Unicef: i bambini vittime "invisibili" dei disastri climatici
Luana Foti – Città del Vaticano
Dal 2016 al 2021, sono stati 43 milioni i bambini di 44 Paesi del mondo costretti ad abbandonare le proprie case per colpa di eventi naturali disastrosi legati al clima. 40,9 milioni, ovvero il 95% degli sfollamenti, è stato causato da inondazioni e tempeste. Nella maggior parte dei casi si tratta di sfollati interni. Questo è quanto emerge dal rapporto dell’Unicef Children Displaced in a Changing Climate (Bambini sfollati in un clima che cambia), la prima analisi globale sul numero dei bambini vittime di sfollamenti forzati dai disastri climatici.
Inondazioni, tempeste tropicali, siccità e incendi sono i principali eventi climatici killer. Ma, nei 44 Paesi analizzati il loro impatto sugli sfollamenti e la reazione ad essi dei bambini non è omogenea. La posizione geografica e quindi l’esposizione ai disastri climatici, la capacità di allerta, evacuazione, recupero, preparazione e protezione dei bambini da parte dei singoli Stati contribuiscono infatti a determinare una vulnerabilità maggiore di alcuni e minore di altri.
Il rapporto in numeri
La Cina e le Filippine sono in testa alla classifica dei Paesi con più sfollati in termini assoluti. Nei piccoli Stati insulari come Dominica e Vanuatu si è registrato il maggior numero di sfollati a causa delle tempeste tropicali, le inondazioni invece hanno forzato l’abbandono delle proprie case dei bambini soprattutto del Sud Sudan e della Somalia. La Somalia si trova anche tra i Paesi più colpiti dalla siccità, che ha provocato in totale 1,3 milioni di sfollati interni. Gli incendi invece hanno causato 810.000 sfollati concentrati prevalentemente in Canada, Stati Uniti e Israele.
Le vittime invisibili di un clima che cambia pericolosamente
I bambini rappresentano circa il 31% della popolazione mondiale ma costituiscono almeno il 60% delle persone sfollate nel mondo. “Un numero in crescita di bambini è costretto a fuggire dalla propria casa a causa di eventi estremi legati al clima. Ad oggi, sono in gran parte rimasti invisibili e troppo spesso non protetti”, ha dichiarato la Responsabile globale dell’Unicef Verena Knaus durante la conferenza stampa ospitata nel Palazzo delle Nazioni di Ginevra il 6 ottobre. E con in mano i dati delle previsioni per il futuro imminente avverte che “dobbiamo prepararci ad un futuro terrificante”. Il rapporto Children Displaced in a Changing Climate infatti, oltre a calcolare il numero di bambini che sono stati costretti ad abbandonare le loro case in un arco temporale di 6 anni per colpa diretta o indiretta del clima, ha esaminato le proiezioni del fenomeno in un orizzonte trentennale. Ed è emerso che nei prossimi 30 anni, per eventi estremi legati al clima, i governi potrebbero dover occuparsi di almeno 100 milioni di sfollati. Quasi 96 milioni a causa di inondazioni fluviali, 10,3 milioni per i venti ciclonici e 7,2 milioni a causa delle tempeste tropicali. Il dato di partenza è che per ogni grado in più di riscaldamento climatico globale, il rischio di sfollamento per inondazioni potrebbe aumentare del 50%.
Le azioni auspicabili dei governi
Catherine Russell, direttrice esecutiva dell’Unicef, denuncia che “la risposta di molti governi nel garantire che ogni bambino rifugiato o sfollato interno possa continuare a imparare, a rimanere in salute e a sviluppare il proprio pieno potenziale sia stata deludente”. In conclusione del rapporto quindi si invitano i governi ad agire in fretta per dare priorità ai bambini e ai giovani nel momento di decidere i finanziamenti da destinare alla prevenzione e riscatto dalle catastrofi climatiche; per proteggere i bambini e i giovani dall’impatto di questi disastri e degli sfollamenti che ne conseguono; e per preparare i bambini e i giovani nella loro capacità di resilienza e adattamento a un mondo segnato da un clima che cambia pericolosamente.
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