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Pane amaro, il lavoro dei migranti a Roma

Lavori poco dignitosi, sfruttamento e contratti irregolari. Il lavoro delle persone migranti nella capitale è spesso senza tutele e dequalificante. Lo rivela una ricerca realizzata dagli studenti della Facoltà di Scienze Sociali inseriti nel programma Strong+ dell’Università Angelicum, sotto la guida di fra’ Roberto Bongianni

Stefano Leszczynski - Città del Vaticano

Quella del 'pane amaro' è una metafora cara a Papa Francesco che l'ha utilizzata più volte per definire il frutto di lavori poco dignitosi, dequalificanti, che sfruttano le braccia di chi non ha forza contrattuale in nome del profitto. E' facile immaginare come quest'immagine si applichi ai lavoratori stranieri sfruttati nelle raccolte agricole stagionali, di cui talvolta si parla, mentre meno intuitivo riferirla a quanto accade nei grandi centri urbani dove le condizioni lavorative sconvenienti sono più nascoste e subdole. Un'indagine della Pontificia Università San Tommaso D'Aquino coordinata da fr. Roberto Bongianni e condotta da un gruppo di studenti della Facoltà di Scienze Sociali dell'Angelicum ha investigato proprio quello che avviene a Roma nel mondo del lavoro migrante.

ascolta la trasmissione dedicata all'indagine

Occupati tra dignità e sconvenienza

La ricerca è durata 10 mesi ed è stata effettuata su un campione di circa 400 lavoratori migranti concentrandosi su cinque ambiti specifici: formazione e crescita, aspetti economici e contrattuali, il rapporto tra vita privata e famiglia; parità e discriminazione e, infine, tutela e sicurezza. I dati che ne sono emersi raccontano che solo il 6.7% raggiunge la soglia di un lavoro dignitoso, mentre il 31.3% per cento ritiene le proprie condizioni lavorative mediocri, il 26.4% insoddisfacenti e il 9.1% addirittura indecenti. "La cosa che emerge e che anche preoccupa - spiega fr. Roberto Bongianni - è che di fronte al lavoratore migrante sparisce anche il divario di genere, sono condizioni che riguardano uomini e donne, e anche la differenza nei titoli di studio. C'è un appiattimento totale, per cui il lavoratore è visto semplicemente come forza lavoro, capitale umano da inserire nei processi produttivi".

Con le spalle al muro

Secondo l'indagine dell'Angelicum il mercato del lavoro a Roma è caratterizzato per più del 30% dal lavoro domestico e da percentuali significative nel settore turistico e della ristorazione, quindi un tessuto legato a strutture di piccole e medie imprese, ambiti dove è difficile entrare e esercitare un'azione sindacale con i relativi controlli. "Tra le difficoltà maggiori - spiega Victoria Grosu Vremes del gruppo di ricerca - ci sono quelle dell'accesso alle informazioni, perché tanti migranti che arrivano a Roma in cerca di un lavoro accettano qualsiasi condizione, anche quelle che riconoscono essere non dignitose o addirittura ingiuste e lo fanno perché non hanno altra scelta.

Investire in legalità

“Purtroppo non si investono risorse nell’ambito della formazione e della crescita sul lavoro migrante - spiega Bongianni - ed è preoccupante, perché ad esempio i corsi di formazione sulla sicurezza sono obbligatori".  Il 13% per cento dei lavoratori migranti lavora più di 50 ore a settimana, il 20% non riesce ad usufruire delle ferie, al 12% non viene riconosciuto il diritto al riposo. Il 29% è pagato sempre e solo in contanti. Il quadro messo in luce dall'indagine dell'Angelicum offre un quadro desolante del mondo del lavoro migrante nella capitale e che richiede - secondo gli stessi autori dell'indagine - maggiori controlli soprattutto sul rispetto delle forme contrattuali per contrastare una consistente fascia di irregolarità nella gestione dei rapporti lavorativi.

 

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31 ottobre 2023, 15:46