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Per gentile concessione dell'Archivio Saglietti, Monastero Deir Mar Musa, Siria Per gentile concessione dell'Archivio Saglietti, Monastero Deir Mar Musa, Siria

Padre dall'Oglio nelle fotografie di Ivo Saglietti a Deir Mar Musa

È stata inaugurata nel Castello di Govone, in provincia di Cuneo, una mostra con gli scatti del celebre reporter che più volte fu ospitato nel monastero in Siria dove dimorava il gesuita scomparso undici anni fa, e che documenta la vita quotidiana alle prese con le sfide del dialogo in una terra devastata dalla guerra. La curatrice Bonomo: nella foto scelta come icona dell'esposizione c'è la sintesi della capacità di cogliere il senso profondo dei sentimenti umani e dell'opera del missionario

Antonella Palermo - Città del Vaticano

"Le tue foto per noi sono un richiamo, un monito, un programma e pure un incoraggiamento". Così il gesuita padre Paolo Dall'Oglio, scomparso in Siria undici anni fa, scriveva al reporter Ivo Saglietti che varie volte (nel 2004, e poi ancora nel 2010) si recò al monastero Deir Mar Musa el-Habasci per documentarne scene di vita quotidiana. Nacque un'amicizia profonda e un lavoro importante approdato prima nel libro Sotto la tenda di Abramo (2004, ed. Peliti), poi, a distanza di vent'anni, in Ritorno a Deir Mar Musa. L'utopia di padre Paolo Dall'Oglio" (Emuse). Quest'ultimo ha dato il nome alla mostra, inaugurata il 13 aprile al Castello Reale di Govone (CN), la quale fa a sua volta il paio con la retrospettiva ad Alba dedicata all'autore. 

La fratellanza in un abbraccio

Padre Paolo approdò in Medio Oriente nel 1977 "per servire l'impegno della Chiesa nel mondo musulmano", scriveva egli stesso. La foto scelta come icona dell'esposizione è un abbraccio, quello tra padre Dall'Oglio e un esponente musulmano: un abbraccio carico di entusiasmo, energia, fratellanza, in cui "c’è la sintesi di tutta la capacità fotografica di un reporter in grado di cogliere il senso profondo dei sentimenti umani", osserva la curatrice Tiziana Bonomo. È una foto significativa anche per la presenza, sullo sfondo, di una bambina che guarda la scena sorridente, sull'uscio di una porta aperta: il simbolo di una via di dialogo, di un passaggio possibile, di quell'apertura tanto ricercata e auspicata e praticata dal missionario italiano in Siria. "Mi auguro che anche delle scolaresche possano vedere questa mostra", aggiunge la curatrice nonché fondatrice di ArtPhotò, convinta che le nuove generazioni possano conoscere molto, proprio attraverso questi scatti, di una terra frontiera tra Oriente e Occidente dove il sogno di una pacifica convivenza è messo a dura prova da una guerra ultradecennale che ancora perdura. 

Padre Paolo Dall'Oglio in una foto di Saglietti a Deir Mar Musa
Padre Paolo Dall'Oglio in una foto di Saglietti a Deir Mar Musa

Osservare la quotidiana sfida del dialogo

Premio World Press Photo nel 1992, documentarista in America Latina, Medio Oriente, Afica e Balcani, Ivo Saglietti era particolarmente attratto da questo sito antichissimo siro-antiocheo da cui lo stesso padre Paolo rimase affascinato dopo avervi trascorso una decina di giorni in un ritiro spirituale. Un luogo su cui si sono subito concentrati gli sforzi di ricostruzione dei monaci e a cui il gesuita ha profuso tante energie. Lo si vede in una delle foto dove balza all'occhio l'agonismo con cui si cerca di fissare un crocifisso sulla roccia impervia. Un luogo dove la contemplazione di orizzonti mozzafiato si unisce al canto corale nella preghiera e alla convivialità dei pasti e del suonare insieme. Ivo ci entra in punta di piedi, da osservatore partecipante che restituisce un bianco e nero autentico, terrestre e celeste a un tempo. I monaci fotografati sono uomini e donne di diverse Chiese e Paesi che ogni giorno sperimentano la difficoltà e la ricchezza della diversità, mostrando che si può vivere insieme la fede in Dio. 

Dall'Oglio: fotografare non è compiacimento 

"Ho conosciuto Saglietti più di trent’anni fa e mi sono da subito innamorata delle sue immagini. Le prime erano su Haiti, estremamente povera con i suoi abitanti che mi avevano colpito proprio per la carica di umanità e contegno", racconta ancora Bonomo. Noto anche per aver documentato in giro per il mondo il modo di diffondersi di malattie infettive di grande impatto (tubercolosi, malaria, aids), Ivo, morto alla fine dell'anno scorso, ha scattato in Siria una delle ultime volte nell'ambito di un lavoro in cui osservava il passaggio delle persone migranti che cercavano di arrivare in Europa attraverso la Grecia. Era il 2018. Nella mostra visitabile in Piemonte fino al 26 maggio, sono esposti anche alcuni testi, in parte tratti dalle lettere tra il gesuita e il reporter. Ne emerge una reciproca ammirazione per un'opera che potrebbe definirsi missionaria per entrambi, dove il sentire religioso da un lato diventa sentire artistico dall'altro e viceversa. In entrambi i vissuti c'è infatti un medesimo ardore misto a tenerezza, una solidarietà che non sfocia mai in voyerismo. "La tua macchina fotografica è discreta", scriveva padre Paolo, "non è per rubare le immagini, è piuttosto per riceverle con cortesia e rispetto". Nello scambio epistolare tra i due, Dall'Oglio mette in guardia da una tentazione contemporanea che gli faceva paura: il desiderio di esibire, la vanagloria, il compiacimento. "Mi pare che questo mondo abbia bisogno sì di predicazione - sottolineava - ma che sia stufo di parole. Presto sarà stufo anche d'immagini". 

Archivio Saglietti, Deir Mar Musa
Archivio Saglietti, Deir Mar Musa

Saglietti, una spiritualità affiorata a Deir Mar Musa

"Un uomo di grande umanità e di vita" che ha mutuato l'ospitalità, tra le virtù più alte nel mondo semita, nel deserto come cifra distintiva, e che ha creduto fino in fondo alla sorellanza delle fedi: così ricorda Dall'Oglio il direttore dell'Archivio Saglietti Federico Montaldo. "Saglietti si professava un non credente e aveva trovato in padre Dall’Oglio una grande apertura. Lui aveva una spiritualità molto intensa e che forse neppure lui conosceva bene. Faceva la vita degli abitanti del monastero. Lo scatto era per lui sempre pensato, era solo l’ultima fase di immersione in una situazione. Costruire una narrazione gli prendeva molto tempo. E qui la storia è stata quella di restituire l’esperienza di condivisione". Dall'Oglio scriveva che l'amicizia cambia dentro, "ti rimpasta nella relazione sociale, spirituale, culturale". In una foto c'è un fascio di luce che lo pervade mentre sale su una montagna. Ivo ha riferito di aver detto in quella circostanza a padre Dall'Oglio che la situazione stava diventando pericolosa; Paolo mostrava fiducia, che non sarebbe successo nulla. Ivo ebbe a dire: "Quando le foto possono essere premonitrici".

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Alcuni scatti di Ivo Saglietti a Deir Mar Musa
16 aprile 2024, 12:41