Rwanda, 30 anni fa iniziava il genocidio dei Tutsi
Michele Raviart - Città del Vaticano
Con l’accensione della fiamma al memoriale di Gisozi, nella capitale Kigali, il Rwanda ricorda oggi i 30 anni del genocidio che costò la vita a 800 mila persone, principalmente di etnia Tutsi, durante cento giorni di massacri. Il presidente del Rwanda Paul Kagame, che con le sue milizie contribuì alla fine delle violenze rovesciando il governo di etnia Houti e che è alla guida del Paese dal 2000, presiederà la commemorazione, alla presenza dell’ex presidente degli Stati Uniti Bill Clinton, alla Casa bianca nel 1994 e del presidente israeliano Isaac Herzog. Il presidente francese Emmanuel Macron, che tre anni fa riconobbe le responsabilità della Francia – maggiore alleato occidentale del Rwanda – nel non aver fermato il genocidio, ha inviato un videomessaggio in cui ha ribadito le mancanze della comunità internazionale.
Cento giorni di violenze
Il 6 aprile 1994 l’aereo che trasportava il presidente Juvènal Habyarimana, di etnia Houti, fu abbattuto da un missile, uccidendo lui e tutti passeggeri. L’attacco, le cui responsabilità non sono mai state definitivamente chiarite, scatenò dal giorno seguente le violenze degli Houti – esercito, milizie, ma anche cittadini comuni – contro la minoranza Tutsi, vittima di una campagna di propaganda d’odio. Dopo la conquista di Kigali da parte delle forze del Fronte patriottico rwandese di Kagame, centinaia di migliaia di Houti lasciarono il Paese, rifugiandosi principalmente nella vicina Repubblica Democratica del Congo.
La difficile riconciliazione
In questi 30 anni il Rwanda ha portato avanti un difficile percorso di riconciliazione, a partire dai tribunali comunitari – i “gacaca” - in cui le vittime giudicano e ascoltano le testimonianze dei loro aguzzini, mentre ancora si trovano fosse comuni risalenti al periodo della guerra civile. Per il governo rwandese centinaia di persone sospettate di aver partecipato al genocidio sono ancora libere nella vicina RDC e in Uganda. 28 le persone estradate dall’estero di cui sei dagli Stati Uniti.
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