Cop29, ore decisive a Baku nei negoziati per un accordo sulla finanza climatica
di Pierluigi Sassi
Si sono spente le luci nell’area padiglioni che fino a ieri ha animato i negoziati per il clima della Cop29. E bisogna ammettere che un pizzico di malinconia è sceso nei cuori delle migliaia di persone, venute a partecipare al momento più significativo dell’anno per le decisioni sul clima.
Oltre 65mila presenze — seconde solo alle 83mila della Cop28 di Dubai, che si conferma quindi la Cop più partecipata di sempre — hanno animato, in modo davvero sorprendente, la green e la blue zone dello Stadio Olimpico di Baku con decine di migliaia di eventi. Certamente mancheranno a tutti le bellissime testimonianze in costume delle popolazioni indigene di ogni parte del mondo. Già perché, se è vero che addolora che la società civile abbia dovuto denunciare la presenza di quasi 1.800 spietati lobbisti del fossile, a dominare la scena è stata certamente la festosità di un’unica grande famiglia umana, riunita per mettere in luce tutta la bellezza che siamo oggi chiamati a difendere. Nella capitale azera, i mille colori della pelle e dei costumi tradizionali sembravano davvero quelli di un arcobaleno, chiamato a lanciare un messaggio universale di pace e di speranza.
“La festa è finita” e ora siamo tutti in attesa di un accordo che ancora non arriva.
Dopo aver lanciato una bozza contenente in un unico documento le posizioni sia del nord che del sud del mondo — nel quale però manca una cifra per la finanza verde — la presidenza Cop ha pensato bene di far trapelare l’ipotesi di una soluzione di compromesso. “Un trilione tutto incluso” sarebbe lo slogan con il quale si vorrebbe mettere d’accordo chi ci ha messo anni per arrivare a corrispondere appena 100 miliardi di dollari l’anno e chi, nella disperazione di una crisi che uccide milioni di suoi cittadini, chiede i 6,5 trilioni di dollari indicati come necessari dagli esperti di massimo livello delle Nazioni Unite.
“Un trilione tutto incluso” vorrebbe dire che tra finanza pubblica e finanza privata si darebbe ai paesi poveri meno di un sesto del necessario per riparare ai continui disastri, dei quali sono vittime incolpevoli, e per far si che il loro sviluppo sia sostenibile evitando che la crisi diventi devastante per il mondo intero.
Al di là delle ovvie considerazioni su quanto sciocco possa essere chiudere un accordo che non risolve i problemi, e che di fatto riporta le ambizioni climatiche a prima degli accordi di Parigi, va detto che l’indiscrezione sembra in realtà solo un tentativo di accompagnare i negoziatori verso l’idea di un compromesso. Altrimenti non si spiegherebbe perché tra le notizie di corridoio c’è invece quella, molto accreditata, sull’intenzione dell’Europa di contribuire, solo lei, con 300 miliardi di euro l’anno. I conti non tornano.
Mancano ormai poche ore per scoprire il gioco della presidenza e delle parti. Non ci resta che aspettare.
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