Cancellare il debito dei Paesi poveri è una questione etica
Jean-Charles Putzolu - Città del Vaticano
Nel suo messaggio per la 58ª Giornata mondiale della pace 2025, che si celebra domani primo gennaio, Papa Francesco elenca una serie di questioni globali e si concentra in particolare sul debito dei Paesi poveri, di cui sostiene la riduzione se non la cancellazione. Egli denuncia il debito estero come “uno strumento di controllo, attraverso il quale alcuni governi e istituzioni finanziarie private dei Paesi più ricchi non si fanno scrupolo di sfruttare in modo indiscriminato le risorse umane e naturali dei Paesi più poveri, pur di soddisfare le esigenze dei propri mercati”. Accanto alla riduzione del debito, egli auspica una “architettura finanziaria, che porti alla creazione di una Carta finanziaria globale” in grado di evitare un “un circolo vizioso di finanziamento-debito”.
In questa intervista a Radio Vaticana - Vatican News, il ricercatore gesuita François Kaboré, professore di economia e presidente dell'Università gesuita delle scienze Kosyam di Ouagadougou, fa luce sulle conseguenze pratiche degli alti livelli di debito estero, sull'efficacia delle misure di cancellazione del debito e sull'opportunità di una Carta finanziaria globale.
Se guardiamo la mappa dei Paesi più indebitati, con poche eccezioni, la stragrande maggioranza si trova in Africa. Il suo Paese, il Burkina Faso, è uno dei 10 più indebitati. Può spiegarci qual è il peso del debito di questo Paese?
Ogni anno, un Paese come il Burkina Faso purtroppo registra uno squilibrio di bilancio. La stragrande maggioranza dei Paesi con questa esperienza cronica di deficit di bilancio e debito, che si accumula nel tempo, si trova in Africa. E purtroppo un Paese come il Burkina Faso è uno di questi. Il suo prodotto interno lordo sarà di circa 21,4 miliardi di dollari nel 2024. Secondo la Banca Mondiale, il debito pubblico totale del Burkina Faso per il 2024 è stimato al 57,4% del suo PIL. Si tratta di un fardello enorme, il che significa che praticamente tutta la vita del Paese sarà spesa per ripagare i debiti.
Che impatto ha il debito sulla popolazione di un Paese povero?
Un povero è una persona che dipende essenzialmente dalla spesa sociale dello Stato per cose come la protezione sociale, l'assistenza sanitaria gratuita e l'istruzione gratuita. In Burkina Faso, si stima che il 40-45% della popolazione viva al di sotto della soglia di povertà, nel primo trimestre del 2024 le autorità burkinabé hanno sborsato 42,6 milioni di dollari per rimborsare il debito estero. Questi milioni di dollari avrebbero potuto essere utilizzati per la protezione sociale, la sanità e l'istruzione, da cui dipende la vita dei più poveri. C'è un secondo elemento che colpisce i poveri e anche i meno poveri. Il debito impedisce di investire nello sviluppo di infrastrutture come strade e ponti. Quando queste infrastrutture esistono, vanno a beneficio di tutti.
C'è anche un impatto sull'ambiente?
Sì, ovviamente. Più le persone sono povere, meno risorse e opportunità hanno per proteggere l'ambiente. Di conseguenza, i Paesi poveri operano all'interno di un modello che distrugge ancora di più l'ambiente, in particolare attraverso l'inquinamento o l'esaurimento delle risorse naturali perché sfruttate in modo incontrollato. Tutto ciò contribuisce al rapido deterioramento della nostra casa comune. Detto questo, si potrebbe avere l'impressione che sia solo attraverso la povertà che il debito ha un impatto sull'ambiente. Se prendiamo il caso del cambiamento climatico, che colpisce i poveri, la responsabilità è principalmente dei Paesi ricchi. I Paesi poveri non hanno i mezzi per far fronte a quello che è stato definito il debito ecologico dei Paesi ricchi.
Se il suo debito venisse cancellato, cosa dovrebbe fare un Paese per evitare il rischio di un ulteriore indebitamento?
Dovrebbe impegnarsi a rispettare un certo grado di disciplina fiscale e di bilancio. Cosa che non è necessariamente prerogativa dei Paesi poveri. Abbiamo l'impressione che i Paesi poveri tendano facilmente a spendere al di sopra delle proprie possibilità o, a volte, purtroppo, possono essere incoraggiati a spendere in modo sfarzoso per operazioni che non sono né utili, né redditizie, e ancor meno benefiche per le loro popolazioni.
È utopico pensare che i debiti vengano cancellati?
Non è del tutto utopico pensare che i creditori possano cancellare i debiti. Ci sono diverse ragioni per questo. La prima è che questo è già accaduto in qualche misura in passato. Dal punto di vista economico non era nell'interesse dei creditori lasciare alcuni Paesi in default. Ci sono anche ragioni etiche e umane. Se riprendo il caso del Burkina Faso, che deve sottrarre più della metà della sua ricchezza per pagare il debito, da un punto di vista etico non fa onore all'umanità che la gente lavori quasi esclusivamente per pagare un debito estero. In secondo luogo, ci rendiamo conto che il debito non è solo colpa dei Paesi poveri. Spesso i Paesi creditori hanno una responsabilità nel contrarre un debito che può portare i Paesi a un processo di rimborso perpetuo. Credo che stia diventando un imperativo e un dovere morale sia per i Paesi poveri che per quelli creditori lavorare fianco a fianco per cancellare il debito, a patto che non sia una ripartenza perpetua.
A parte l'aspetto strettamente finanziario, a cosa rinuncerebbe un Paese creditore cancellando un debito?
L'aspetto finanziario non va trascurato. Un Paese che cancella un debito rinuncia a delle entrate, anche se per un Paese ricco i pochi miliardi dovuti hanno un impatto minimo sul bilancio. Il creditore dovrebbe rinunciare al potere di imporsi o al potere di dominare il Paese debitore. E credo che forse sia proprio questo il punto fondamentale. I Paesi creditori sono disposti a rinunciare al potere che hanno di controllare alcuni Paesi attraverso il servizio del debito? Questa domanda fa appello al nostro senso etico, a questioni di disuguaglianza e a questioni internazionali.
A cosa servirebbe un'eventuale regolamentazione internazionale? Papa Francesco ha parlato di una “Carta” nel suo messaggio per la Giornata mondiale della pace...
Una Carta che valga per tutti potrebbe assomigliare a un impegno delle parti interessate, creditori e debitori, per dire che vogliamo un mondo un po' più giusto, un mondo che non sia guidato solo da rapporti di dominio. Ecco, quindi, che il Giubileo mira a ristabilire la giustizia di Dio nei diversi settori della vita, e anche nelle relazioni internazionali tra i Paesi, e quindi una Carta di questo tipo potrebbe definire i contorni dei diritti e dei doveri di ogni Paese. Una tale Carta impegnerebbe creditori e debitori a una nuova dinamica nelle relazioni internazionali e anche a una migliore, o comunque più sana, gestione fiscale, soprattutto nei Paesi poveri. Per i creditori, ci sarebbe l'impegno a non usare il debito come meccanismo di dominio che mantiene alcuni Paesi vulnerabili in condizioni di povertà cronica.
Esiste una reale volontà a livello internazionale di ridurre o cancellare il debito?
È una domanda estremamente delicata, ma direi che è piuttosto difficile, a mio modesto parere, rispondere in modo affermativo. Penso che dobbiamo essere molto realistici, per la semplice ragione che non è necessariamente nell'interesse dei Paesi ricchi rompere il circolo vizioso del debito. Posso formulare la domanda in modo diverso: le persone a livello internazionale sono disposte a rinunciare a questa posizione di dominio? Alcuni vedono le relazioni internazionali come un luogo della natura, una giungla. In questi casi, la forza prevale. Perché ci possa essere una volontà a livello internazionale, occorre essere in grado di muoversi lentamente verso un mondo un po' più multipolare, un mondo più egualitario. I creditori sanno che alcuni debiti non potranno mai essere ripagati. Conoscono il livello di solvibilità dei Paesi indebitati. Ma va anche detto che, anche se il debito di un Paese non viene ripagato per intero, il Paese creditore ha un ritorno sufficiente sui suoi investimenti. Può accadere, ad esempio, che un Paese povero restituisca il doppio del capitale iniziale preso in prestito. Questo ci riporta a una dimensione etica, una dimensione altamente umana. È molto importante che autorità morali come il Papa incoraggino le persone a guardare al di là delle questioni puramente economiche, in modo da poter progettare un mondo più giusto ed egualitario per la nostra casa comune.
La chiamerebbe colonizzazione economica?
Vorrei che fosse chiaro che il più delle volte il debito non è obbligatorio. Vengo da un Paese povero e il pericolo per noi è che passiamo il tempo a dare la colpa agli altri, a trovare colpevoli esterni. Ma credo che dobbiamo essere onesti. Innanzitutto, un prestito viene concesso in modo relativamente libero. Penso che sia possibile per i Paesi vulnerabili scegliere una buona disciplina fiscale per evitare di indebitarsi. Questo non giustifica il fatto che ci sia anche il desiderio di mantenere questo rapporto di dominio. Quindi si deve davvero parlare di colonizzazione in quanto tale? Forse il termine è un po' forte, ma ci sono elementi di colonizzazione in questo rapporto tra Paesi indebitati e Paesi creditori.
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