La piccola Sabreen è morta. Il dolore dei medici: ora è con la famiglia da martire
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
Solo cinque giorni, tanto è sopravvissuta la piccola Sabreen Jouda, il suo sistema immunitario era troppo debole. Nonostante i tentativi dei medici, la bimba è morta e ora riposa sepolta accanto alla mamma, uccisa, con il marito e l’altra figlioletta di tre anni, dai bombardamenti israeliani. “Si è unita alla sua famiglia come martire”, ripete Mohammad Salama, capo dell'unità di emergenza neonatale dell’ospedale a chi lo interpella. E' colui che ha tentato in tutti i modi di salvare la piccola e per lui, non esserci riuscito, il suo decesso è stato “personalmente molto difficile e doloroso".
L'amore dei sanitari
La storia e le foto di Sabreen, chiamata come la mamma, hanno fatto il giro del mondo, che ha sperato fino alla fine che la piccola riuscisse a restare in vita, lei portata alla luce dal cesareo d’emergenza dei medici dell’ospedale kuwaitiano di Rafah, nata mentre la mamma, incinta di trenta settimane, la vita la perdeva. La piccola subito dopo il parto era stata messa in una incubatrice nel reparto di terapia intensiva neonatale di un altro ospedale. Ma, purtroppo, l’amore con il quale i medici tutti avevano pompato aria in quel piccolo corpicino non è bastato a salvarla.
Le piccole vittime
Mentre Israele continua a negare di prendere deliberatamente di mira i civili della Striscia di Gaza nella sua guerra contro Hamas, i numeri delle piccole vittime aumentano vertiginosamente. Circa 15mila i piccoli morti in totale, secondo fonti della Striscia, di cui circa 30 negli ospedali a causa della fame e della disidratazione acuta.
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