Nuovi raid su Gaza. Spagna, Irlanda e Norvegia riconoscono lo Stato di Palestina
Paola Simonetti – Città del Vaticano
Indiscrezioni del Washington Post, parlano di una possibile frenata di Israele sulla programmata offensiva di terra a Rafah, ma nella Striscia l’attacco dal cielo prosegue con drammatica intensità: almeno 16 le persone uccise negli ultimi raid israeliani sull’area, che hanno preso di mira anche gruppi di civili sfollati. Sarebbe, intanto, salito a otto morti il bilancio dell'operazione lanciata nei giorni scorsi dalle forze israeliane a Jenin, in Cisgiordania. Nell'operazione sarebbero rimaste anche ferite 21 persone, alcune delle quali in modo grave. La Mezzaluna rossa, denuncia che le forze israeliane hanno bloccato l'ambulanza che trasportava il corpo dell'ultima vittima verso l'ospedale.
Contrastanti reazioni all’incriminazione di Netanyahu
Intanto, a dividere le posizioni in Europa è la proposta di arresto per crimini di guerra e contro l’umanità del premier israeliano, Benjamin Netanyahu, del ministro della difesa, Yoav Gallant, oltre che dei vertici di Hamas, da parte della Corte Penale Internazionale. Provvedimenti fortemente sostenuti da Francia e Belgio, criticati invece da Germania, Gran Bretagna e Italia e con gli Stati Uniti che valutano sanzioni contro con la Corte. La Norvegia, che ha fatto sapere che sarà pronta ad arrestare Netanyahu se la Corte penale internazionale emettesse il mandato contro il premier israeliano e quest'ultimo entrasse su territorio norvegese, ha intanto annunciato che riconoscerà lo Stato palestinese dal 28 maggio, così come annunciato dalla Spagna. Un riconoscimento che, dal canto suo l'Irlanda ha già ufficializzato nelle ultime ore: l'annuncio è stato dato dal primo ministro irlandese, Simon Harris, in una conferenza stampa. E alla luce di questi provvedimenti in Europa, il ministro degli Esteri israeliano, Katz ha ordinato "l'immediato ritorno in Israele" degli ambasciatori in Irlanda e Norvegia "per consultazioni.
L’emergenza umanitaria a Gaza
Sempre più difficoltose si rivelano le attività di assistenza alla popolazione. L'Onu ha deciso di sospendere la distribuzione degli aiuti a Gaza per mancanza di sicurezza e anche gli arrivi attraverso il molo galleggiante realizzato dagli Stati Uniti sono bloccati da due giorni. Secondo quanto riferisce il Guardian, anche il progetto di utilizzare quel passaggio per gli aiuti via mare è a rischio proprio a causa della mancanza di garanzie per le agenzie umanitarie da parte di Israele. La disperata situazione umanitaria dell’area, vede in pesante difficoltà anche gli ospedali, che l'Organizzazione mondiale della sanità denuncia funzionanti solo per il 30%. Un accordo siglato fra Oms e governo giapponese per lo stanziamento di 10 milioni di dollari mira a rafforzare proprio la risposta all'emergenza sanitaria nella Striscia. L'Organizzazione mondiale della sanità ha spiegato che i finanziamenti provenienti da Tokyo "giocheranno un ruolo fondamentale nel mantenere la funzionalità delle strutture sanitarie dell'enclave palestinese fornendo medicinali essenziali e attrezzature e forniture".
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