Sesta Opera Fedele, 100 anni dell'associazione di volontariato penitenziario nata grazie ai gesuiti
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Di strada ne è stata fatta tanta, da quel 1923 in cui un gruppo di liberi professionisti della Congregazione Mariana – laici di spiritualità ignaziana oggi Comunità di Vita Cristiana – dopo aver partecipato a Triuggio agli esercizi spirituali del gesuita padre Alberto Beretta, decidono di riunirsi presso la sede di Porta Volta, oggi in San Fedele, e di dedicare parte del loro tempo ai reclusi, proprio come recita la sesta opera di misericordia corporale del Vangelo, da cui prende il nome l’associazione. Iniziano a San Vittore chiedendo colloqui con i reclusi, insegnano a leggere e scrivere agli analfabeti e organizzano una vera e propria scuola per i minori. Oggi sono attivi nei quattro istituti di pena milanesi, nel reparto speciale dell’ospedale San Paolo e nella casa circondariale di Cremona, ma la nuova frontiera è il servizio penale esterno, come spiega il presidente, Guido Chiaretti a Vatican News: “Il carcere ancora oggi è la risposta principale che la società dà all’autore di un reato, ma i dati sulla recidiva ci dicono che è una risposta che non funziona molto bene, basti pensare che in assenza di attività trattamentali questa si attesta intorno al 60-80%, mentre là dove ci sono i volontari e dove c’è vero reinserimento, si abbassa al 20 e a volte arriva anche sotto al 5%”.
Una storia degna di essere raccontata
Dopo quella del 1923, un’altra data importante in questa storia è il 30 novembre 1963: l’associazione Sesta Opera San Fedele è formalmente costituita. Tra i soci fondatori si ricordano Giovanni Lazzati, Francesco e Giovanni Battista e Giuseppe Legnani, Luigi Gatti. Arriviamo così al 1975, quando diventa legge una proposta firmata proprio dell’Opera, che prevede formalmente l’ingresso negli istituti di pena della figura del volontario come aiuto alle persone in condizione di privazione della libertà. Nel 2004, poi, inizia la sfida dell’esecuzione penale esterna. “Il volontario penitenziario è un volontario diverso dagli altri – prosegue Chiaretti – certo, il cuore del suo operato sta nel rapporto tra lui e il suo assistito, ma nel caso specifico tra questi due soggetti c’è l’intero ordinamento giudiziario italiano. Una cosa che mi sento di suggerire a chi volesse avvicinarsi a questo mondo è di essere convinti, di fare un grande lavoro su se stessi perché i detenuti ci mettono appena dieci secondi a inquadrarti e a decidere se possono fidarsi di te o meno”.
Un secolo racchiuso in una settimana
Le iniziative per festeggiare i cent'anni di Opera San Fedele iniziano oggi, venerdì 10 novembre, nel cuore di Milano con un convegno all’Ambrosianeum cui partecipa l’arcivescovo di Milano monsignor Mario Delpini e in cui è attesa la testimonianza di un ex detenuto, Franco Bonisoli. Sabato mattina, presso l’Auditorium San Fedele, in collaborazione con il Seac - coordinamento delle associazioni di volontariato di ispirazione cristiana operanti nelle carceri e nel più ampio campo dell’esecuzione penale – l’incontro dal titolo “Il contributo del volontario e della società civile per declinare il senso di umanità delle pene”; a seguire, nel pomeriggio, all’interno della casa circondariale di San Vittore l’evento “Qui tutto è cominciato”, con la partecipazione della polizia penitenziaria. Ultimo appuntamento, ma non per importanza, quello di mercoledì 15 novembre con la presentazione del libro “Per una giustizia degna del senso ultimo dell’essere umano”, con il professor Giovanni Maria Flick, presidente emerito della Corte Costituzionale, nell’ambito della manifestazione BookCity2023. Ma se un occhio dell’Opera è impegnato a celebrare il passato, l’altro è già proiettato nel futuro: “Nel domani vedo il potenziamento del servizio esterno – conclude il presidente Chiaretti – perché nella popolazione carceraria di oggi ci sono molti poveri e molti giovani; inoltre, dopo la pandemia del Covid, si registra anche un aumento degli psichiatrici. E poi, legato a tutto questo, c’è il tema del reinserimento lavorativo. Quello che resta costante e che ci portiamo dalla nostra tradizione, invece, è la gratuità del servizio, anche in una società in cui il tempo e lo sguardo verso l’altro cambiano inevitabilmente”.
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