Save the Children: maternità in Italia, la sfida delle donne in equilibrio tra lavoro e cura
Giulia Mutti – Città del Vaticano
“Prima di avere figli, lavoravo. Da quando ho figli non lavoro più. Non dovrebbe esser un impedimento avere dei bambini. Rimanere in casa tutto il giorno non è facile, per me tornare a lavorare sarebbe un grande passo”. Valentina da Bari è una delle tante madri italiane che sono state costrette a lasciare il lavoro per prendersi cura dei figli. Le sue parole vengono affidate al rapporto “Le Equilibriste, la maternità in Italia 2024” elaborato da Save the Children e diffuso oggi, mercoledì 8 maggio a pochi giorni dalla Festa della Mamma. In Italia, una lavoratrice su cinque esce dal mercato del lavoro dopo aver dato alla luce un figlio, così come rilevato dal rapporto che indica come le donne si trovino costrette sempre di più ad affrontare un equilibrio precario tra il lavoro e la cura della famiglia.
La crisi delle nascite
Il 2023 ha registrato un nuovo minimo storico delle nascite in Italia, ormai stabilmente ferme sotto le 400 mila unità, con un calo del 3,6% rispetto al 2022. Inoltre, sempre secondo quanto rilevato da Save the Children, l’Italia è anche il Paese europeo con la più alta età media delle donne al momento della nascita del primo figlio che si attesta a circa 32 anni, con una percentuale in crescita di bambini nati da mamme over 40. “In Italia si parla molto della crisi delle nascite – spiega Daniela Fatarella, Direttrice generale di Save the Children Italia - ma non si dedica sufficiente attenzione alle condizioni concrete di vita delle mamme, che sono le equilibriste di oggi, sulle quali grava la quasi totalità del lavoro di cura”.
Tasso di occupazione femminile e gender gap
“Mi sono licenziata perché con la seconda gravidanza era diventato ingestibile conciliare il lavoro e la famiglia”, racconta un’altra testimone, Miriam da Torino. È proprio sulle madri, infatti, che molto spesso grava il peso della gestione dell’intera famiglia. “Una spia delle difficoltà che le madri affrontano nel conciliare impegni familiari e lavorativi – si legge nel rapporto - è rappresentata dal numero di donne occupate di età compresa tra i 25 e i 54 anni: a fronte di un tasso di occupazione femminile del 63,8%, le donne senza figli che lavorano raggiungono il 68,7%, mentre solo poco più della metà di quelle con due o più figli minori ha un impiego (57,8%)”. A ciò si aggiungono i dati delle dimissioni volontarie post-genitorialità e a dimettersi “sono principalmente le madri, al primo figlio ed entro il suo primo anno di vita”. “Attraverso i dati del 2023- spiega Antonella Inverno, Responsabile Ricerca e Analisi Dati di Save the Children Italia - si segnala un divario estremamente forte tra i padri e le madri nel mercato del lavoro. Alla nascita di un figlio mentre le madri sono penalizzate e una su cinque esce dal mercato, i padri sembrano premiati e il tasso di occupazione sale”.
Tra lavoro e cura, uno Stato assente
Tra le motivazioni che spingono una madre a lasciare l’impiego non c’è solo la difficoltà di trovare un equilibrio tra il mondo lavorativo e quello famigliare, una delle ragioni è anche la mancanza di servizi di assistenza statali. Donatella da Bari racconta: “Quando sono nate le gemelline ero al settimo cielo, ma poi è iniziato a crollarmi il mondo addosso, ho chiesto aiuto alle istituzioni ma non mi hanno indirizzato da alcuna parte”. Serve un impegno per invertire la rotta. “Dobbiamo investire per aiutare e sostenere di più le famiglie e chi intende fare dei figli - precisa Antonella Inverno - non più solo con trasferimenti economici, come l’Assegno Unico, ma anche migliorando la qualità e la quantità dell’offerta dei servizi nel Paese”. Diversa la situazione in Francia dove vive Francesca: “Lo Stato è presente e le mamme si sentono meno sole”. Anche a Monaco di Baviera, come conferma Valentina, la situazione sembra migliore. Dal 2019, infatti, più del 60% dei governi a livello globale hanno adottato politiche volte a influenzare il livello della fecondità. Il supporto della comunità resta dato necessario affinché “una donna-mamma si realizzi”. È questa, per tutte loro, “la cosa fondamentale per i genitori di domani”.
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