Unicef: cala la mortalità infantile in Africa e Asia, ma c'è ancora molto da fare
Jessica Jeyamaridas - Città del Vaticano
“Grazie a decenni di impegno da parte di individui, comunità e nazioni per raggiungere i bambini con servizi sanitari efficaci, di qualità e a basso costo, abbiamo dimostrato di avere le conoscenze e gli strumenti per salvare vite umane”. Lo afferma la direttrice generale dell’Unicef, Catherine Russell, nel commentare i dati del rapporto “Levels and Trends in Child Mortality”, frutto di uno studio promosso da Unicef, Oms, Gruppo Banca Mondiale e UN DESA, il Dipartimento per gli Affari sociali ed economici dell’Onu.
Decessi maggiori nell’Africa subsahariana
Nonostante gli sviluppi positivi, i numeri del rapporto indicano che la strada è ancora lunga. Oltre 4,9 milioni di bambini al di sotto di 5 anni hanno perso la vita a causa polmonite, diarrea e malaria. Morti si sono registrate anche tra le madri a causa di complicanze dovute al parto. La maggior parte dei decessi sono concentrati nell’Africa subsahariana e nell’Asia meridionale. Anche le morti premature sono un problema mondiale, sono circa 221 milioni i bambini, adolescenti e giovani che hanno perso la vita tra il 2000 e il 2022.
Obiettivi per il futuro
Come dichiarato dal direttore generale dell’Oms, Tedros Adhanom Ghebreyesus, il luogo di nascita di un bambino non dovrebbe determinare la durata della sua vita. Le disuguaglianze sociali ed economiche mettono a rischio la sopravvivenza dei bambini nati in famiglie povere e che vivono in contesti colpiti da conflitti. Secondo il rapporto, sono 59 i Paesi che non raggiungeranno l’obiettivo di mortalità al di sotto dei 5 anni previsto dagli SDG (Obiettivi di Sviluppo Sostenibile). Le stime prevedono che nel 2030 saranno più di 35 milioni i bambini a non sopravvivere. Li Junhua, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari economici e sociali sottolinea che un’assistenza di alta qualità è essenziale per ridurre la mortalità nei bambini.
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