Zuppi: negoziare richiede coraggio, ma così si esce dalle guerre
Alvise Sperandio - Mestre (Venezia)
“Bisogna avere il coraggio di negoziare, che non va interpretato in maniera distorta, com’è accaduto, pensando che voglia dire arrendevolezza, ma è ricerca del compromesso che è la grande arte della vita”. Il cardinale Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza episcopale italiana, è intervenuto ieri sera a Mestre al Festival della politica, promosso dalla Fondazione Pellicani, per dialogare col filosofo e docente Massimo Cacciari, già sindaco di Venezia per tre volte, su guerra e pace. E così ha parlato, rilanciando le parole di Papa Francesco, per indicare la via “ancora possibile” per trovare una soluzione ai conflitti in Ucraina e in Terra santa, ma anche in tante altre parti del mondo dove le armi e gli scontri generano tanta miseria e morte.
L’insegnamento di tre Papi
Zuppi ha lanciato un appello: “Dobbiamo passare dalla consapevolezza della catastrofe a una nuova alleanza per la pace: perché la pace è la vita”, ha affermato il porporato davanti a un pubblico molto numeroso, circa 400 persone presenti nel chiostro del Museo M9. “Anche una sola persona che muore è una catastrofe. Ma siamo sonnambuli: facciamo fatica a capirlo. Non possiamo essere spettatori in una bolla di sapone, che ci travolge in un niente, come disse Papa Francesco nella sua prima visita a Lampedusa”, ha dichiarato Zuppi che ha proseguito: “Facciamo fatica a capire la guerra, non siamo ragionevoli e poi pensiamo che andrà tutto bene, da qualche parte qualcuno ci sarà. Non è molto diverso da quando si arrivò alle Guerre mondiali. La guerra è razionale, è geometrica nel senso che a ogni atto corrisponde una progressione; e continua a progredire se non le si contrappone un'altra ragionevolezza”. Il presidente della Cei ha richiamato San Giovanni Paolo II, “il quale ci ha insegnato che non c’è pace senza giustizia e non c’è giustizia senza perdono”; e Benedetto XV che “parlò dell’inutile strage, ma non l’abbiamo ancora capito: dobbiamo impegnarci per l’abolizione delle guerre”.
Il ruolo dell’Europa e l’impegno diplomatico
Il porporato ha riflettuto sul ruolo del Vecchio continente: "L'Europa è pensarsi insieme. L'assenza o inconcludenza dell'Europa è preoccupante per tutti, prima per l'Europa stessa, che perde un'eredità straordinaria a cui diamo poco valore, 80 anni di pace. La pace ha un prezzo, che può essere anche cedere un pezzo di sovranità. In America sono stato a vedere il monumento alle vittime della guerra in Corea, che ha la scritta Freedom is not free, perché la libertà non è gratis. È giusto, la libertà come la pace ha un prezzo ma dobbiamo cambiare modalità di pagamento", ha sottolineato il presidente della Cei ponendo l’accento sul fatto che “oggi si sente molto più parlare di riarmo che di potenziare gli strumenti in grado risolvere i conflitti. Senza un’alleanza per la pace, l’Europa diversamente non ha futuro”. E ha concluso: “Mi ricordo quando incontrai la mamma di Hersch, uno degli ultimi sei ostaggi israeliani uccisi. Mi colpì tantissimo questa donna minuta che diceva: “Non c'è una classifica nel dolore” aggiungendo: “Non voglio che il mio dolore provochi altro dolore”. La diplomazia trovi i fili perché c'è bisogno di capire il denominatore comune. L'unica risposta è farlo insieme, altrimenti è distruttivo. Questa è l'arte su cui è nata l'Europa, perché al centro c'era la persona; e c'era l'orrore nato dalle distruzioni delle ideologie".
Cacciari: “Si rischia un’altra catastrofe come la prima guerra mondiale”
Massimo Cacciari ha introdotto l’incontro rilevando come “le guerre in atto hanno un carattere globale perché le potenze sono globali. Dobbiamo renderci conto che i contendenti sono nemici, ma nessuno ha la potenza necessaria per annichilire l’altro. Ciò può portare a un’altra catastrofe come fu con la prima guerra mondiale. L’unica strada è tornare a ragionare. Altrimenti si rischia di rifare come la prima guerra mondiale”. Il filosofo ha sottolineato che “siamo di fronte a una minaccia planetaria, tra incomprensioni e fraintendimenti prima o poi la cosa scoppia e ci va di mezzo l’arma nucleare. Occorre individuare punti e interessi in gioco e cominciare a trattare su tutti i conflitti in atto. Questo dovrebbe fare l’Europa. Il peccato d’origine è non aver chiuso la Guerra fredda senza alcun trattato di pace. Serve un patto, appunto, per una pace giusta. Vogliamo continuare con l’escalation fino all’errore fatale? Bisogna assolutamente trovare un terreno di confronto”.
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