A marzo record di calore globale, Fiorani: “Più coraggio per contrastare il fenomeno"
Giulia Mutti – Città del Vaticano
Marzo 2024 è stato il mese più caldo di sempre e la Terra ha stabilito un nuovo record mensile di calore globale. Lo ha rivelato nei giorni scorsi Copernicus, il servizio meteo dell'Unione europea che ha certificato che il mese passato la temperatura media è stata di 14,4 gradi, superiore di quasi 1 grado rispetto alla media rilevata nel trentennio tra il 1991 e il 2020. Inoltre, Copernicus ha messo in luce che il mese di marzo è stato di 1,68 gradi più caldo della media di marzo del cinquantennio tra il 1850 e il 1900. Questo periodo è stato preso come punto di riferimento per i rilevamenti climatici in quanto periodo pre-industriale, quando, di fatto, non venivano ancora utilizzati i combustibili fossili che, attualmente, “sono la causa principale del cambiamento climatico”, spiega a Radio Vaticana - Vatican News Luca Fiorani, professore di ecologia e sostenibilità all’Istituto Universitario Sophia.
Il cambiamento climatico e le sue conseguenze
“Le evidenze scientifiche - commenta Fiorani - mostrano che siamo noi la causa principale del cambiamento climatico. L’uomo, bruciando combustibili fossili, immette in atmosfera gas climalteranti. Ciò produce un effetto serra che permette al calore di aumentare sempre di più”. Non più un fenomeno occasionale, dunque, ma uno degli indici che mette in luce quanto la temperatura mondiale stia aumentando. Di fatto “dal 2000 gli anni gareggiano ad essere l’anno più caldo mai registrato”, aggiunge l'esperto. E il fenomeno è purtroppo destinato a peggiorare nei prossimi anni con conseguenze sempre più disastrose. “Dobbiamo aspettarci - è l'avvertimento del professore - eventi che già iniziamo a conoscere, situazioni che 20 o 30 anni fa erano dei modelli teorici e che oggi sono raccontate tra le pagine dei giornali: ondate di calore con conseguente morte prematura degli anziani; episodi di siccità elevata che mette in ginocchio le agricolture mondiali; eventi metereologici estremi come piogge torrenziali e inondazioni”.
Le politiche internazionali
La comunità internazionale è consapevole dei rischi ai quali va incontro la popolazione mondiale a causa del cambiamento climatico. Di conseguenza, “la negoziazione internazionale è arrivata al punto di elaborare l’Accordo di Parigi che obbliga gli Stati a smettere di emettere gas climalteranti entro il 2050”. Tuttavia, non è certo se e quando verranno raggiunti gli obiettivi prefissati a causa dell’inerzia della natura. “Anche se dovessimo smettere di emettere gas climalteranti nel periodo prefissato dall’Accordo - è la previsione di Fiorani - ormai questi circolano nell’atmosfera e ci vorranno anni o decenni affinché la natura torni ad un punto di equilibrio”. Tutto ciò che l’uomo può fare è adattarsi, il che significa "un maggiore spostamento di popoli e una maggiore resilienza di fronte a eventi metereologici estremi, così come un utilizzo più sostenibile dell’acqua in agricoltura”.
Il panorama internazionale
Secondo il professor Fiorani, a livello internazionale ci sono “Stati che potranno beneficiare del cambiamento climatico, come le nazioni del nord Europa, dove il clima diventerà più mite. A livello complessivo, però, la situazione non è buona”. Dal punto di vista politico, invece, ci sono grandi blocchi. Il mondo, alle prese con le guerre, è meno attento a questo problema. “Se l’Unione europea è un esempio positivo di lotta al cambiamento climatico con proposte coraggiose, gli Stati Uniti hanno adottato politiche più timide”. Un atteggiamento ancora più scettico per i Paesi come l’India e la Cina, più preoccupati dallo sviluppo, piuttosto che dal contrasto ai cambiamenti climatici. “La Cina propone la non emissione di gas climalteranti per il 2060 e l’India per il 2070. Un arco temporale troppo lungo - conclude Fiorani - quando dovrebbero essere i Paesi ricchi e industrializzati ad essere più coraggiosi e aiutare i Paesi in difficoltà”.
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