Crisi istituzionale in Corea del Sud, presidente sottoposto a impeachment
Roberta Barbi – Città del Vaticano
È durata circa sei ore la dichiarazione di imposizione della legge marziale in Corea del Sud ad opera del presidente Yoon Suk Yeol, leader del Partito del Potere Popolare, di orientamento conservatore. L’annuncio in diretta tv “per difendere l’ordine costituzionale del Paese”: questa la motivazione addotta, corredata dall’accusa al Parlamento di essere controllato dall’opposizione e di simpatizzare con la Corea del Nord, nonché di paralizzare l’operato del governo con “attività anti-statali”. Immediate le reazioni di piazza con manifestazioni e scontri con la polizia ovunque.
La revoca della legge marziale
Il provvedimento è stato ritirato poche ore dopo, in seguito alla bocciatura unanime del Parlamento ad opera di tutti e 190 i deputati presenti sui 300 che compongono l’unica camera, denominata Assemblea nazionale. La revoca è stata proclamata dal presidente stesso, che ora sarà sottoposto alla procedura di impeachment “per grave atto di ribellione”, il cui voto è stato annunciato entro la fine della settimana, probabilmente venerdì 6 o sabato 7 dicembre. La procedura, per essere approvata, richiede il sostegno dei due terzi del Parlamento e priverebbe Yoon dei suoi poteri fino al pronunciamento della Corte Costituzionale. Durante il periodo di vacanza, le responsabilità presidenziali sarebbero assunte dalla seconda carica istituzionale, cioè il primo ministro Han Duck-soo. Intanto hanno rassegnato le dimissioni tutti gli alti funzionari dell’ufficio presidenziale, compreso il capo di gabinetto, a seguito della crisi istituzionale che si è innescata.
Le reazioni internazionali
Molta la preoccupazione espressa dalla comunità internazionale per quanto sta accadendo in Corea del Sud nelle ultime ore, a partire dagli Stati Uniti che pur confermando la propria lealtà di alleato al Paese, in una nota a forma del Dipartimento di Stat scrivono: “Accogliamo con favore la dichiarazione del presidente Yoon Suk Yeol, sulla revoca dell'ordine di proclamazione dello stato di emergenza e della legge marziale, in conformità con la Costituzione della Repubblica di Corea, dopo il voto unanime dell'Assemblea Nazionale che ha respinto la dichiarazione". Anche Mosca ha affermato di stare “monitorando attentamente” gli sviluppi della situazione, come pure il Giappone, il cui premier Ishiba ha dichiarato che il proprio governo sta "adottando tutte le misure possibili" per garantire la sicurezza dei cittadini giapponesi nel Paese vicino.
Il precedente nel 1979
L’ultima volta che in Corea del Sud era stata invocata la legge marziale era il 1979, dopo l’assassinio dell’allora dittatore Park Chung Hee ad opera di Kim Jae-gyu, presidente del National Intelligence Service e capo del suo servizio di sicurezza. La legge marziale allora fu estesa a livello nazionale con il colpo di Stato militare del 17 maggio 1980, quando il nuovo governo militare scatenò manifestazioni anche violente in tutto il Paese, represse proprio dall’esercito.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui