Israele, libere due giovani palestinesi in detenzione amministrativa
Roberto Paglialonga - Città del Vaticano
Layan Nasir, la ragazza cristiana palestinese imprigionata in Israele in regime di “detenzione amministrativa” e di cui L'Osservatore Romano ha scritto fin dall’inizio, è stata liberata ieri sera assieme a un’altra giovane, di nome Lian Kaid. La notizia del suo rilascio, avvenuto dopo otto mesi, è stata diffusa attraverso un canale Telegram, ed è stata poi confermata anche dall’ambasciatore palestinese presso la Santa Sede, Issa Kassissieh, che al telefono con i media vaticani ha voluto "ringraziare tutti coloro che si sono prodigati seguendo il caso e contribuendo alla liberazione delle due giovani".
Il nostro giornale aveva parlato della vicenda di Layan, originaria di Birzeit vicino a Ramallah, in Palestina, già lo scorso aprile, affrontando in più occasioni anche il controverso tema della “detenzione amministrativa”, sanzione che può scattare senza che il presunto colpevole conosca le ragioni dell’arresto e i capi d’imputazione, ma solo in presenza di sospetti da parte delle autorità israeliane legati a motivi di sicurezza. La sua durata è di sei mesi, che possono però essere estesi più volte. Qualche giorno fa ha sollevato polemiche la decisione del nuovo ministro israeliano della Difesa, Israel Katz, di far cadere la possibilità di applicazione della misura ai danni dei coloni degli insediamenti in Palestina, rimanendo così in vigore solo per i cittadini palestinesi.
Un mese fa proprio L’Osservatore Romano, attraverso l’inviato a Gerusalemme, ha raccolto un’intervista con la mamma di Layan, nella quale Lulu Aranki Nasir aveva svelato di aver scritto a Papa Francesco per chiedergli supporto e preghiere in questa difficile situazione e raccontato di non aver mai avuto il permesso di andare a visitare la figlia nel corso dei mesi di detenzione. Concessione negata anche al parroco della sua città che voleva portarle la comunione. Ieri sera la fine, lieta, della vicenda. Anche se sono ancora circa 10 mila i palestinesi che versano nella stessa condizione in attesa di conoscere il proprio destino.
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