Matteotti, a cent’anni dalla morte: una mostra per capire la tragica storia dell'Italia
Maria Milvia Morciano – Città del Vaticano
Da oggi, primo marzo, al Museo di Roma, Palazzo Braschi, fino al 16 giugno, è aperta al pubblico la mostra “Giacomo Matteotti. Vita e morte di un padre della democrazia”, una delle iniziative intese a celebrare il centenario della morte del leader politico, deputato e segretario del Partito Socialista Unitario, assassinato dai fascisti in modo brutale il 10 giugno 1924. Si tratta dell’esposizione più completa mai allestita prima, perché non è incentrata soltanto sulla parte finale della sua esistenza, quella appunto drammatica della sua morte, ma attraversa tutta la sua vita dalla sua nascita, a Fratta Polesine, il 22 maggio 1885. Il curatore, il professor Mauro Canali, uno dei maggiori studiosi di Matteotti, sottolinea l’esigenza di delineare una figura in modo integrale, libera dagli stereotipi, non “logorata dai media”. Si tratta di “una mostra insolita”, dai contenuti difficili, perché solo così, ripercorrendo la storia, si può comprendere la tragedia vissuta dal nostro Paese”, aggiunge il curatore. Soprattutto la tragedia vissuta dal movimento operaio che era diviso. Matteotti capisce tutto in tempo, ma non può fare nulla. Sa che l’unica soluzione è l’unità, ma non si realizza. “Matteotti è una figura tragica, la più tragica del periodo”, aggiunge Canali. La sua mente lucida e intransigente - il suo soprannome era “Tempesta” - gli consente di decifrare fin dai primi momenti i tempi neri ormai inevitabili.
Una vita in quattro tempi
La mostra si articola in quattro sezioni principali. La prima, “Il giovane Matteotti” è il racconto del suo impegno sociale a favore dei braccianti e dei mezzadri, del suo percorso accademico, della sua attività pubblicistica per il giornale socialista locale “La Lotta”, dell’adesione al Partito Socialista. La seconda sezione parla del suo impegno politico nazionale negli anni tra il 1919 e il 1924, e quindi della sua attività parlamentare, dell’azione politica contro il fascismo del quale ne denuncia il “pericolo mortale”. La terza è incentrata sul sequestro e sulla morte (1924-1926), dalla sua elezione nel partito Socialista Unitario, al suo celeberrimo discorso in Parlamento il 30 maggio 1924, quando denunciò illegalità e violenze dei fascisti, decretando la sua condanna a morte, che arrivò solo dieci giorni dopo. Lui lo sapeva, disse, infatti, rivolto ai suoi compagni di partito: “E ora potete preparare il mio elogio funebre”. Il 10 giugno 1924 fu sequestrato e assassinato. Il suo cadavere venne trovato solo il 16 agosto. Infine il processo-farsa orchestrato a Chieti dal gerarca Roberto Farinacci, anche avvocato dell'assassino, Amerigo Dùmini, che attraverso le sue lettere e un "testamento" spedito in Inghilterra, lascia traccia inconfutabile del mandante del delitto, Benito Mussolini. La quarta e ultima sezione parla del “Mito di Matteotti”, con i riferimenti alle Brigate Matteotti, formazione partigiana durante la Resistenza, legata al partito Socialista Italiano di Unità Proletaria, e poi ancora della sua eredità e dell’immaginario collettivo.
Il movente
Il curatore della mostra, Mauro Canali, con i contributi di importanti studiosi, delinea non solo il percorso della vita di Matteotti, personalità dal profondo senso etico, ma anche il movente del suo assassinio, che è di natura affaristica. Matteotti denuncia i brogli elettorali, la violenza, la brutalità, ma anche la corruzione del fascismo legata al petrolio. Mussolini capisce con chi ha che fare, ne intuisce la pericolosità e ne ordina l’uccisione.
Un fuoco che non si spegne
Percorrendo il Lungotevere Arnaldo da Brescia a Roma, nel quartiere Flaminio, ci si imbatte in un singolare monumento. Da lontano sembra il fumo nero di una candela che non vuole spegnersi. Jorio Vivarelli, scultore pistoiese, e autore del grande bronzo, lo ha intitolato “L’idea della morte”. Lo stesso artista spiegò la forma della sua scultura piriforme che allude alla forma di uno stelo: "L’elemento verticale sta a significare l’ideale in ascesa verso lo spazio, attraverso una forma scattante, pura, lirica, simbolo di chiarezza e di speranza". L’opera fu inaugurata il 10 giugno 1974, a cinquant’anni della morte di Giacomo Matteotti, che in questo punto fu assalito e sequestrato per essere ucciso e poi essere seppellito alla Quartarella, nei dintorni di Roma.
Educare per maturare la coscienza sociale dei giovani
È singolare come in ogni angolo di una città, ad esempio Roma, segnato dal passaggio della storia, sia facile che il ricordo sbiadisca, sepolto dalla fretta del giorno o peggio dall’indifferenza data dall’ignoranza. Per questo motivo la finalità della mostra è quella di tenere viva la memoria di chi “ha sacrificato la propria vita pur di opporsi all’affermazione della dittatura, un uomo che unisce in sé i valori, spesso trascurati, della giustizia sociale, della trasparenza e della difesa intransigente delle Istituzioni dello Stato”. La speranza è che alla mostra partecipino soprattutto le scolaresche. A tal proposito è stato stipulato un accordo con l’Assessorato alla Scuola proprio per portare i ragazzi a conoscere questo gigante della storia italiana.
Partecipazione di istituzioni autorevoli
La mostra, promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, a cura di Mauro Canali con la direzione e il coordinamento generale di Alessandro Nicosia, è organizzata e realizzata da C.O.R. Creare Organizzare Realizzare con l’Associazione culturale Costruire Cultura, il supporto organizzativo di Zètema Progetto Cultura, sotto il patrocinio del Ministero della Cultura, con la presenza di Banca Ifis in qualità di main partner, il contributo di Camera di Commercio di Roma e la partecipazione di Archivio Storico Luce, Rai Teche, Fondazione Pietro Nenni e AAMOD – Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico. Importanti i prestiti di Fondazione Pietro Nenni, Archivio di Stato di Roma, Archivio Centrale dello Stato, Archivio Storico della Camera dei Deputati, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Accademia dei Concordi, Archivio Marco Steiner. Molti i materiali inediti: documenti originali, soprattutto e per la prima volta atti giudiziari e istruttori, inoltre fotografie, manoscritti, libri e riviste del periodo, filmati e documentari, alcune opere d’arte come due dipinti di Giacomo Balla e alcune sculture come la Vittoria alata di Arturo Martini del 1932 e alcune ceramiche.
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