali, in quanto nei Balcani le condizioni climatiche sono molto più rigide di quelle che abbiamo qui da noi, o se le centinaia di poliziotti che sono arrivati recentemente ai valichi di frontiera costituiscono un elemento di deterrenza, ci vuole un po' più di tempo per capire. Ma certo - prosegue - non è facile fermare persone estremamente determinate perchè, pensiamo ad esempio all'Afghanistan, nei loro Paesi c'è veramente una tragedia in atto".
La rotta balcanica e i flussi in movimento
Tempo fa i media italiani descrivevano la situazione critica di migliaia di migranti fermi alla frontiera tra la Bielorussia e la Polonia, persone impossibilitate a passare il confine, ridotte a vivere all'addiaccio in un rimpallo di responsabilità tra i due Stati. Ora però non se ne parla più. E quando si riaccende l'interesse sul fenomeno migratorio è comunque sempre il Mediterraneo a catturare l'attenzione. "L'ampio territorio dei Balcani è costellato di tragedie - afferma il vicepresidente di Linea d'Ombra - lei ne ha citata una, ma si potrebbe parlare del confine con la Bulgaria che è il primo stato dell'Unione europea per chi è in viaggio. Confina direttamente con la Turchia e con la Grecia e ultimamente è diventato uno dei passaggi più importanti, più della Bosnia. Il flusso dei migranti su questa rotta varia molto a seconda delle circostanze. Noi abbiamo dei rapporti con un gruppo di amici del Veneto che va regolarmente sui confini con la Bulgaria e ci parlano di una situazione terribile. Ci dicono che trovano persone morte o agli estremi nei boschi intorno al confine con la Turchia, ci sono quindi tante situazioni nei Balcani dove muoiono anche molte persone di cui non si parla perché è una rotta politicamente meno importante rispetto a quella del Mediterraneo".
Un impegno umanitario che chiede un radicale cambiamento
Per Gian Andrea Franchi quello di Linea d'Ombra non è soltanto un impegno umanitario ma ha una chiara connotazione politica perché non si limita a fornire assistenza a chi ne ha bisogno, ma vuole intervenire sulle cause che determinano la sofferenza e denunciare l'inadeguatezza delle misure adottate finora dall'Unione Europea nei confronti del fenomeno migratorio. "Certamente - conferma -, noi tutti abbiamo percepito l'estrema violenza dei confini di fronte a una tragedia come quella del Medioriente ma anche dell'Africa. I migranti si muovono anche per una questione ambientale cioè vengono da Paesi che sono i più tormentati da quella che è una delle principali problematiche del nostro tempo e purtroppo trascurata, cioè la crisi climatica. E infatti i migranti ci parlano nei loro Paesi di agricoltura che fallisce, di persone che devono fare chilometri per andare a prendere l'acqua, di villaggi una volta rigogliosi per la presenza dell'acqua e che ora invece muoiono. Occuparsi dei migranti è occuparsi di una questione di fondo del nostro mondo, è quindi una questione politica e allora noi cerchiamo anche di comunicare la gravità di questa situazione e di creare una forma di solidarietà diffusa in un momento storico in cui purtroppo prevale l'individualismo e l'indifferenza". Di fronte a chi si chiede perché queste persone non rimangano a casa loro, perchè mettano se stessi e le loro famiglie in pericolo nelle diverse rotte migratorie, Gian Andrea Franchi risponde: "Come dicevo, vengono da mondi devastati, da Paesi in cui oggi è impossibile vivere, per cui le persone più forti, più sane, lasciano la loro terra con il mandato di famiglie e di villaggi di trovare un lavoro per poterli aiutare. Naturalmente questa è una prospettiva molto labile, che spesso non si realizza, allora il fenomeno migratorio è anche l'annuncio che dobbiamo cambiare tutti, che dobbiamo cambiare un sistema in cui il denaro è il valore supremo, mentre la vita non conta".
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