Il giornalismo e quell’arte di diventare l’altro
Andrea De Angelis - Otranto
“Ho imparato a diventare l’altro”. Con queste parole, pronunciate dalla giornalista Sara Lucaroni, si può esprimere forse il senso più profondo di un mestiere che, ancora una volta, è grande protagonista in quel di Otranto. Ieri, mercoledì 4 settembre, ha preso il via la 16.ma edizione del Festival Giornalisti del Mediterraneo, un appuntamento che quest’anno, come in passato, vede migliaia di persone presenti a Largo Porta Alfonsina per assistere a quattro serate di dialogo, confronto e ascolto.
La comunità yazida
L’apertura, alle 20:30, è stata dedicata al libro “La luce di Şingal. Viaggio nel genocidio degli Yazidi”, di Sara Lucaroni, giornalista che ha firmato reportage da Iraq, Siria e Turchia per l'Espresso, Domani, Avvenire e Tg1. Il libro è il racconto della tragedia, ancora in corso, che coinvolge il popolo yazida, minoranza etnico-religiosa nel mirino del Daesh da dieci anni. Il 3 agosto 2014 ebbe inizio il massacro di Daesh sulla comunità yazida di Sinjar, nel nord dell’Iraq, che diede il via a una sequela di terribili crimini. Dialogando con la giornalista Rosaria Bianco, l’autrice ha ricordato che sono “84 le fosse comuni”, ma i numeri delle vittime sono “impossibili da definire”. “Sono andata in quelle terre senza mezzi, spinta forse - ha confidato - da quella guerra in Iraq, la prima raccontata in tv, quando ero davvero piccola”. “Anche se accade qualcosa dall'altra parte del mondo - ha aggiunto - è mio dovere raccontare e stasera possiamo dire che gli yazidi da circa 2 milioni oggi sono poco più di 500 mila”. “Quando si parla di conflitti armati il ruolo del giornalista è fondamentale per rispetto all'intelligenza dei lettori, degli ascoltatori. Ho imparato - ha detto con un pizzico di emozione - a diventare l’altro”.
To emerge, il vero volto delle migrazioni
A seguire, l’organizzatore del Festival, il giornalista Tommaso Forte, ha intervistato Dario Artale, giovane giornalista autore di “To emerge”, innovativo web-documentario con cui racconta “la rotta mediterranea dei migranti” attraverso reportage dal mare e dal deserto. Il lavoro di Artale ripercorre il viaggio di Ibrahima, il cui libro “Pane e Acqua” ha ispirato il film “Io Capitano” di Matteo Garrone. Artale ha sottolineato l’importanza di raccontare il vero volto delle migrazioni, ovvero il deserto, le prigioni, la schiavitù, senza dimenticare mai torture, estorsioni e minacce. “Il Mediterraneo è solo l’ultima tappa di un percorso lungo e pericoloso ed è dovere di ogni giornalista raccontarlo con precisione, nella sua completezza”. Per riuscire in questa operazione, Tommaso Forte ha ricordato l’importanza della sana curiosità per chi decide di intraprendere questa professione. È poi stato presentato il libro “Coi piedi in guerra”, scritto dalla giornalista del Quotidiano del Sud Antonella Ciervo che nel suo lavoro, presentato dal giornalista Marcello Favale, raccoglie la testimonianza di giornalisti e fotografi che hanno vissuto l’esperienza di recarsi sul fronte per raccontare la guerra. Il libro descrive la professione del cronista, il dramma del dolore, il modo migliore in cui rispondere alle esigenze dei lettori e degli ascoltatori.
Custodi delle notizie
Infine il panel moderato dal giornalista Paolo Di Giannantonio dal titolo “Giornalismo, deontologia e democrazia al servizio dei cittadini”. Tra i relatori, oltre ai media vaticani, il presidente Ucsi Vincenzo Varagona, il segretario Ucsi Salvatore Di Salvo, la giornalista di Mediaset Maria Luisa Sgobba, l’autore televisivo Alessandro Banfi e il giornalista di Rai Parlamento Renato Piccoli. Sono stati ricordati vari testi e discorsi del Papa sul ruolo del giornalista, partendo dal Messaggio per la Giornata delle Comunicazioni Sociali 2014, quando Francesco fece un appello affinché “Internet sia un luogo ricco di umanità, non una rete di fili ma di persone umane”. Francesco si rivolge poi direttamente ai giornalisti nel Messaggio del 2018: “Non svolgete solo un mestiere, ma una vera e propria missione. Avete il compito, nella frenesia delle notizie e nel vortice degli scoop, di ricordare che al centro della notizia non ci sono la velocità nel darla e l’impatto sull’audience, ma le persone. Informare è formare, è avere a che fare con la vita delle persone. Per questo l’accuratezza delle fonti e la custodia della comunicazione sono veri e propri processi di sviluppo del bene, che generano fiducia e aprono vie di comunione e di pace. Tra i tanti discorsi citati sul palco di Otranto, anche quello pronunciato da Francesco il 29 gennaio 2024, ricevendo i colleghi di Tv2000 e Radio InBlu: “Non cadete nella tentazione di allinearvi, andate controcorrente, sempre consumando le suole delle scarpe e incontrando la gente. Solo così potete essere 'autentici per vocazione”.
Il giornalismo libero
Partendo dal quesito relativo a un giornalismo effettivamente libero, gli interventi dei relatori hanno poi sottolineato come la libertà dipenda sia dagli strumenti in mano ai giornalisti che dal rispetto della deontologia, ma oggi un dato è preoccupante: se in passato l’80% dei redattori erano contrattualizzati e la restante parte formata da collaboratori, adesso le percentuali si sono di fatto invertite. I giornalisti sono dunque liberi? La risposta non può essere univoca, di certo sono liberi i lettori, gli ascoltatori di scegliere un giornalismo autentico, rispettoso dei principi deontologici, favorendo così in modo indiretto la libertà stessa dei giornalisti.
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