Il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite non riammette la Russia
Leone Spallino – Città del Vaticano
La Russia non è stata rieletta nel Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite, dopo il voto che si è svolto il 10 ottobre scorso. Mosca era stata sospesa nell’aprile del 2022 in seguito all’invasione dell’Ucraina. Gli Stati Uniti hanno chiesto a molte delle 193 nazioni con diritto di voto di esprimersi contro la rielezione della Russia nel consiglio. Posizione condivisa anche da diversi gruppi per i diritti umani, che non avrebbero voluto vedere la Federazione Russa riprendere una posizione così delicata alla luce delle azioni commesse dall’esercito russo in Ucraina.
Mosca era invece ottimista: l’ambasciatore russo all’Onu, Vassily Nebenzia, sosteneva infatti di avere il supporto della “maggioranza silenziosa”, ovvero di tutti quei Paesi che avevano mantenuto una posizione neutrale o non chiara rispetto all’invasione russa dell’Ucraina. In più, il fatto che lo scrutinio fosse segreto, faceva pensare alla possibilità di ulteriori defezioni a favore di Mosca.
Tuttavia, se il sostegno per la Russia c’è stato, non è stato sufficiente a garantirle il seggio al consiglio relativo all’Europa orientale. Seggio che è stato invece assegnato alla Bulgaria e all’Albania che hanno ottenuto più preferenze, 160 e 123 rispettivamente, contro gli 83 voti presi dalla Russia.
Le votazioni
Altri Paesi hanno ottenuto la riconferma dei seggi già occupati per un secondo mandato. È il caso della Cina, della Costa d’Avorio, di Cuba, della Francia, e del Malawi, riconfermato con il numero più alto di preferenze in assoluto (182 voti). Meno voti invece per le rielezioni, comunque ottenute, di Francia (153) e Cina (154). Tra i nuovi eletti figurano invece, come detto, l’Albania, il Brasile, la Bulgaria, il Burundi, il Ghana, l’Indonesia, il Giappone, il Kuwait, i Paesi Bassi e, per la prima volta in assoluto, la Repubblica Dominicana. Tutti questi Paesi assumeranno il proprio seggio nel Consiglio per i diritti umani dal primo gennaio del 2024, e manterranno la carica per tre anni (a meno di essere sospesi prima, come è stato per la Federazione Russa). I seggi sono ripartiti in diversi gruppi su base geografica, per tenere conto del concetto di equità della rappresentazione: il gruppo degli Stati africani e gruppo degli Stati dell’Asia-Pacifico hanno tredici seggi per parte, quello dell’America latina e degli Stati caribici otto, quello dell’Europa orientale sei, mentre il gruppo dell’Europa occidentale ed altri Stati ne ha sette. I seggi vacanti ammontavano a quindici quest’anno.
Le trattative sull’accordo sul grano
L’Onu, intanto, sta cercando di uscire dall’impasse riguardante l’accordo sulle esportazioni di grano messe in crisi dalla guerra in Ucraina. L’obiettivo degli inviati delle Nazioni Unite che hanno raggiunto Mosca nei giorni scorsi è quello di garantire un “accesso senza ostacoli” ai mercati globali di cereali e fertilizzanti provenienti dalla Russia in modo sicuro. L’accordo, considerato fondamentale nell’ottica della sicurezza alimentare globale, non era stato rinnovato lo scorso luglio da parte russa, sostenendo che i termini non venivano rispettati da Kyiv. A nulla sono valsi finora i tentativi del presidente turco Erdogan, di mediare nuovamente fra Russia e Ucraina per lasciare aperte le rotte di esportazione tramite il Mar Nero, vitali per raggiungere l’Africa, il continente più dipendente dall’importazione di cereali e fertilizzanti.
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