Giornata contro la pena di morte, il Papa: non può essere usata come giustizia di Stato
Leone Spallino – Città del Vaticano
"Il diritto alla vita è minacciato laddove si pratica la pena di morte. La pena di morte non può essere utilizzata per una presunta giustizia di Stato, poiché non è un deterrente, non offre giustizia alle vittime e alimenta la vendetta #EndDeathPenalty". È il Papa che lo scrive sull'account @Pontifex sul social X, in occasione della XXI Giornata mondiale contro la pena capitale.
I dati raccolti nel 2022 testimoniano un drammatico trend, a fronte di un calo dei Paesi che ancora applicano la pena di morte, si registra però un forte aumento rispetto all'anno precedente, pari al 53% , delle esecuzioni, soprattutto quando perpetrata per condanne legate a reati di droga. A questo incremento è dedicato il tema dell'odierna Giornata scelto da Amnesty International, come spiega il portavoce Riccardo Noury: "Purtroppo le esecuzioni legate a questo tipo di reato sono in aumento. Alcuni Paesi, come Iran e Arabia Saudita, usano da tempo e più massicciamente la pena capitale per reati legati alla droga, ma ora anche altri, come Singapore, stanno seguendo questo cattivo esempio". Nel Paese del sud est asiatico, infatti, si sono registrate oltre 10 esecuzioni nel corso degli ultimi 12 mesi. “È un tema, quello della pena di morte legata ai reati di droga - aggiunge Noury - che presenta enormi criticità dal punto di vista della carenza di diritto internazionale e che, soprattutto nella pratica, mostra la sua completa inefficacia: non può essere considerata una seria politica di contrasto né al traffico di droga e né tantomeno al suo utilizzo.”
Il trend attuale
Nel 2022 le condanne a morte eseguite sono state 883 in 20 Stati del mondo, il dato più alto degli ultimi 5 anni. “Guardando ai numeri parziali – aggiunge il portavoce di Amnesty - il Paese che presenta maggiori preoccupazioni per l'uso più che quotidiano della pena di morte per una serie di reati è l'Iran, dove, nei primi nove mesi del 2023, le esecuzioni sono state oltre 530". E' molto probabile dunque che quest'anno sarà ben peggiore di quello passato. Noury aggiunge che anche in Arabia Saudita il numero delle esecuzioni è stato decisamente alto, oltre 100, mentre negli Stati Uniti il numero per esecuzioni è già superiore a quello del 2022. “Quando avremo tutti i dati completi - indica il portavoce - emergerà un altro anno nero, in contro tendenza con le rilevazioni fatte negli ultimi anni.”
La situazione globale
In un momento di estrema tensione a livello internazionale, con il dilagare di conflitti e violenze, il rischio è che qualche Stato potrebbe riflettere sulla reintroduzione della pena di morte, non sembrerebbe al momento esserci alcun collegamento diretto e immediato, spiega ancora Noury, "però è evidente che in situazioni di conflitto armato c'è sempre qualcuno che pensa che ripristinare la pena di morte possa essere una buona idea. Se ne parla di nuovo in Russia e anche in Israele se ne sta parlando da tempo. La storia ci dice che quando la pena di morte è stata utilizzata in contesti di guerra ha creato nuovi martiri e nuove tensioni, quindi c'è da augurarsi che veramente non si giunga mai uno scenario del genere." La pena di morte nel mondo non è presente in modo uniforme: in Europa, l’unico Paese rimasto ad applicarla risulta essere la Bielorussia, mentre nel continente americano solo gli Stati Uniti continuano ad usarla, anche se non su tutto il territorio nazionale. Amnesty tiene l'attenzione alta soprattutto sul continente asiatico. “Se Europa, Oceania e America sono quasi del tutto libere dalla pena di morte - precisa ancora Noury - Africa e Asia presentano le maggiori criticità. La Cina, ad esempio, utilizza la pena di morte in maniera massiccia, ma è molto difficile avere dati precisi sul Paese.” Tuttavia, se il trend globale sulle esecuzioni è in aumento, ci sono elementi che fanno ben sperare. Nel 2022 Kazakistan, Papua Nuova Guinea, Repubblica Centrafricana e Sierra Leone hanno abolito la pena di morte per tutti i reati, Guinea Equatoriale e Zimbabwe per i reati comuni. “La situazione presenta luci ed ombre - conclude Riccardo Noury – il numero di Stati che non applicano la pena di morte non è mai stato così alto. Allo stesso tempo, purtroppo, quei pochi Paesi che eseguono condanne a morte, lo fanno in numeri sempre più alti.”
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