Sudan, primo anniversario della guerra civile: si aggrava la crisi umanitaria
Marco Guerra e Giulia Mutti – Città del Vaticano
“La guerra potrebbe portare alcune regioni del Sudan alla carestia e l’emergenza potrebbe estendersi ai Paesi africani limitrofi a meno che i combattimenti non finiscano”. Le Nazioni Unite hanno lanciato lo scorso venerdì 12 aprile un nuovo monito sulla situazione in Sudan, in vista del primo anniversario dello scoppio del conflitto, che ricade oggi, 15 aprile, tra l’Esercito regolare comandato da generale al-Burhan e i paramilitari delle Forze di Supporto rapido (RSF) del generale Dagalo. Una guerra che ha bloccato il difficile processo di transizione democratica, che era timidamente iniziato dopo decenni di potere esercitato dal presidente Omar al-Bashir. L'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Volker Turk, ha avvertito che è in atto "un'ulteriore escalation di violenza e che non si deve permettere che questa situazione catastrofica continui".
Oltre 10 milioni di sfollati
Durante quest’anno di violenze, il Darfur e la capitale Khartoum sono state le aree più interessate dai combattimenti. La guerra ha provocato circa 15 mila morti, molti dei quali civili. Gli sfollati sudanesi sono circa 10, 7 milioni, il più alto numero al mondo, di questi oltre due milioni hanno trovato rifugio nei Paesi confinanti. Il 50% dei bambini e delle bambine, almeno 14 milioni, ha bisogno di assistenza umanitaria. Le Ong in questi giorni parlano di attività umanitaria in crescente difficoltà. In una nota, Medici Senza Frontiere sostiene che si tratta di “una delle peggiori crisi mondiali degli ultimi decenni, il Sudan sta affrontando una colossale catastrofe causata dal genere umano”. Emergency riferisce che Khartoum è una città fantasma e che Port Sudan ha ormai le sembianze di un enorme campo profughi. La città sul Mar Rosso ospita oltre 500 mila sfollati tra cui molti membri della Chiesa locale fuggiti dalla capitale.
Gli schieramenti sul terreno
Dal punto di vista militare, sul campo le Forze di Supporto Rapido controllano gran parte di Khartoum, quasi tutto il Darfur e ampi spazi del Kordofan; mentre l'esercito ha recentemente riconquistato Omdurman, grande agglomerato urbano dall’altra parte del Nilo rispetto alla capitale, e controlla il nord e l'est del Paese, compreso il principale porto del Sudan sul Mar Rosso. Entrambe le parti hanno commesso abusi, affermano le Nazioni Unite e gli Stati Uniti.
La Conferenza di Parigi
Intanto oggi, nel giorno in cui ricorre il primo anniversario della guerra, a Parigi si tiene una Conferenza internazionale per il Sudan, dove governi, donatori e organizzazioni umanitarie discuteranno su come migliorare la fornitura di aiuti umanitari. L’evento, organizzato dal governo francese, è stato fortemente criticato dal ministero degli Esteri sudanese, che ha condannato il fatto che la Francia ospiti una conferenza umanitaria per il Sudan "senza consultare il governo del Sudan o coordinarsi con esso e senza la sua partecipazione". Durante l'appuntamento, l'Alto rappresentante per la politica estera Ue, Josep Borrell, ha sottolineato: “Ci deve essere una tregua per consentire agli operatori di agire; bisognerà pensare anche a chiedere responsabilità attraverso l'applicazione di sanzioni".
Cittadini italiani evacuati
“Stiamo assistendo al più grande fenomeno di sfollamento nel mondo; tuttavia, i numeri sono sottostimati perché sappiamo che i dati potrebbero essere peggiori. Inoltre, i cittadini italiani presenti nel territorio sono stati evacuati durante i primi mesi di conflitto e dunque non abbiamo una visione completamente chiara di quello che sta accadendo”, sottolinea il giornalista freelance Tommaso Meo a Radio Vaticana - Vatican News. La situazione si aggrava di giorno in giorno e anche i finanziamenti umanitari sembrano essere insufficienti. “La popolazione ha bisogno di aiuti umanitari. Per il momento sono arrivati solo il 5% dei 4 miliardi che l’Onu ha previsto che servano a sfamare la popolazione”. Un numero basso che mette in luce l’indifferenza del panorama internazionale di fronte a conflitti sempre più spesso dimenticati.
La "non narrazione" nei media
“L’Africa come continente e le guerre interne ci sembrano distanti. Il racconto dell’Africa è sempre stato periferico, soprattutto per i media italiani”, spiega ancora il giornalista. Una "non narrazione" alimentata dalle altre crisi internazionali, tra cui la guerra in Ucraina e in Medio Oriente, che distolgono l’attenzione da guerre di portata minore, ma non meno violenti. Per fronteggiare il conflitto sudanese “l’aiuto umanitario non è adeguato e la situazione potrebbe essere risolta cercando di mantenere alta l’attenzione sui fatti che coinvolgono il Paese”, commenta Meo. Con la Conferenza di Parigi, si riaccendono quindi i riflettori su questa realtà dimenticata: speranza del giornalista è che "gli attori internazionali diano un messaggio chiaro e concreto per maggiori aiuti umanitari. Sul fronte, commenta il giornalista, è necessaria una maggiore influenza degli attori regionali e internazionali”. La guerra sul campo, aggiunge, non porterà ad una soluzione decisiva: "Deve finire attraverso una mediazione. Ci sono stati diversi tentativi durante questo anno, ma anche questi colloqui non hanno avuto risultati. Quello che la maggior parte delle persone si augura è un maggior peso della politica americana che potrà ribaltare le sorti del conflitto”.
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