Schindler, eroe di ombre e di luci
di Silvia Gusmano
Quanto ciascuno sia impastato di luci e di ombre, di male e di bene lo dimostra in modo paradigmatico la vita di un uomo nato a Svitavy (Repubblica Ceca) nel 1908 e morto in Germania mezzo secolo fa, nel 1974.
Estroverso, carismatico, amante della bella vita, spia per convenienza (fu reclutato dall’Abwehr, il servizio segreto militare tedesco), nazista, salvatore di ebrei e imprenditore di successo nella Polonia occupata (inaugurato a tempo di record il suo stabilimento: trasferitosi a Cracovia il 17 ottobre 1939, in meno di un mese riesce a farsi approvare la richiesta di locazione della Rekord): tutto questo è stato l’uomo al centro di Oskar Schindler – Vita del nazista che salvò gli ebrei (Milano, TS Edizioni, 2024, pagine 171, euro 29.20) di Francesca Cosi e Alessandra Repossi.
Per ripercorrere la biografia di colui che prima dell’uscita del film Schindler’s List di Spielberg era noto solo agli appassionati di storia contemporanea, o più precisamente di storia della Seconda guerra mondiale, le autrici si sono avvalse di un materiale ricco e composito.
Se per Schindler la spinta ad assumere manodopera ebraica è inizialmente economica, è anche vero però che quando nel 1942 assiste alle deportazioni dal ghetto di Cracovia, qualcosa in lui cambia per sempre. Da allora troviamo infatti Schindler impegnato a cercare di salvare gli ebrei giorno dopo giorno, spesso riuscendo nell’impresa facendo leva sul lato gaudente del suo carattere: per convincere i nazisti a risparmiare i “suoi” ebrei, Schindler li invita a laute cene o li corrompe con denaro, gioielli e alcolici («“Se non lo uccide, le regalo una bottiglia di schnapps!”. Schindler non riesce a credere di aver detto quelle parole: sta barattando la vita di un uomo per una bottiglia di liquore»). Il suo amore per la ricchezza, per il cibo, l’alcol, la bella vita e le belle donne sono infatti terreno comune con molte Ss: manipolandole, Schindler finge così di fraternizzare con loro. Ma finge davvero?
Non c’è infatti risposta in questa biografia alla domanda se Oskar Schindler sia stato un avventuriero senza scrupoli o un filantropo coraggioso, un nazista o un amico degli ebrei. Chissà, forse l’umanità travalica certi steccati, e trovare risposte non è poi così importante.
Sono trascorsi più di cinquant’anni da quando Israele invitò Schindler a piantare un albero nel Giardino dei Giusti dello Yad Vashem, eppure questo imprenditore passato alla storia per aver salvato più di 1100 ebrei dai campi di concentramento, continua a essere oggetto insieme di dibattito e di gratitudine profonda. La sua tomba a Gerusalemme (in un cimiterino abbarbicato su un fianco del monte Sion, appena fuori dalla Città Vecchia) è ricoperta infatti dai sassolini lasciati, secondo il rituale ebraico, dai tanti che continuano a rendergli omaggio, mentre la sua fabbrica a Cracovia è stata trasformata nel Museo cittadino dell’occupazione (sono 45 sale che raccontano gli anni dal 1939 al 1945). Eppure l’enigma Schindler resta.
Del ritratto di Cosi e Repossi (che va dall’infanzia ai successi economici, dalle relazioni politiche al rapporto con la moglie Emilie e ai continui tradimenti che le inflisse) sono molto interessanti le “liste” originali degli ebrei da salvare, con il pretesto di assumerli come manodopera per la fabbrica. Pubblicate per concessione del Museo statale di Auschwitz-Birkenau, dimostrano infatti che non ci fu un’unica lista, come invece racconta il film di Spielberg, ma diverse liste.
Significativa è anche la parte del libro che racconta cosa accadde dopo la guerra e dopo il 1974, anno della morte di Oskar Schindler, con la ribalta del film e l’elevarsi della voce della vedova, arrivando fino al ritrovamento di una misteriosa valigia che, su un cartellino, portava il nome dell’uomo. «Fu aperta solo dopo diversi anni, ma del suo contenuto non si è mai scritto in Italia — commentano Cosi e Repossi —. Si è comunque aggiunto materiale biografico utile a una più precisa messa a fuoco di chi fu veramente Schindler, l’uomo». Un uomo profondamene impastato di luci e di ombre. Un uomo che ha scelto di fare qualcosa che non era tenuto a fare, “qualcosa” che in un’ottica utilitaristica sarebbe stato più comodo non compiere.
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