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Olimpiadi, la vittoria del Botswana e la dedica alla mamma

Sui 200 metri il velocista Letsile Tebogo conquista l’oro e lo dedica alla madre Elizabeth scomparsa a maggio per un tumore: "Sulle scarpe ho scritto la sua data di nascita: era una donna di fede, la vita non finisce con la morte"

di Giampaolo Mattei

Vedendomi vincere l’oro olimpico forse tante persone saranno andate a cercare sulle mappe dove si trova il Botswana e leggendo sulle mie scarpe le iniziali del nome di mia mamma Elizabeth Seratiwa e la sua data nascita, aveva 44 anni quando è morta il 18 maggio, spero che qualcuno avrà pregato per lei». Il velocista Letsile Tebogo, 21 anni, parla lentamente («sono riservato, non sarò mai l’uomo immagine dell’atletica»): ieri sera ha vinto la medaglia d’oro olimpica dei 200 metri con il quinto tempo della storia (19”46). L’aver portato l’oro olimpico al Botswana (è la prima volta) e il ricordo della mamma sono le sue «priorità»: più del gesto tecnico di aver superato i due statunitensi Kenneth Bednarek e Noah Lyles (il primo a complimentarsi: «So che hai avuto un anno molto difficile fuori dalla pista e nonostante questo hai superato tutto!»).

Proprio le scarpe sono il simbolo della vittoria di Letsile. Ha iniziato a correre scalzo nel 2019: il primo paio le ha calzate l’anno dopo, quando ha vinto i campionati nazionali e ha scelto di mettere da parte il calcio (giocava scalzo, naturalmente) per l’atletica. «Correre senza scarpe in Africa e nelle regioni povere del mondo è normale» racconta. «Le mie prime gare le ho corse con i pantaloni di mio zio. Spero che le mie vittorie sui 100 e sui 200 metri portino attenzioni al Botswana e all’Africa in generale. È significativo che gli africani non vengano visti unicamente come atleti che corrono le lunghe distanze».

Non manca una proposta: «Con più strutture anche sportive, sarebbe importante organizzare finalmente le Olimpiadi in Africa: il mondo conoscerebbe culture straordinarie!». In questi giorni parigini Letsile non ha mai mostrato mezzo sorriso. Adesso a strappargliene uno non è l’oro ma il ricordo di sua madre: «Sulle scarpe ho scritto la data di nascita di mamma (23.12.1980) perché credo che la vita non finisca con la morte». Rilancia: «Sono certo che è felice, era una donna di fede. Quando è morta, per un cancro al seno dopo una lunga battaglia, ho pensato di chiudere con lo sport. Ora ho vinto i Giochi per e con mamma. Per mia sorella, che ha 12 anni, e per me lei è stata ed è tutto! Ci ha dato l’opportunità di crescere nonostante il contesto dove siamo nati: il villaggio di Kanye che nessuno sa dov’è. Sempre insieme, grazie allo sport abbiamo visto città che non pensavamo neppure esistessero!».

E aggiunge: «Ero un bambino iperattivo, senza speranze: lo sport e l’amore infinito di mamma hanno consentito di realizzarmi nella vita, fino all’oro olimpico. Ma tutti i bambini in Africa dovrebbero avere queste opportunità». Il sopranome di Letsile è school-boy. A lui piace: «Mi hanno chiamato affettuosamente così i compagni di staffetta al World relays in Polonia nel 2021: ero il più piccolo, uno “scolaretto”». Poi ha vinto medaglie mondiali a raffica a suon di record. «Ma resto uno school-boy» confida «con l’umiltà che mi ha testimoniato mamma, la mia roccia. La porto in ogni respiro e in ogni passo. E ogni tanto mando un bacio al cielo per lei». Come ha fatto ieri appena vinto l’oro. E stamani ottenendo la finale di domani con la 4x400.

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10 agosto 2024, 10:20