Israele, Lapid: sconfiggere Hamas per una nuova leadership con l'Anp a Gaza
di Roberto Cetera
Yair Lapid è l’immediato predecessore di Benjamin Netanyahu nella carica di primo ministro dello Stato di Israele. Carica che ha lasciato dopo le elezioni svoltesi esattamente un anno fa, il 1° novembre 2022, nelle quali il suo partito Yesh Atid si è posizionato al secondo posto nella Knesset, il parlamento israeliano, dopo il Likud, con 24 seggi. Lapid non ha accolto l’invito di Netanyahu a formare un governo di unità nazionale dopo l’attacco terrorista del 7 ottobre, ritenendosi incompatibile con la permanenza al governo dei ministri nazionalisti religiosi. È dunque al momento il leader parlamentare dell’opposizione. Pur in ore di febbrile attività e concentrazione, Yair Lapid, al termine di questo Shabat di guerra, ha gentilmente accettato un colloquio con «L’Osservatore Romano».
Come interpreta gli eventi del 7 ottobre? Israele ha solo sottovalutato il suo posizionamento militare nella frontiera sud, o c’è un più generale errore di strategie politiche?
Il massacro del 7 ottobre è stato il più grande singolo massacro di ebrei dai tempi dell’Olocausto, dal 1945. Dovremo certamente rivedere, studiare, indagare cosa è realmente accaduto, e dove abbiamo sbagliato. Avremo tempo per farlo, quando sarà finita la guerra. Il 7 ottobre siamo stati colti di sorpresa, ma sono certo che non accadrà più: siamo preparati e pronti. Il nostro obiettivo ora è smantellare Hamas, vincere la guerra, riportare a casa gli uomini, le donne e i bambini che sono stati rapiti e tenuti in ostaggio, e ristabilire una condizione di sicurezza per il popolo di Israele. Questo è quanto su cui siamo concentrati ora.
Perché ha rinunciato a far parte del governo di unità nazionale?
Quando è apparsa chiara la natura degli eventi del 7 ottobre, io sono stato il primo a richiedere la formazione di un governo di unità nazionale. Per una serie di ragioni tecniche questo non è risultato possibile, e allora siamo giunti alla conclusione che avremmo potuto meglio servire il Paese dall’opposizione. Ciò che è importante non è l’unità dei politici, ma quella del popolo, dell’intera società israeliana. Sto lavorando per rafforzare questa unità ogni giorno, e impiego buona parte del mio tempo con i sopravvissuti e con i rifugiati che hanno perso la loro casa a seguito degli attacchi terroristici. Sto anche lavorando perché sicuramente il mondo sappia cosa è veramente accaduto quel giorno, e sto dando tutto il mio supporto e la mia collaborazione ai servizi di sicurezza e ai nostri soldati.
Come legge le reazioni dell’opinione pubblica israeliana agli eventi del 7 ottobre?
Vedo un’opinione pubblica insieme profondamente addolorata ma anche determinata. Siamo sicuramente più uniti, come mai prima d’ora. Siamo feriti, certo, ma ora sappiamo bene cosa dobbiamo fare. Il popolo d’Israele ha fronteggiato molte tragedie nella sua storia, ma ogni volta ha saputo rialzarsi. Sapremo farlo anche stavolta, vincendo una guerra a cui siamo stati costretti dalle più crudeli organizzazioni del terrore.
Guardando oltre la terribile crisi corrente, qual è la sua visione strategica sul futuro d’Israele e sui suoi rapporti con la realtà palestinese?
Per me è chiaro che al termine di questa guerra non ci sarà più Hamas a Gaza. Non possiamo certo consentire che la nostra gente debba crescere i propri figli avendo a fianco questa brutale organizzazione terroristica. Gli atti compiuti da Hamas costituiscono un orrore che va oltre ogni possibile parola. Quando avremo smantellato Hamas dovremo lavorare per costruire insieme al mondo arabo e alla comunità internazionale una nuova leadership a Gaza che possibilmente includa l’Autorità Palestinese. Il nostro obiettivo strategico è chiaro: assicurare che il nostro popolo, a nord come a sud di Israele, possa vivere pacificamente e in assoluta sicurezza nelle proprie case, sapendo che tutto il Paese e le sue istituzioni lo sostengono. Ogni nostro passo futuro sarà misurato sul raggiungimento di questo obiettivo.
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