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Paralimpiadi, il ballo di Gabrielzinho

Il brasiliano Gabriel Geraldo dos Santos Araújo, medaglia nei i 100 dorso S2 ai Giochi di Parigi, racconta la sua vicenda umana e sportiva, intrisa di esuberanza e positività nonostante una gravissima malformazione

di Giampaolo Mattei

«Ballo per celebrare la bellezza della vita è meravigliosa! Ballo perché sono felice! Ballo perché sono grato a Dio: per me c’è sempre Lui al comando nella mia classifica!». Non ce la fa proprio a non ridere e sorridere — e a non ballare... —  Gabriel Geraldo dos Santos Araújo, detto Gabrielzinho, uno dei più forti nuotatori della storia paralimpica.

Brasiliano di Minas Gerais, 22 anni, in piscina vince sempre. Quasi sempre. E quelle rare volte che non vince (per poco) promette a se stesso «la vittoria alla prima occasione».

Ah, un dettaglio (parafrasando Francesco De Gregori, si potrebbe dire che non è da “un particolare” che si valuta un nuotatore): Gabrielzinho non ha le braccia e non ha praticamente neppure le gambe. A causa della focomelia.

Lui la spiega così: «Sono nato con una grave malformazione per cui gli arti superiori e inferiori non sono sviluppati». Ci scherza su: «Però ho due piedi fortissimi che in acqua uso come fossero pinne».

Nuotando, in realtà, Gabrielzinho mette in gioco tutto il suo corpo. «Almeno quello che resta del mio corpo...!» dice ridendo. E così al “via”, nelle prove di dorso, afferra la corda con i denti (non ha le mani...), poi nuota facendo leva sulle spalle, tocca la piastra d’arrivo con la testa. Prima e dopo la gara? Balla.

Le sue innate doti di ballerino con il ritmo nel sangue («ripeto: celebro la vita ballando! ») si sono viste in mondovisione mercoledì scorso, durante la cerimonia di apertura delle Paralimpiadi per le strade di Parigi. Esuberante portabandiera del Brasile a cavalcioni su un triciclo elettrico, con tanto di cappellino. E tuta a maniche lunghe, per lui che non ha le braccia. Non nasconde una soddisfazione personale enorme «perché è un’opportunità unica nella vita quella di essere presente a una cerimonia di apertura di una Paralimpiade, portando la bandiera: un onore per qualsiasi atleta».

Sempre con uno stile festoso è entrato nella piscina della Défense Arena e ha cominciato a vincere i 100 metri dorso, categoria S2: «Sono molto felice, perché prima della gara ero nervoso, ma poi mi sono sentito a mio agio nuotando. Questa era la più difficile delle mie gare a Parigi, quindi vincere l’oro è fantastico». Il 31 agosto ha vinto il secondo oro, nei 50 metri dorso. Ieri è stata la volta del terzo oro nei 200 metri stile libero. Ora restano da vincere anche i 50 metri stile libero.

Ai Giochi di Tokyo — lì fu veramente una sorpresa — aveva conquistato tre ori e un argento. Bene? Mica tanto: quell’argento... A Parigi è arrivato da super favorito per fare poker, quattro ori su quattro. Vuole fare collezione di medaglie, come già ai Giochi panamericani e ai Mondiali. Confida di essere una persona semplice che nello sport si trasforma: «Sono molto competitivo, voglio vincere. Mi presento a una gara per essere il migliore, anche se ho accanto avversari con disabilità meno impattanti. Non importa, non cerco scuse. C’è così tanta sofferenza nel mio allenamento, c’è così tanto duro lavoro! Per questo in gara voglio divertirmi e godermi il nuoto perché lo amo, è il modo che ho per esprimermi».

E sì, rilancia Gabrielzinho, «il nuoto è la mia vita perché mi rende libero, in acqua posso muovermi in modo naturale» racconta. Tutto è cominciato quando la sua insegnante di educazione fisica, Aguilar Freitas, lo ha iscritto a una competizione scolastica di nuoto, senza che lui lo sapesse. In realtà Gabrielzinho non la prese proprio bene... Ma certo non è tipo da tirarsi indietro. E così si tuffò e vinse. «Da allora non ho più smesso di tuffarmi e vincere». Il segreto? «Se ci si prepara come si deve, tutto si può realizzare. Nel nuoto certo, ma soprattutto nella vita». Un consiglio? «Non rinunciare mai ai tuoi sogni. Io li sto realizzando senza braccia e senza gambe!».

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03 settembre 2024, 15:50