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Natalia Tarabalka Natalia Tarabalka

Ucraina, da un lutto atroce la forza di aiutare chi perde una persona cara

La testimonianza di Natalia Tarabalka, madre di un soldato rimasto ucciso nel 2022, fondatrice di una ong a sostegno di chi sperimenta la morte di un familiare al fronte: quando sono stata in riabilitazione dopo la scomparsa di mio figlio, mi sono resa conto di quanto sia importante stare tra persone che vivono lo stesso dolore e le stesse esperienze

Svitlana Dukhovych – Città del Vaticano

«Dopo la perdita di mio figlio è stato difficile per me riprendermi, è stato difficile accettare questo fatto», racconta ai media vaticani Natalia Tarabalka, madre del soldato e pilota ucraino Stepan Tarabalka, morto al fronte nel marzo 2022. Gli è stato conferito postumo il più alto titolo nazionale: Eroe dell’Ucraina. «Sono passati più di due anni e non ho ancora messo una lapide sulla tomba di mio figlio — prosegue la donna — perché non sono pronta ad accettare pienamente che non tornerà, che non c’è più, anche perché non abbiamo visto il corpo».

Stare accanto a chi soffre

Il racconto di Natalia scorre e la sua voce avvolge con tenerezza, facendo capire che condividere il dolore è molto umano e nobilita sia chi parla, sia chi ascolta: «Avevo promesso a mio figlio sulla sua tomba che sarei stata forte per le persone come lui. Mi rendo conto di quanta gente in Ucraina viva traumi e lutti. Mio fratello, durante il periodo dell’Unione Sovietica, era stato mandato a combattere in Afghanistan e, dopo il suo ritorno, ho visto quanto sia difficile per un veterano adattarsi alla famiglia e alla società. E quando sono stata in riabilitazione con altre famiglie dopo la morte di mio figlio, mi sono resa conto di quanto sia importante stare tra persone che vivono lo stesso dolore e le stesse esperienze. La società non sempre comprende questa perdita». Dopo il dramma, Natalia ha iniziato a incontrare veterani e militari; alcuni di essi le hanno raccontato che già dal 2014 avevano in mente di creare uno spazio dove poter comunicare, rivedere i loro compagni, persone che avevano fatto lo stesso percorso. Questo l’ha spinta a fondare l’organizzazione non governativa “Scopri il tuo sogno” che da oltre due anni opera nella provincia di Ivano-Frankivsk (a ovest dell’Ucraina) dove vive la famiglia. L’ong che Natalia ha dedicato a suo figlio Stepan fornisce sostegno ai veterani e alle famiglie che hanno perso i loro cari al fronte. Una delle iniziative è stata l’apertura del centro di riabilitazione sociale e psicologica “Il calore di un’anima alata”. «Questa attività — spiega — continua a ispirarmi e a sostenermi. Spesso la sera mi trattengo con i veterani, le mogli e le madri che hanno perso i propri cari. Parliamo, condividiamo le esperienze e ciò mi porta a voler continuare a vivere, a essere utile agli altri, perché tante persone cercano questo sostegno». E informa che ci sono veterani che non possono tornare alle loro case perché i centri abitati da cui provengono sono occupati dai russi e quindi non hanno un posto dove andare.

Natalia Tarabalka
Natalia Tarabalka

Non sprecare la vita

Natalia Tarabalka, ha una nuora e un nipote, il suo sogno è che sia felice, ma “affinché possa essere così, deve essere felice anche sua madre, e una mamma lo è quando ha pace e tranquillità nel cuore. Credo che il valore della famiglia sia oggi la cosa più importante in Ucraina. Dico sempre che se i nostri figli hanno dato la vita affinché noi potessimo vivere davvero, allora per la loro memoria non abbiamo il diritto di sprecare la vita». La madre di Stepan ammette che a volte parlare con le famiglie dei soldati caduti fa male, «perché allo stesso tempo vivi alcune delle tue stesse esperienze dolorose, ma capisci che devi affrontarle perché è necessario parlarne. Altrimenti, quando ti chiudi in te stesso, la persona con cui stai parlando, non vedendo la tua franchezza, la tua sincerità, non si aprirà. Per questo cerco sempre di essere il più aperta possibile». La donna ricorda le parole della Preghiera semplice di san Francesco d’Assisi: «Oh, Signore, fa di me uno strumento della tua pace»; e spiega che, quando parla con le persone, mette questo dialogo nelle mani di Dio affinché le dia saggezza e attraverso di lei dica ciò di cui quella persona ha bisogno per la pace, la tranquillità e un’ulteriore motivazione nella vita.

Tornare a pregare

Natalia esprime i propri sentimenti anche scrivendo poesie. «Nelle mie poesie condivido tutto ciò che vivo. Chi le ascolta, dice che in qualche modo sono un sostegno psicologico per gli altri, perché fanno capire che una certa situazione, certe cose, possono essere guardate dall’altro lato e che, nonostante il dolore e la perdita, tutto ha un senso». Una delle raccolte di poesie di Natalia si intitola Confessioni di una folle, dove parla con sincerità delle sue esperienze e dove apre una finestra sul luogo più profondo dell’anima, in cui comunica con Dio. «Alle persone credenti — osserva — queste poesie fanno capire che Dio non è l’iniziatore della guerra, Dio non punisce, perché Dio è amore, è misericordia. Per un anno, dopo aver perso mio figlio, non ho potuto pregare come prima. Non riuscivo a capire perché era successo. Ora, quando parlo con le famiglie, vedo che anch’esse sono offese nei confronti di Dio, non vogliono pregare, non vogliono tornare a Lui. Nelle mie poesie io pongo a Dio queste domande: “Come mai?”, “Perché?” E la gente può vedere che non è sola in tali esperienze».

Dio permette di non restare nell’odio

Per chi sta vivendo un trauma o una perdita non è facile gestire le varie emozioni e i sentimenti verso chi li ha causati. È un percorso lungo e doloroso che ognuno affronta a modo suo. «L’amore di Dio e la mia esperienza spirituale della sua presenza nella vita umana», condivide Tarabalka, «è il nucleo che non consente al mio cuore di indurirsi, di perdere vitalità, e non mi permette di rimanere nell’odio. Perché i nostri figli e figlie difendono la nostra terra per amore: per amore delle loro famiglie, per amore dell’Ucraina. Dio ha creato l’uomo in modo così straordinario e io cerco sempre di cercare nell’uomo la luce che Dio gli ha dato fin dall’inizio, fin dalla nascita. Ho consegnato il mio cuore nelle mani di Dio e gli ho permesso di farne ciò che voleva, perché dopo la perdita di mio figlio mi sentivo davvero come se stesse per esplodere, e ho detto: “Dio, tienilo tu, perché non posso farcela da sola”».

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04 dicembre 2024, 14:54