Licia, insegnante in carcere e Commendatore: dai detenuti ho imparato la vita
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Non è educato svelare l’età di una signora, ma nel caso di Licia Baldi, quando si viene a sapere che secondo l’anagrafe ha 88 anni si resta a bocca aperta, con quella stessa incredulità che ha provato lei alla notizia che il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, la premierà il prossimo mercoledì 20 marzo al Quirinale con l’onorificenza di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica. “Ho provato una forte emozione, e alla mia età le emozioni sono faticose – scherza Licia con Vatican News – ma anche tanta soddisfazione, non per me, mi creda, ma per tutto il volontariato penitenziario”. Sembra non rendersi conto del luminoso esempio di impegno e vitalità che la sua storia restituisce, specie in occasione dell’odierna Giornata internazionale della Donna. “Voglio ringraziare tutti, dal presidente che stimo e ho sempre stimato, al mio cappellano, ai vescovi e alla Chiesa che ci sono stati vicini e ci hanno aiutato in questi anni”.
Una storia iniziata quasi quarant'anni fa
Tutto ha inizio nel 1986, quando la professoressa Baldi, insegnante di lettere del Liceo classico Foresi di Portoferraio, viene mandata in carcere a seguire un convegno con il collega docente di religione: “Ci siamo resi conto che anche noi insegnanti potevamo fare qualcosa per quelle persone, le quali, quando chiedevamo di cosa avessero più bisogno, ci rispondevano: studiare”. Così inizia il percorso in carcere: prima come insegnate volontaria per dieci anni, poi, dopo l’intesa tra l’allora Ministero di Grazia e Giustizia e quello della Pubblica Istruzione e l’apertura della sezione distaccata della scuola in carcere, come insegnante di ruolo. Aveva tanta paura di sbagliare, all’inizio, che ha superato con “il rispetto per gli altri e la collaborazione” per portare a compimento il suo compito di insegnante che è quello di “comunicare il senso della vita” e non solo nozioni.
Dall’insegnamento al “Dialogo”
A Licia non basta essere la professoressa Baldi per i suoi allievi: promuove un’associazione che si chiama Dialogo – di cui è tuttora presidente – e con questa, grazie all’intervento della diocesi di Massa Marittima-Piombino, nel 2003 riesce ad aprire una casa d’accoglienza per detenuti in permesso premio e destinata all’ospitalità dei familiari che raggiungono l’Elba per i colloqui: “Dobbiamo ringraziare l’allora monsignor Bassetti, oggi cardinale, che ci indicò nell’ambito del Giubileo del 2000 come opera segno di carità che ci ha consentito di ottenere questi locali vicino al Comune e di ristrutturarli”. Ancora oggi che non insegna più – ma comunque entra in carcere una volta a settimana per parlare con i suoi ragazzi – si occupa attivamente della casa d’accoglienza dell’associazione che negli anni ha promosso molte iniziative pregevoli quali la biblioteca, attività teatrali e musicali, un corso di storia delle religioni e molte altre. Dal 2005 Dialogo, inoltre, promuove nell’istituto di pena anche il progetto Universo Azzurro, che offre assistenza ai ristretti che vogliono intraprendere un percorso universitario.
Da “prof.” a “comm.”
“Per il suo costante impegno in attività educative e di assistenza ai detenuti nella casa di reclusione di Porto Azzurro”: si legge questo nella motivazione scritta dal presidente Mattarella che tra pochi giorni trasformerà la "prof.", professoressa, in "comm.", commendatore. Accanto a lei, altri 29 cittadini distintisi per attività volte a contrastare la violenza di genere, a promuovere l’imprenditoria etica, per l’impegno attivo anche in presenza di disabilità, per la solidarietà dimostrata, per le scelte di volontariato, per attività di inclusione sociale, legalità, diritto alla salute e atti di eroismo. Al capo dello Stato, se ci sarà tempo e le daranno la possibilità, vorrebbe leggere due righe che le ha scritto un detenuto, uno dei tanti che continuano a mandarle lettere: “Voi volontari siete un regalo della vita: siete madri, sorelle, fratelli, e non ci fate sentire soli – legge – vorrei che lei, professoressa, pregasse per me. In cielo dovremmo starci tutti, sennò non ci sarà gioia piena”. Si commuove, Licia, ma si riprende subito: “Ci sono tante storie in carcere, tanto contatto umano, davvero dico che ho ricevuto più di quanto ho dato – spiega – ci vuole tanto ascolto”.
Il carcere oggi e allora: uguale ma diverso
Alla domanda su come sia cambiato il carcere da quando ha iniziato ad oggi, la professoressa Baldi risponde così: “Oggi ci sono molti stranieri, prevalentemente arrivano dal Nord Africa o dall’Europa dell’Est, spesso senza punti riferimento. Ci sono molti più poveri e le difficoltà linguistiche sono tante. In più ci sono molte vittime della droga, sia spacciatori che consumatori, che scontano pene brevi che forse sarebbero più adatte a una casa circondariale, perciò il turn over è più veloce e si fa fatica a organizzare progetti a lungo termine, è più difficile oggi essere volontari capaci di incidere nella vita di queste persone”. “Quando ho cominciato io il carcere era molto diverso – ricorda – quasi tutti i detenuti erano italiani, molti gli ergastolani o con pene a lungo termine, ma avevano voglia di vivere, non solo di sopravvivere in carcere”. “In tutti questi anni ho insegnato, ma ho anche imparato molto – conclude – ho imparato innanzitutto che i detenuti sono persone e da loro ho imparato che cos’è la vita”.
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