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L'atleta paralimpico Amelio Castro Grueso con il suo allenatore Daniele Pantoni L'atleta paralimpico Amelio Castro Grueso con il suo allenatore Daniele Pantoni  (cem)

La sorridente “pazzia” di Amelio lo schermidore

Da un crudo dramma personale e familiare la straordinaria storia sportiva di riscatto e di fede di un atleta paralimpico colombiano

di Daniele Pantoni

Alleno l’atleta paralimpico Amelio Castro Grueso, dal settembre 2022, nel Centro sportivo della Fiamme Oro-Polizia di Stato a Tor di Quinto. Amelio, oltre ad avere capacità schermistiche, testimonia grandi valori umani, resi forti dalla sua fede, e una positività che gli permettono di affrontare sorridendo le difficoltà della vita.

Amelio è nato nel 1992 in una zona difficile della Colombia. In questo contesto è stata uccisa  sua mamma, vero riferimento per lui e i suoi 6 fratelli. Amelio non ha ceduto alla logica della vendetta. Ventenne, in un incidente stradale, ha perso l’uso delle gambe. Per quattro anni è rimasto in ospedale in gravi condizioni, abbandonato dalla famiglia che non poteva aiutarlo. Eppure Amelio, che non porta alcun rancore, lo descrive come il «periodo migliore della mia vita» perché si è avvicinato a Dio. La sua forza è proprio la sua fede. Dice: «Non sono mai solo perché Dio è con me sempre e mi rende felice».

Nel 2017  ha iniziato con la scherma paralimpica. Nel 2018 ero a Cali con la Nazionale italiana di spada, per la Coppa del mondo: Amelio mi si è avvicinato per fare una lezione di scherma ed è nato un rapporto di amicizia. L’idea era di aiutarlo a venire in Italia per allenarsi con la nostra squadra paralimpica. Ma il Covid ha bloccato il progetto.

Nel settembre 2022 ha deciso  di venire comunque in Italia (con un visto di 3 mesi) per allenarsi da professionista. Senza avvisarmi. Quando mi ha chiamato era già a Madrid, dove aveva fatto scalo, mentre io ero a Sydney con la Nazionale italiana. Aveva prenotato un albergo economico alla stazione Termini: purtroppo non c’era l’ascensore.  Il primo sostegno lo ha avuto dalla comunità colombiana a Roma e dalla Caritas che lo ha accolto a via Marsala.

Gli ho detto che era stato un incosciente a partire senza un appoggio e con pochi soldi in tasca. La sua risposta mi ha spiazzato: «Profe (così mi chiama), vengo da una zona dove  possono spararti  per rubarti la carrozzina, il Signore non mi ha mai abbandonato, neanche quando ero solo e paralizzato in ospedale, perché dovrebbe farlo ora che ho braccia forti e una carrozzina che può portarmi ovunque... e soprattutto che futuro avevo a casa?».

Da quel momento ho scelto di aiutare questo ragazzo coraggioso e incosciente a realizzare il suo sogno paralimpico. Ha deciso di  chiedere la “protezione internazionale” e a luglio 2023 ha ottenuto lo status di rifugiato. Per un anno ha alloggiato alla Caritas. Ora vive nel  Centro del Sistema accoglienza e integrazione di 2° livello, a Centocelle. Ma la palestra delle Fiamme Oro, dove si allena, è distante: bus e metro non hanno  pedana o ascensore per i disabili. Deve chiedere aiuto o arrangiarsi, e ci vogliono 2 ore spingendosi con la carrozzina. È anche caduto in mezzo alla strada e — confida con amarezza — nessuno si è fermato ad aiutarlo.

Mai l’abbiamo sentito lamentarsi per i problemi di un rifugiato con disabilità e mai ha saltato gli allenamenti. Ha una grande dignità e la certezza che il suo cammino è illuminato dal Signore. Alle Fiamme Oro siamo tutti colpiti dal suo sorriso e lui ci testimonia che con la fede non si può che sorridere.

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10 luglio 2024, 14:52