La Corte dell’Aja chiede a Israele di fermare le operazioni a Rafah
Roberta Barbi – Città del Vaticano
Fermare immediatamente l’operazione a Rafah, la città nell’estremo sud della Striscia di Gaza in cui sono sfollate migliaia di persone, tenere aperto il valico al confine con l’Egitto per consentire l’ingresso degli aiuti umanitari a una popolazione in condizioni “disastrose” e permettere l’ingresso degli investigatori nella Striscia. A fronte di questo, la liberazione immediata e incondizionata di tutti gli ostaggi da parte di Hamas. Sono queste le richieste contenute nella sentenza della Corte internazionale di Giustizia dell’Aja emessa ieri, venerdì 24 maggio, dopo una nuova sollecitazione del Sudafrica.
Le reazioni delle parti in causa
Giudicata “insufficiente” da Hamas che chiede un cessate il fuoco su tutta la Striscia, una richiesta sostenuta anche dall’Autorità nazionale palestinese second cui la sentenza dimostrerebbe “un consenso internazionale sulla fine della guerra a Gaza”. Israele, da parte sua, afferma di non portare avanti operazioni che potrebbero creare condizioni tali da causare la distruzione della popolazione civile palestinese, e definisce le accuse di genocidio avanzate dal Sudafrica “false, oltraggiose e disgustose”. In un colloquio con il segretario di Stato americano Blinken, l’ex capo di Stato maggiore israeliano ha ribadito che il Paese combatte “una guerra giusta e necessaria per riportare a casa gli ostaggi e garantire la sicurezza dei propri cittadini”.
Guterres: sentenza è vincolante
Il segretario generale dell’Onu Antonio Guterres ha sottolineato che le sentenze della massima corte delle Nazioni Unite sono “vincolanti” e confida “che le parti rispettino debitamente l’ordine della Corte”. Già a gennaio e marzo scorsi il tribunale si era pronunciato sulla guerra a Gaza, in particolare intimando di garantire la fornitura senza ostacoli e su vasta scala degli aiuti umanitari. Intanto, nonostante il pronunciamento, sono continuati i raid su Rafah, in particolare nel quartiere di Shaboura dove sono stipati migliaia di rifugiati, e a Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza, dove Israele ha fatto sapere di aver ritrovato i corpi di altri tre ostaggi uccisi nell’attacco del 7 ottobre.
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