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Sayyida Zeinab alle porte di Damasco Sayyida Zeinab alle porte di Damasco

Siria, le Nazioni Unite chiedono un processo politico inclusivo

Scoperta vicino a Damasco una fossa comune con almeno 100 mila cadaveri, mentre emergono costanti testimonianze sulle atrocità del precedente governo. La comunità internazionale e l’Ue chiedono alla nuova leadership in Siria di dimostrare con i fatti le buone intenzioni espresse a parole, mentre l’Oim esprime preoccupazione per le minoranze religiose nel Paese

Roberto Paglialonga – Città del Vaticano

Mentre continuano a essere trovate tracce e testimonianze dei crimini commessi dalla precedente amministrazione in Siria — una fossa comune con almeno 100.000 corpi di persone uccise dal governo del deposto presidente, Bashar al-Assad, sarebbe stata trovata fuori Damasco, secondo una denuncia del capo dell’ong Syrian Emergency Task Force, Mouaz Moustafa, ripreso da Al Jazeera — le Nazioni Unite, con l’inviato speciale, Geir Pedersen, evidenziano che «la guerra purtroppo ancora non è finita», esprimendo preoccupazione per una possibile escalation militare, anche a causa dei tentativi di insediamento israeliano sul Golan.

Onu: un processo politico “inclusivo”

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, per parte sua, ha chiesto che il processo politico in Siria sia «inclusivo» e «guidato dai siriani». In una dichiarazione rilasciata ieri, i membri del massimo organo dell’Onu — tra cui la Russia, storico sostenitore di Assad, e gli Stati Uniti — «hanno anche sottolineato la necessità che la Siria e i suoi vicini si astengano da qualsiasi azione o interferenza che possa minare la sicurezza reciproca».

Von der Leyen: pronti a favorire il ritorno volontario dei profughi

Si intensificano, intanto, i contatti diplomatici tra diverse cancellerie internazionali, soprattutto europee, con il nuovo potere insediatosi a Damasco. Dall’Ue viene sottolineata la disponibilità a impegnarsi per favorire il ritorno dei profughi in patria. «La caduta del regime di Assad ha ridato speranza a molti rifugiati siriani e a un numero significativo di loro ha già iniziato a tornare in Siria. Ma le agenzie Onu ci dicono che i rischi permangono. Quindi, mentre tutti i rifugiati hanno il diritto di tornare, questo deve essere volontario, sicuro e dignitoso». A dirlo la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, parlando in aula a Strasburgo in vista del vertice Ue di giovedì, e sottolineando che «per i siriani che decidono di tornare a casa, l’Europa è pronta a supportarli in ogni fase del percorso». In ogni caso, ha poi aggiunto con un richiamo ai gruppi che stanno costituendo la nuova amministrazione nel Paese, «serve una nuova prospettiva per la ricostruzione» e «la nuova leadership deve trasformare le parole in fatti».

La preoccupazione per le minoranze religiose

Preoccupa soprattutto la situazione che dovranno affrontare le minoranze religiose. Nonostante le rassicurazioni del leader siriano e capo del gruppo islamista Ha’yat Tahrir al-Sham (Hts), Abu Mohammed al-Jolani, che in questi giorni ha pià volte detto di voler garantire le varie comunità presenti nel Paese, l’agenzia Onu per le migrazioni (Oim), con la direttrice, Amy Pope, ha denunciato che «decine di migliaia» di membri di queste minoranze sono fuggite, o stanno fuggendo, dal Paese per paura di «potenziali minacce» da parte degli islamisti. Intanto, proprio al-Jolani, durante un incontro con i rappresentanti dei media internazionali, ha sottolineato l’importanza di arrivare presto alla stesura di una nuova Costituzione.

Tensioni nelle zone controllate dalle milizie curde 

Ma si temono tensioni anche nelle aree dove è forte la presenza curda. Mazlum Abdi, capo della milizia delle Forze democratiche siriane (Sdf), appoggiate dagli Stati Uniti e militarmente opposte ai gruppi filo-turchi che hanno preso il controllo di Damasco, ha proposto la creazione di una «zona demilitarizzata» nella città di Kobane, nel nord della Siria, dove a suo tempo proprio i curdi sconfissero le forze del sedicente Stato islamico (Is). La tregua tra combattenti filo-turchi e curdi siriani, intanto è stata estesa nella zona di Manbij, secondo quanto ha affermato il portavoce del dipartimento di Stato della Casa Bianca, Matthew Miller. E proprio la Turchia è destinata ad avere un ruolo significativo nel futuro della Siria. Il presidente, Recep Tayyip Erdogan, dopo aver incontrato von der Leyen, ieri sera ad Ankara ha ricevuto anche l’emiro e capo di Stato del Qatar, Sheikh Tamim bin Hamed Al Thani, a cui ha ribadito l’importanza di sostenere la transizione del Paese e ha sottolineato come «la priorità per la Turchia sia l’integrità territoriale e la lotta al terrorismo», ma anche il sostegno a un governo «unitario ed inclusivo».

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18 dicembre 2024, 16:15