Attentato a Trump, Santa Sede e vescovi Usa: ferita alla democrazia, no alla violenza
Alessandro De Carolis - Città del Vaticano
L’incubo dell’America, presidenti - in questo caso ex ma di nuovo in corsa - che finiscono del mirino di chi vuole eliminarli. Stavolta è toccato a Donald Trump, per lui un dramma sfiorato, costato una ferita all’orecchio destro, ma che ferisce molto di più la coscienza di un Paese che si prepara alle presidenziali di novembre in un clima fortemente polarizzato.
La Santa Sede: non prevalgano le ragioni dei violenti
Uno scenario che preoccupa anche la Santa Sede e nella tarda mattinata di oggi, 14 luglio, nel rispondere alle domande dei giornalisti, la Sala Stampa vaticana ha riferito che l’episodio di violenza di ieri notte "ferisce le persone e la democrazia, provocando sofferenza e morte". Assieme ai vescovi statunitensi, chiude la breve nota, la Santa Sede prega "per l’America, per le vittime e per la pace nel Paese, perché non prevalgano mai le ragioni dei violenti”.
L'attentato
Trump si trovava alle 18 ora della Pennsylvania a Butler per un comizio, circondato dalla folla. Verso le 18.20 alcuni colpi secchi risuonano in aria, le immagini mostrano l’ex presidente portarsi una mano all’orecchio e poi abbassarsi sotto il podio mentre gli uomini del servizio di sicurezza scattano per fargli scudo e mentre dalla folla si levano urla terrorizzate. Si conteranno purtroppo un morto e due feriti anche tra il pubblico. Trump viene aiutato a rimettersi in piedi poco dopo, un lato del viso è striato di sangue e prima di essere scortato via ha modo di gridare per tre volte “fight!” alzando il pugno destro. Gli spari sono arrivati dal tetto di un edificio non lontano, dove il giovane cecchino, un 20.enne di nome Thomas Matthew Crooks, si era posizionato con un fucile eludendo i controlli e dove ha trovato la morte per mano degli agenti di sicurezza.
Biden: non c'è spazio per questo in America
Il presidente Biden, che chiamerà più tardi Trump per sincerarsi delle sue condizioni, stigmatizza senza riserve l’attentato con un post su X: “Non c'è posto per questo tipo di violenza in America. Dobbiamo unirci come una nazione per condannarla”, scrive, mentre l’onda dei commenti negli Usa e nella comunità internazionale diventa di ora in ora un coro compatto di riprovazione.
La Chiesa Usa: la violenza non serve in politica
Anche la Chiesa statunitense fa sentire la sua voce. “Assieme ai miei fratelli vescovi, condanniamo la violenza politica e offriamo le nostre preghiere per il presidente Trump e per coloro che sono stati uccisi o feriti”, scrive in una dichiarazione il presidente dei vescovi americani, l’arcivescovo Timothy P. Broglio. “Preghiamo anche per il nostro Paese e per la fine della violenza politica, che non è mai una soluzione ai disaccordi politici”. Lo stesso monsignor Broglio lo scorso giugno aveva espresso un'analoga riflessione in un lungo statement. “L'America può fare molto meglio. Non esiste alcun buon motivo per ricorrere alla violenza per risolvere questioni politiche”, aveva affermato, invitando a scigliere i contrasti con le "alternative non violente ed efficaci: il dialogo, il voto, le proteste pacifiche". La violenza, osservava, finisce solo per fare "vittime innocenti" e minare "l'ordine e lo stato di diritto".
Ultimo aggiornamento alle ore 13.20 del 14 luglio 2024
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