Haiti, nuovo tentativo di mediazione internazionale per ristabilire la pace
Giulia Mutti – Vatican News
Haiti deve diventare una priorità nel panorama internazionale e serve un’agenda per la transizione democratica nel Paese. Questo il tema al centro del colloquio promosso dall'Accademia internazionale dei leader cattolici. Gli organizzatori, Rocco Buttiglione, il presidente e Mario Paredes, membro del Consiglio di amministrazione, esprimono grande preoccupazione e invitano la comunità internazionale a dare un contributo sostanziale al Paese in crisi da tempo. “I Paesi dell'America Latina, come è successo in passato, devono aiutare Haiti a ricostituire le forze di polizia e a ripristinare le condizioni fondamentali dell'ordine pubblico, sono poi necessarie elezioni libere sotto controllo internazionale per ricostruire il rapporto tra lo Stato e i cittadini”, afferma Buttiglione.
La situazione ad Haiti
Da mesi il Paese sta vivendo una situazione drammatica in cui lo Stato ha perso il monopolio della forza e la popolazione è indifesa contro bande armate di trafficanti di droga e di criminali che da febbraio hanno preso il controllo di parte del territorio e preteso le dimissioni del primo ministro Ariel Henry. Il 23 aprile scorso a Port-au-Prince si è insediato il nuovo Consiglio presidenziale di transizione che è chiamato al difficile compito di ripristinare l'ordine nel Paese. Il passo successivo potrebbe essere quello di elezioni libere sotto il controllo internazionale entro febbraio 2026. L’obiettivo è quello di eliminare il clima di violenza che coinvolge il territorio e creare una nuova fiducia tra governo e cittadini. “La crisi della nazione risale a circa 30 anni fa e dall’epoca le cose sono peggiorate”, commenta Paredes. Haiti rappresenta, infatti, un ponte per il traffico di sostanze stupefacenti che passano per il suo territorio e proseguono su altre rotte tra cui quella statunitense.
La Chiesa come mediatrice di pace
Martedì 28 aprile Papa Francesco ha espresso grande vicinanza alla popolazione haitiana. “La Chiesa è l'unica realtà che ha un rapporto vivo con la gente e può parlare a nome della gente - spiega Buttiglione - la ricostruzione deve partire da questo perché il dialogo tra politica e Chiesa è fondamentale”. E' il motivo per cui l’iniziativa dell’Accademia nasce dalla coscienza dei cristiani, dei laici e dei sacerdoti presenti sul territorio. La Chiesa ha il compito di rinsaldare la fiducia tra il popolo e il governo e di favorire un piano di sviluppo economico e sociale. Di fatto, la Chiesa ha già un grande ruolo all’interno del Paese. “Abbiamo fondato l'Università Cattolica di Haiti 40 anni fa, la Scuola di infermieristica e la Scuola di agricoltura - spiega Paredes -. Devo dire senza timore che oggi il popolo haitiano sopravvive grazie alla carità, alla gentilezza e alla solidarietà delle Chiese, sia cattoliche sia protestanti”.
Il silenzio della comunità internazionale
La Chiesa non può agire da sola sul territorio, ma ha bisogno del sostegno della comunità internazionale che si è dimostrata completamente assente nel fronteggiare la crisi in corso. Le Nazioni Unite e i principali attori internazionali come Stati Uniti, Canada e Francia, prosegue Paredes, sembrano totalmente indifferenti. Tuttavia, è necessaria un'azione urgente. La leadership haitiana è pronta ad affrontare il cambiamento, ma ha bisogno di aiuto ed è per questo che la Chiesa è molto determinata ad accompagnare questo processo. “Confidiamo - conclude - che il colloquio del 4 maggio abbia davvero un impatto sulla società latinoamericana e su Haiti stessa al fine di ristabilire la cooperazione, l'aiuto, la solidarietà e il rispetto per le istituzioni minime che al momento non sono presenti all’interno del Paese”.
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